Sedetevi a un tavolo e provate a sviscerare le soluzioni migliori per rilanciare un'economia depressa da anni e resa ancor più stagnante dall'emergenza sanitaria scatenata dalla pandemia. Sapendo di avere a disposizione un gruzzolo di miliardi che l'Unione europea è disposta a prestarvi (non a regalarvi!), probabilmente vi verrà in mente una sfilza di misure volte a far ripartire l'intero sistema. Tagliando drasticamente la pressione fiscale, per esempio, in modo da rilanciare i consumi non appena il Paese si sarà messo alle spalle il lockdown. Bruxelles, però, non vuole. Preferisce progetti infrastrutturali. E quindi servono misure a sostegno delle piccole e medie imprese e del comparto industriale affinché possano investire, allargarsi ed evitare la raffica di licenziamenti che si teme inizieranno a fioccare non appena a marzo il governo toglierà il blocco. Come sostenerle, però? Servono le grandi opere per colmare immediatamente il vuoto infrastrutturale, che vincola troppi imprenditori, e la digitalizzazione per metterci alla pari con il resto del mondo. E poi sarebbe importante investire nel turismo, nella ricerca, nella tecnologia. Insomma, costruire il futuro. Facile, no? Non per il governo.
Quando il premier Giuseppe Conte e il resto del governo si sono trovati per spartire la "torta" da oltre 196 miliardi non è stato affatto facile mettere d'accordo le litigiose anime che affollano la maggioranza. E così, nelle 125 pagine di direzioni e progetti che spiegano all'Unione europea come il governo ha intenzione di spendere i soldi del Recovery Fund, si sono addensate nebbie paludari. Per il presidente del Consiglio è un libro dei sogni, una visione "chiara, condivisa e coraggiosa per il futuro del Paese"; per gli italiani, invece, sarà un libro degli incubi. La bozza del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) è stata presentata in una delle giornata più convulse dell'esecutivo, iniziata con le fibrillazioni renziane e grilline e conclusasi con il tampone positivo del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese e la sospensione del Consiglio dei ministri.
Va subito detto che la quadra politica non c'è. Non l'hanno ancora trovata e, se dovessero andare avanti così, rischiano di non trovarla affatto. Il testo, però, c'è. E nero su bianco ci sono pure gli obiettivi e le riforme su cui i giallorossi vogliono puntare per rilanciare l'economia del Paese. Le linee guida sono quattro e così si spartiscono la "torta". La fetta più ingorda va alla svolta green: 74,3 miliardi di euro per "la rivoluzione verde e la transizione ecologica". Altri 48,7 miliardi andranno, invece, alla digitalizzazione e all'innovazione. Poi le briciole: solo 27,7 miliardi per le infrastrutture e 19,2 miliardi per l'istruzione e la ricerca. Cifre irrisorie se si pensa che 17,1 miliardi di euro andranno alla parità di genere. E la Sanità? Appena 9 miliardi di euro. "Mi auguro sia un errore", ha commentato il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, ospite di Coffee Break su La7. "In questi anni – ha ricordato – sono stati tagliati 38 miliardi su posti letto e personale sanitario: è evidente che quelle risorse non saranno sufficienti". Il dubbio di molti è che la cifra sia volutamente bassa perché al governo hanno già deciso di accedere ai soldi stanziati dal Fondo salva Stati per la sanità. A L'aria che tira su La7 il ministro per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, ha subito messo le mani avanti: "Ci sono 36 miliardi dell'Unione europea per intervenire sul sistema sanitario e vedo che c'è ancora chi discute sul non prenderli". Lo schema del Pnrr fa, invece, pensare l'esatto contrario. "Il piano del Recovery fund svela il nuovo inganno", ha commentato il senatore di Fratelli d'Italia, Adolfo Urso. "È già tutto deciso, solo i grillini fanno finta di non sapere".
Al netto delle polemiche sul Mes, la fragilità del Pnrr sta tutta nella spartizione delle risorse. Come mai in un Paese come l'Italia, che ha intere regioni che si reggono unicamente sul turismo, ha deciso di stanziare appena 3,1 miliardi su questo campo? Perché si è voluto investire così tanto per la rivoluzione verde e appena 23,6 miliardi per l'alta velocità e la manutenzione delle strade? Perché si è deciso di non investire nel futuro dei nostri figli? Al potenziamento della didattica andranno poco più di 10 miliardi, alla ricerca appena 9,1. Perché all'interno della macro-area "Parità di genere, coesione sociale e territoriale" per le politiche del lavoro sono stati stanziati appena 3,2 miliardi mentre per la parità di genere 4,2? E la pressione fiscale? Anche qui briciole: il Pnrr punta, infatti, a intervenire solo a favore dei lavoratori (dipendenti e autonomi) che guadagnano tra i 40 e i 60mila euro l'anno. Poca roba, e persino dubbia dal momento che, in più di un'occasione, il Commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni ha messo in chiaro che i fondi del Recovery Fund non devono essere usati per "una generica riduzione delle tasse".
A pesare maggioramente sul futuro del Pnrr, ancor prima della suddivisione delle risorse, è la struttura che dovrebbe deciderne la spartizione. Il Comitato esecutivo sarà composto dal premier, dal ministro dell'Economia (Roberto Gualtieri) e dal ministro dello Sviluppo economico (Stefano Patuanelli). Al trio si affiancheranno il minsitro degli Affari europei (Enzo Amendola) e il ministro degli Esteri (Luigi Di Maio) che dovranno interfacciarsi con la Commissione europea. Sotto di loro un esercito di trecento tecnici, una task force non richiesta dall'Unione europea ("La scelta su come organizzarsi è solo nelle mani del governo italiano", ha spiegato la portavoce Marta Wieczorek) che rischia di diventare ancora più potente del governo stesso. "Non sono soldi che appartengono al governo Conte", ha detto Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, intervenendo a Omnibus su La7. "Sono soldi degli italiani e come tali devono vedere una verifica e anche un coinvolgimento in termini di proposte da parte di tutto il Parlamento, non solo della maggioranza ma anche dell'opposizione".
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