Una scelta obbligata. Per andare all’inseguimento del vento dove soffia più forte. Per non incorrere nell’opposizione dei comitati locali e delle associazioni ambientaliste. E’ l’evoluzione dell’eolico offshore: le pale continuano a girare in mezzo al mare, ma la base che sorregge le lunghe torri diventa una piattaforma galleggiante, ancorata al fondo e non più legata a un pilone attaccato al fondo del mare. Una zattera che può raggiungere aree dove l’intensità delle correnti, aeree e non marine, si fa più forte.
Via col vento: l'eolico prende il largo
di Luca Pagni
L’eolico “galleggiante” è la nuova frontiera nel settore delle energie rinnovabili. Vale per tutti i mari del mondo, ma ancora di più per il Mediterraneo, dove i venti non sono costanti come nel mare del Nord o lungo le coste dell’Atlantico, tanto per restare in Europa. A maggior ragione per i mari che circondano l’Italia, che non brillano per la loro ventosità. Se non molto al largo.
Non per nulla la prima centrale galleggiante in Europa è stata realizzata in Scozia, nel Mare del Nord: dopo un primo prototipo da 6 megawatt, il progetto Hywind – controllato dalla società di stato norvegese Equinor con la partecipazione tecnica del gruppo italiano Saipem – arriverà a un totale di 8 piattaforme da 11 megawatt l'una. Ancora più ambizioso il progetto sviluppato da Edp, Engie, Repsol e Principle Power: la centrale da 25 megawatt ha preso il largo dalle coste del Portogallo poco più di un anno fa e “naviga” non molto al largo (20-25 chilometri), ma in una zona dove il fondale è molto profondo (anche più di cento metri).
Rinnovabili
In Scozia la prima fattoria del vento flottante
di
Daniele Di Stefano
E’ questa un’altra caratteristica che rende l’eolico galleggiante adatta per essere sfruttata nel Mediterraneo: a differenza del Baltico o del Mare del Nord, dove i fondali sono molto bassi (20-25 metri) e non è tecnicamente complicato fissare le piattaforme, nel Mediterraneo siamo di fronte a una sfida simile a quella oceanica. Problema che può essere superato attraverso l’ancoraggio delle piattaforme mobili.
(infografiche animate a cura di Gedi Visual)
Ultima considerazione a favore dell’eolico offshore e della sua variante floating. Se l’Italia vuole raggiungere gli obiettivi che si è data il governo nel Piano Nazionale per l’energia e il clima (Pniec) al 2030, l’apporto dell’eolico dovrebbe essere di almeno 50 gigawatt aggiuntivi. Circa cinque volte l’attuale quota installata. Difficile che possa essere raggiunta con impianti di nuova realizzazione sulla terraferma, dove i siti migliori sono già stati occupati, anche ipotizzando il loro repowering, la sostituzione con pale più grandi, torri più alte e rotori più efficienti.
Rinnovabili
Transizione energetica, bisogna far crescere subito parco eolico e fotovoltaico
di
Giuliano Aluffi
Ecco perché l’eolico galleggiante potrebbe essere realtà anche in Italia. Due i progetti già in fase avanzata. Il primo è stato presentato dal gruppo danese Copenhagen Offshore Partners con il sostegno del fondo Copenhagen Infrastructure Partners, specializzato in grandi progetti di energia rinnovabile in tutto il mondo: un totale di 250 metri al rago delle Egadi. Ma il secondo è ancora più ambisiozo e si avvia ad essere, al momento, il più grande impianto galleggiante al mondo. E' frutto dell’esperienza fatta dal gruppo Toto negli Stati Uniti. Nato 50 anni fa e attivo nel settore delle costruzioni, delle concessioni (Autostrada dei Parchi) e a suo tempo anche nei trasporti (con la compagnia AirOne), negli ultimi anni ha intrapreso anche la strada che l’ha portato a essere con il marchio Renexia uno dei protagonisti nelle energie rinnovabili.
Rapporto Iea: da qui al 2025 le rinnovabili saranno la principale fonte di energia nel mondo
di
Luca Fraioli
In Italia, la società della famiglia Toto ha superato i mille megawatt installati e altri 250 sono gestiti tra Tunisia e Marocco Ma ancora più importante l’esperienza negli Stati Uniti, proprio nell’eolico offshore, dove ha partecipato gare con le quali si è assicurata, in due progetti, 1.837 megawatt davanti alle coste del Maryland.
Nel Canale di Sicilia. Da qui e dalla collaborazione con il fondo di investimento Apollo – che ha rilevato il 20% degli impianti americani – Toto si è avviato verso la realizzazione della prima centrale galleggiante italiana. Il luogo scelto è il canale di Sicilia a oltre 60 chilometri dalla costa tra la Tunisia e la zona tra Mazara del Vallo e Trapani, dove la profondità va da 100 a 600 metri: qui saranno ancorate 190 turbine, distanziate l’una dall’altra di 3,5 chilometri, per un totale installato di 2.900 megawatt, l’equivalente di energia sufficiente per 3,4 milioni di famiglie e un fatturato annuo a regime pari a un miliardi di euro. Mentre l’investimento complessivo del progetto ammonta a 9 miliardi di euro.
Energia eolica, tutto il fascino del vento
di Anna Dichiarante
L’iter è iniziato nei giorni scorsi e il gruppo Toto vuole arrivare ad ottenere la valutazione di impatto ambientale entro il 2023 per essere poi operativo entro un paio di anni. Per non incorrere in opposizioni e ricorsi, il direttore generale di Renexia, Riccardo Toto rivela come siano stati coinvolte amministrazioni locali, guardia costiera, associazioni ambientaliste: da ognuna sono state raccolte osservazioni e suggerimenti.
Il monitoraggio dei cetacei. “La posizione – racconta Riccardo Toto – è stata individuata perché non ostacola il traffico marittimo né turistico, non disturba le rotte migratorie degli uccelli come ci hanno spiegato gli esperti con cui stiamo collaborando. Abbiamo anche previsto che su ciascuno piattaforma ci siano rilevatori delle posizione dei cetacei, per la raccolta dati che potranno servire al loro studio. Contiamo di partire con il progetto con l’accordo di tutti gli interessati”.Original Article
Commenti recenti