Primo tempo, secondo tempo, tempo supplementare, tempo cronometrato, tempo percepito, tempo perso. Il calcio è pieno di tempi che s'incrociano, come i destini delle squadre. Ma nessuno riesce a fare ciò che fa il Torino: che sparisce nel secondo tempo. Un vecchio inno recita: "Il tempo come una corrente impetuosa porta via tutti i suoi figli…". Per il Torino il secondo soprattutto. C'è un fantastico libro di J.T. Fraser, dedicato "ai sognatori ordinati", che si intitola "Il tempo: una presenza sconosciuta". Per il Torino, il secondo tempo soprattutto.
Dopo dieci giornate di campionato, al netto di un'iniziale predisposizione per le rimonte, i granata di Giampaolo si sono messi in luce scomparendo nel buio della seconda parte di gara. Hanno creato un nuovo pallone: il pallone a metà, la partita dimezzata, senza però chiedere all'avversario di adeguarsi. L'esempio del tracollo nel derby è soltanto l'ultimo disegno sulla tavolozza degli errori e degli scarabocchi mentali e forse anche tattici. Pensate: nell'ideale classifica dei punti ottenuti soltanto nei secondi tempi, il Torino è ultimo con appena due punti, vale a dire che ha conquistato il 6,7% dei punti disponibili. Il Crotone, che lo precede in questa inquietante statistica, probabilmente non così fine a stessa, lo doppia: quattro punti (in testa c'è il Sassuolo con 21 punti). Ovviamente il rovescio della medaglia è la classifica dei primi tempi, dove il Torino (che nella generale è attualmente terz'ultimo con sei punti, in piena zona retrocessione) troneggia con i suoi 20 punti, al secondo posto dietro il Milan (23). Ciò che in pratica succede al Torino è un lento svanire, un perdersi inesorabile col passare dei minuti, che agli occhi dei ragazzi di Giampaolo, ma ancor di più alle loro gambe e alla loro testa, sembreranno infiniti.
di
Jacopo Manfredi
La storia del club non rassicura, anzi spaventa. Quando il Torino retrocesse nel 2009, dopo dieci giornate aveva raccolto otto punti, due in più. Fra un tempo e l'altro, attualmente, è come se andassero in campo due squadre diverse, predisposte a a raggiungere gli stessi obiettivi, ci mancherebbe, ma con risultati antitetici. Fra primo e secondo tempo c'è un -18 spaventoso, in termini di punti conquistati, che al Torino non sanno spiegarsi (se lo facessero avrebbero già risolto metà dei loro problemi, quelli della seconda parte di gara). La versione dei problemi in termini di reti subite e di sbilanciamento del rendimento collettivo non fa che confermare: sono ben 19 i punti persi nelle partite in cui il Torino ha concluso il primo tempo in vantaggio. Il 75% delle reti subite dal Torino sin qui sono, ovviamente arrivate nel secondo tempo.
Tanti i motivi per un simile comportamento. Non tutti risolvibili e ciò rende precaria la posizione di Giampaolo, che adesso rischia la stessa brutta figura rimediata quando lo scorso anno iniziò sulla panchina del Milan per essere esonerato dopo appena sette giornate: potrebbe essere per lui decisiva la partita di sabato contro l'Udinese. Ma la sua cacciata risolverebbe davvero qualcosa? Una questione di ricambi non all'altezza, di cattiva gestione delle risorse e delle energie, un'inadeguata preparazione all'endurance, una programmazione sbagliata? Se c'è una regola non scritta nel calcio, come in quasi tutti gli sport, è l'educazione a conoscersi a fondo. Non si nasce imparati. I dati, le informazioni su come amministrare le proprie risorse vengono aggiunti ogni giorno. Forse questo non sta accadendo al Torino, che pure sta presentando giocatorini interessanti come Segre (che si è fatto parlare dietro per una foto in cui indossava la maglia di Dybala) e Singo. I granata si accendono e si spengono come le luci delle discoteche: vanno avanti contro Inter e Juve, fanno sognare e poi di colpo, senza un motivo chiaro, ma per mille oscure ragioni, si fanno riprendere e in parte mortificare, lasciando i tifosi a bocca aperta, a casa, a maledire il giorno che si fidarono.
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