Dalla digitalizzazione e innovazione all'area "Rivoluzione verde e transizione ecologica", dal settore "Infrastrutture per una mobilità sostenibile" al capitolo "Istruzione e ricerca" fino a quelli su "Parità di genere" e "Salute". Sei macro-missioni a ciascuna delle quali sarà assegnato un budget a valere sui fondi del Next Generation Eu. È la previsione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nella parte relativa alla struttura di missione per il Recovery Fund, la cui bozza è ora all'esame del Cdm.
Giustizia
Tutti i processi, civili e penali, dovranno passare dalla carta al computer. Aumenterà il numero dei giudici e del personale amministrativo. Nel civile ci sarà un solo rito anziché i tre attuali e sarà dato più spazio alla conciliazione. Nel penale i tre gradi di giudizio dovranno rispettare una durata massima per ogni step, tre anni in primo grado, due in appello, uno e mezzo in Cassazione. Senza contare che la riforma della prescrizione del Guardasigilli Alfonso Bonafede rappresenterà uno spauracchio per i processi lunghi.
Sarà più facile ricorrere ai riti alternativi, l’abbreviato e il patteggiamento. Ma una scure disciplinare incomberà sulle toghe il cui lavoro sarà controllato più strettamente di oggi. Quando i processi civili pendenti sono 2.348.611 e quelli penali 1.439.138. Regalando all’Italia una pessima posizione rispetto al resto d’Europa dove un processo civile dura 233 giorni, a fronte dei 527 in Italia, e uno penale 144, a fronte dei 233 giorni del nostro Paese. Una lentezza che costa 2,5 punti del Pil, pari a 40 miliardi di euro, mentre una giustizia civile più rapida del 50% creerebbe 130mila posti lavoro.
Sono quattro le leggi già in Parlamento di Bonafede citate nel rapporto. La riforma del processo civile, del processo penale, dell’ordinamento giudiziario, che il governo stima di approvare entro giugno del 2021, per renderle poi operative l’anno seguente quando saranno licenziati definitivamente i decreti legislativi. Mentre è già legge il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, differito al settembre 2021 per il Covid. Ma entreranno in vigore prima le norme semplificate sui fallimenti e sul salvataggio delle aziende.
(di Liana Milella)
Politiche economiche
Se il Recovery Plan funzionerà tra sei anni, a fine percorso, il Pil italiano sarà più alto di oltre 40 miliardi e già dal prossimo anno potremo aspettarci 5,4 miliardi in più generati dagli effetti espansivi delle risorse del Next Generation Eu. Sono questi conti riassunti nell'ultimo paragrafo delle bozze sul tavolo del consiglio dei ministri intitolato “Impatto macroeconomico di investimenti e incentivi”. Secondo le valutazioni dei tecnici del Tesoro già dal prossimo anno, nello scenario migliore, l’effetto sul Pil sarà di 0,3 punti percentuali mentre nel 2006 si arriverà ad una crescita aggiuntiva del 2,3 per cento.
Le nuove stime, aggiornate all’ultima intesa del 10 novembre tra Consiglio e Parlamento europeo, che fissano la cifra assegnata all’Italia dal NgEu a 208,6 miliardi, misurano l’impatto sul Pil dei sei ormai celebri programmi di cui si rivela anche la distribuzione per settore. La regina è la rivoluzione verde cui l’Italia assegna 74,3 miliardi (risorse idriche, mobilità, economia circolare, riqualificazione edifici) seguita dalla digitalizzazione con 48,7 miliardi (industria 4.0 e pubblica amministrazione) e dalle infrastrutture (come alta velocità e manutenzione stradale) per 27,7 miliardi.
La variabile chiave naturalmente, come scrive il piano, sono gli investimenti pubblici con il loro effetto moltiplicativo. Peraltro non si tiene conto – in una valutazione prudenziale – che molti fondi pubblici potranno anche attivare risorse private attraverso forme di partenariato. Come non viene non viene considerato l‘eventuale impatto della riduzione delle tasse per i redditi medi tra i 40 mila e i 60 mila euro che pure viene annunciata nelle bozze del piano. Una cosa però viene detta: che per valutare questi scenari con realismo bisogna tenere conto dell’efficienza dell’amministrazione pubblica e da un forte coordinamento dell’azione di governo. Compito affidato alla cabina di regia.
(di Roberto Petrini)
Pari opportunità e questioni di genere
Diciassette virgola uno miliardi di euro. È l'investimento del governo previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per abbattere il gender gap e promuovere l'occupazione femminile, riformare le politiche del lavoro per i giovani, ridurre il disagio abitativo, rigenerare le periferie, aumentare la competitività del Sud Italia. Per raggiungere la parità di genere e aiutare le donne su cui spesso ricade il "lavoro di cura" si pensa a potenziare l'offerta dei nidi d'infanzia, a investire nei servizi per la cura degli anziani e dei portatori di handicap, a promuovere la formazione di bambine e ragazze in discipline scientifiche, tecnologiche e finanziare e a istituire un Sistema nazionale di certificazione sulla parità di genere per le imprese. Obiettivi da raggiungere con 4,2 miliardi. Per i giovani (3,2 miliardi), oltre al potenziamento dei centri per l'impiego e alla decontribuzione per i datori di lavoro, si spinge sul Servizio civile universale e su attività di upskilling e reskilling. Tradotto: formazione permanente.
La fetta maggiore degli investimenti è a favore dell'inclusione: 5,9 miliardi. Housing sociale, edilizia pubblica residenziale e housing temporaneo sono le parole. Azioni che si accompagnano alla rigenerazione urbana e al recupero del patrimonio edilizio esistente. Un ruolo cardine lo gioca l'attività fisica con la trasformazione di aree periferiche delle città in Cittadelle dello sport.
Infine, un piano per la resilienza di aree interne, montane o isolare (3,8 miliardi) attraverso il potenziamento dei vigili del fuoco, l'estensione al 2026 del bonus per le aree terremotate nel 2009 e nel 2016, la riqualificazione energetica di 56 piccole isole, la promozione dell'agricoltura di precisione, la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie e la costituzione di poli tecnologici di eccellenza e ecosistemi dell'innovazione al Sud.
(di Viola Giannoli)
Rivoluzione verde
Quaranta miliardi secchi per l'efficientamento energetico e la riqualificazione degli edifici, più 18,5 per la transizione energetica e la mobilità locale sostenibile, 9,4 per la tutela del territorio e la valorizzazione delle risorse idriche, e 6,3 per il riciclo e l'economia circolare. Con 74,3 miliardi di investimenti complessivi, come sempre fra quelli avviati da velocizzare e quelli da intraprendere, la "missione" 'Rivoluzione vede e transizione ecologicà è la più consistente del Recovery plan. Del resto la commissione Ue l'ha detto chiaramente: il 37% delle risorse vanno destinate agli investimenti "green" e la proporzione è rispettata quasi al centesimo. L'obiettivo è ambizioso: arrivare, attraverso step successivi di tagli delle emissioni, alla decarbonizzazione totale entro il 2050. E intanto rendere più efficiente il sistema. Ce n'è per tutti: la prima sotto-voce, quella dei 40 miliardi, comprende il risanamento strutturale di scuole (spesso da costruire ex novo) e ospedali (specie le accettazioni), tutti da trasformare in gioielli di tenuta termica, alta tecnologia e autonomia energetica, nonché il rifinanziamento del superbonus edilizio al 110%. Fra le altre voci, gli acquisti di veicoli pubblici elettrici e a biometano comprese le colonnette di ricarica e i "benzinai" appositi, gli incentivi al rinnovo del parco privato circolante, la coibentazione dei fabbricati dell'agricoltura e della pastorizia che sono molto inquinanti, la revisione degli acquedotti nazionali pieni di perdite. Non è finita: vengono confermati la linea dell'eolico specialmente offshore, la promozione dell'autoproduzione elettrica collettiva, il supporto alla produzione di idrogeno da elettrolisi
(di Eugenio Occorsio)
Salute
L'aveva detto al festival di Salute, il ministro Speranza, e l'ha fatto: portare la medicina nelle case degli italiani. E infatti, sui nove miliardi previsti, 4,8 sono destinati all'assistenza domiciliare e alla telemedicina, che ha dimostrato, in tempi di pandemia e di ambulatori specialistici chiusi, di poter seguire i malati cronici a casa, lì dove c'era. Un dato: l'Italia spende 22 euro pro capite sulla sanità digitale, la Danimarca 70. L'idea è potenziare i servizi e orientare il Ssn verso un modello incentrato sui territori e sulle reti di assistenza socio-sanitaria. Con percorsi di prevenzione e cura pubblico-privato, in tutte le regioni. Con due linee di intervento: potenziamento dell'assistenza sanitaria e della rete territoriale e sviluppo di un modello di sanità pubblica ecologica, di Salute, Ambiente e sicurezza alimentare (One health). Gli altri 4,2 miliardi serviranno per l'innovazione, la ricerca e la digitalizzazione dell'assistenza sanitaria e anche qui due obiettivi: ammodernamento tecnologico e digitale del sistema sanitario (in particolare quello ospedaliero), rafforzamento del sistema di emergenza-urgenza, integrazione ospedale-territorio e completamento del Fascicolo Sanitario elettronico. Il secondo obiettivo è il potenziamento delle attività di ricerca e trasferimento tecnologico e della formazione del personale sanitario.
(di Elvira Naselli)
Istruzione e ricerca
La parola che si incontra con maggior frequenza del capitolo del PRR dedicato a “Istruzione e ricerca” è “riforma”. Il governo promette anzitutto una riforma dei concorsi per le assunzioni di docenti e presidi nelle scuole, integrando le procedure di selezione con periodi di formazione e di prova. Ancora: la riforma dei percorsi di dottorato per arricchirlo con moduli dedicati allo sviluppo di idee imprenditoriali e ala valorizzazione economica delle tecnologie e dell’innovazione.
Poi c’è la riforma dei corsi di laurea professionalizzanti con maggiore attenzione a multidisciplinarietà e soft skill. Infine, la riforma della figura del ricercatore per aumentarne l’attrattività e la mobilità tra sedi e verso istituzioni straniere, aprendo maggiormente il mondo universitario alle imprese, modificando il cuneo fiscale e sostenendo start up e aziende spin off create dagli stessi ricercatori.
Ma con i 19,2 miliardi di euro di investimenti previsti, il Recovery Plan prevede anche la modernizzazione dell’edilizia scolastica e la cablatura di tutti gli edifici, l’innovazione dell’istruzione universitaria aumentando il peso dei crediti formativi nelle materie digitali e ambientali, l’istituzione di più dottorati di ricerca negli stessi ambiti, l’aumento delle borse di studio per gli studenti meritevoli o più svantaggiati e l’estensione della “no tax area” per le famiglie a basso reddito.
(di Viola Giannoli)
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