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‘Guarda… Stupisci!’ in replica. Renzo Arbore: “Vorrei fare un nuovo show, ma mancano i comici”

“Io sono replicabile” dice con ironia Renzo Arbore, “lo dico senza cattiveria: in una televisione usa e getta o di pronto intervento, i miei programmi si possono rivedere perché ho sempre fatto televisione sperando che sopravviva. Non faccio satira politica, imitazioni di personaggi che dopo un po’ decadono. Anche con Gianni Boncompagni abbiamo fatto cose che rimangono. Ma lo sa che grazie a un collezionista che ci dato 40 nastri di Alto gradimento, ora li stanno recuperando? Bello perché sono i 50 anni del programma”. Arbore ha la voce allegra, chiacchiera, ricorda e ride. Il 7 e il 14 dicembre Rai 2 ripropone in prima serata Guarda…Stupisci! (Special selection) il varietà di cui è stato protagonista due anni fa, con Nino Frassica e Andrea Delogu, in cui rende omaggio alla canzone umoristica napoletana. Tutti gli ospiti sono funzionali agli argomenti trattati nelle lezioni del professor Arbore: da Gigi Proietti a Lino Banfi, da Enrico Montesano a Lello Arena. E poi Enzo De Caro, Marisa Laurito, Stefano Bollani, Teo Teocoli, Vittorio Marsiglia e Tullio De Piscopo.
Allora Arbore, il ritrovamento dei nastri di “Alto gradimento” la rende felice.
“Il direttore di Radio Rai Roberto Sergio sta recuperando tutto il materiale. Non ci sono testimonianze delle mie malefatte con Boncompagni, furono distrutte le registrazioni. Ora stanno digitalizzando le puntate, mi sembra una bella cosa”.
Intanto arrivano le repliche di Guarda… Stupisci!, ci ha messo le mani?
“Abbiamo un po’ compresso le puntate, due ore invece di tre. Volevo dimostrare che nelle canzoni napoletane c’erano i meccanismi umoristici di base, il doppio senso. Ho scritto anche un libro Guarda, stupisci. Viaggio nella canzone umoristica napoletana. Le assonanze, i doppi sensi, l’equivoco, il gioco, sono cose che restano. Lo capisco leggendo i commenti sul mio renzoarborechannel. Io penso che il web possa aiutare i millennials a conoscere i grandi autori e la tv, perché, diciamo la verità, i ragazzi la guardano ma tante cose non le sanno. Mi viene un po’ di nostalgia per la bella televisione, quella d’autore”.

Le dispiace non proporre nuovi show?
“Dovevo fare un programma dedicato a Renato Carosone per i cento anni, ma non posso fare solo un ricordo di repertorio. Volevo farlo in modo bizzarro, col pubblico. Carosone è uno dei grandi talenti del 900, sarebbe bellissimo farlo apprezzare dai ragazzi”.
A chi pensa quando parla dei grandi?
“A Paolo Villaggio, Celentano, Walter Chiari e tanti altri. Ci sono artisti che hanno inventato un nuovo modo di far ridere, andrebbero ricordati e riletti. Celentano che balla insieme a Raffaella Carrà Prisencolinensinainciusol ha conquistato Twitter, è una delle cose più belle mai viste, un momento felicissimo di televisione. Non c’è tv americana che abbia fatto una cosa come quella, la sua canzone è antesignana del rap. Villaggio andrebbe spiegato al pubblico dei ragazzi: era un genio”.
Cosa ha lasciato in queste 'special selection' di Guarda…Stupisci?
“Il repertorio, per esempio la lite tra Gassman e Tognazzi cuochi che ne fanno di tutti i colori nell’episodio Hostaria di Scola, nel film I nuovi mostri. Poi è bellissima l’esibizione del mio amico Gigi Proietti, ogni volta che ci vedevamo era una festa. E’ un momento in cui l’intrattenimento è in crisi, non ci sono invenzioni, format nuovi: sì, forse il mio varietà è un po’educational. Ma pensi a com'è sempre divertente il Sarchiapone, come fa ridere parlare di cose che non si conoscono. Un sorriso aiuta, specie in un periodo come questo”.
Davvero non ha voglia di scrivere un nuovo programma?
“Se avessi i compagni di cordata, lo farei subito. Potrei sfruttare parecchie idee, ma non ci sono comici. Sono stato abituato a lavorare con Benigni, Verdone, Marenco, Poi con la banda dei miei, da Frassica a Pazzaglia. Anche Fazio conta sull’ironia di Frassica a Che tempo che fa. Non è facile trovare nuovi artisti che facciano ridere, perché non fanno l’X factor dei comici?”.
Un personaggio nuovo – e bravo – è Valerio Lundini, non trova?
“Gli faccio molti complimenti, lui sì è una cosa nuova in tv. Ma non è un comico, è riduttivo dire che è un comico. Ha uno stile suo, fa cose diverse”.
Cosa le manca?
“I talenti goliardici ante litteram. Quelli che fanno la stand up comedy sono anche bravi, ma la goliardia è un’altra cosa. Poi si dovrà fare un discorso serio sulla goliardia: viene ritenuta una cosa minore, ma non lo è, La goliardia pura è arte, pensi ad Amici miei, alla super cazzola: scherzare con l’altro andando in basso. Quando ho ricevuto la laurea in goliardia da Umberto Eco all’Università di Bologna, in aula il rettore Roversi Monaco si arrampicò sul futuro condizionale: ‘Non si sarebbe dovuto rompere”. E io ho detto: ‘preservativo imperfetto’. La battuta fa ridere ancora, è la dissacrazione della grammatica”.
Ma l’arte del cazzeggio si può insegnare?
“Si può, si può. E’ l’arte dello sfottò, quella meravigliosa atmosfera che si crea dopo una pizza e una birra, e ti viene naturale. E’ il cazzeggio di quando andavi a scuola, in cui cominci a ricordare, è lo sfottò, quella cosa umorale che in tv è più autentica dello sketch scritto. Il cazzeggio è proprio l’improvvisazione gratuita, quello che abbiamo fatto a Alto gradimento, quando scherzavamo mettendo i dischi. Io e Gianni non siamo mai diventati persone serie”.
“Guarda… Stupisci!” l’aveva registrato a Napoli, città che ama. Cosa pensa di avere di napoletano?
“La mia famiglia è di Foggia, ma i nonni e mio padre andavano a svernare a Napoli, una tradizione dei pugliesi che potevano permetterselo. Era la capitale del sud, c’era il mare, la cultura, i teatri, il modo di ridere e di mangiare il ragù era tutto napoletano. Mia mamma è una Cafiero, di Meta di Sorrento, papà ha fatto il medico a Napoli per due anni, mio fratello è nato a Napoli. Quando ho dovuto fare l’università ho detto subito: vado a studiare a Napoli. Per me la città è un pezzo di cuore, penso alla mia amicizia con i cantanti Roberto Murolo e Sergio Bruni. Andavamo a casa del marchese Patrizi, cantavamo le canzoni più belle e meno conosciute”.
Si avverte una discreta nostalgia.
“Mi manca la musica e i concerti. Con l’Orchestra italiana ho fatto 1500 concerti, è una piccola impresa tra tecnici e musicisti: sono 35 persone. La situazione per i lavoratori dello spettacolo è drammatica”.Original Article

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