BERLINO – Un'allarmante delegittimizzazione della democrazia spinta dal disincanto e dall'emergenza Covid: ecco nel fondo qual è il principale risultato delle elezioni legislative che si sono svolte ieri in Romania, il più grande e importante paese balcanico membro nell'Unione europea e nella Nato.
Trentun anni dopo la sanguinosa caduta (dicembre 1989) del tiranno comunista Nicolaeu Ceausescu, solo il 32 per cento degli aventi diritto è andato a votare. In sostanza, il 68 per cento di astenuti è di fatto il primo partito. Invano lo stimato presidente della repubblica conservatore, europeista e anti-corrotti, Klaus Iohannis aveva lanciato accorati appelli ad andare a votare: la maggioranza del popolo sovrano non ho ha ascoltato.
I dati praticamente definitivi – riguardano il 90 per cento dei voti espressi ed escludono essenzialmente solo i circa 265mila voti di diaspora ed emigrazione – resi noti nel primo mattino nella capitale Bucarest, vedono la vittoria del corrotto, autocratico e sovranista Partito socialista che raccoglie il consenso del 31,4 per cento dei votanti.
Il Partito nazionale liberale, conservatore ed europeista, del premier uscente Ludovic Orban, è un po' sopra il 25,5 per cento e appare sicuro di continuare a governare in una coalizione con il partito riformista Usr-plus, accreditato del 15 per cento abbondante dei voti. Solo altri due partiti passano la soglia del 5 per cento, e cioè l'estrema destra vicina alla chiesa ortodossa (Aur, con il 9 per cento) e la forza politica che rappresenta la cospicua minoranza etnica di lingua e origine ungheresi, Udmr, arrivata al 6 per cento.
Inutile appare ora il duello di dichiarazioni e proclami di vittoria. Dice il leader del Partito socialdemocratico (Psd) Marcel Ciolacu: "Adesso mi aspetto le dimissioni del premier uscente, è quanto i romeni hanno detto di volere votando per il cambiamento”. E il premier uscente, Ludovic Orbán, ribatte: "No, siamo noi i vincitori morali di questo voto”. Hanno ragione tutti e due.
L'aumento dei socialisti indica che ci sia un desiderio di alternanza viste le gravi disparità sociali, ma d'altra parte il Psd da solo col 31,4 per cento dei voti non troverebbe alleati per mettere insieme una coalizione di governo perché tutti gli altri partiti lo ritengono autocratico e sovranista, troppo nemico della Ue e dei suoi valori e desideroso di imbavagliare la magistratura e ogni altro potere e contropotere, troppo ricco di una storia di corruzione spaventosa tanto che il suo capo storico Liviu Dragnea è tuttora detenuto, condannato per frode elettorale.
Dunque è probabile una riedizione del centrodestra europeista, ma con meno consensi sul totale dell'elettorato. Nel paese ex comunista, ancora relativamente fresco della dittatura passata, e messo alla prova dal duro passaggio al capitalismo con un'enorme emigrazione, il disamore per la politica vince.
Il premier magiaro Viktor Orbán e polacco Mateusz Morawiecki – i leader sovranisti che si stanno scontrando con Bruxelles ponendo un veto a bilancio e recovery fund europeo anti-covid – sono o si sentono i veri vincitori. E sicuramente preparano uno scontro ancor più duro con la Ue e nuove strette sul fronte interno, a cominciare da leggi anti-Lgbtq. E nel caso ungherese, da nuove intese economiche con Russia e Cina che sono una sfida aperta al mondo occidentale.Original Article
ROMA – Frontale muscoloso da Suv, silhouette da station wagon e coda da crossover sportivo.…
AGI - Tesla riprende la produzione a Shanghai, sottoposta a un lockdown che ha innescato…
Scoperti da un talent scout d'eccezione come Fiorello, che li battezzò I Gemelli di Guidonia…
AGI - Il Programma MilleMiglia continua a garantire agli oltre 6 milioni di iscritti l'opportunità…
AGI - Radu Lupu, considerato come uno dei più grandi pianisti del mondo, è morto…
AGI - Non messaggini o telefonate minatorie o appostamenti sotto casa ma una continua aggressione…