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Dall’Etna alla Calabria, il viaggio in bottiglia di Caffo (e del suo Amaro del Capo)

C’è un posto dove pensi le radici della tua famiglia possano trovare terreno fertile, nel quale porti i discendenti perché crescano e avvii il lavoro affinché possa prosperare; diventa casa quando senti di appartenergli nella misura in cui lui appartiene a te. Nel caso di aziende di famiglia, casa è il luogo dove, con impegno, perseveranza e un pizzico di audacia, l’attività passa di padre in figlio, nelle mani di generazioni che si tramandano aneddoti e conoscenze, crescendo e nutrendo la famiglia che affonderà sempre più le radici nel luogo prescelto. Così è stato per i Caffo, discendenti di quel Giuseppe che alla fine del XIX secolo iniziò distillando vinacce sulle pendici dell’Etna. Anni di sacrifici e lavoro che lo portarono nel 1915 a rilevare un’antica distilleria a Santa Venerina, in Sicilia. Dalla produzione di distillati, alcol e derivati ben presto l’intraprendenza e il senso degli affari lo portò a rielaborare antiche ricette: minuziose attenzioni per le erbe aromatiche e officinali infuse in alcole di qualità destarono l’attenzione sul mercato per i suoi prodotti.

Tra liquirizia e amari, la Calabria in bottiglia di Caffo

Erano gli anni in cui iniziava ad affiancarlo uno dei nove figli, il giovanissimo Sebastiano che ben presto imparò dal padre i segreti del mestiere diventando anche lui ‘Mastro Distillatore’. Dal padre aveva ereditato anche l’intraprendenza, tanto da prendere in gestione anche altre distillerie locali, fin quando nel 1934 per il matrimonio ne ricevette in dote una dal padre. Nessuno dei figli maschi di Giuseppe vestì l’uniforme durante la Seconda Guerra mondiale, l’attività di distillatori era ritenuta dal regime di primaria importanza, esentando chi la svolgesse dalla chiamata alle armi. Intricate vicende amorose portarono uno dei figli, Giuseppe, in Australia dove si specializzò nella coltivazione di canna da zucchero e dove lo raggiunse anche Santo, uno dei nove fratelli. Al loro rientro sul suolo natale, con l’intenzione e il desiderio di ampliare e rafforzare l’attività di famiglia, nacque la società “Fratelli Caffo – Distillerie di alcol, brandy e tartarici”, sulle orme della strada segnata dal padre nel 1915 che vede impegnati Sebastiano, Giuseppe e Santo.
Fu un amico di famiglia, il catanese Concetto Biondi, proprietario di una distilleria a Limbadi in Calabria a proporre la sua attività ai fratelli Caffo. Il signor Giuseppe Caffo, dal nome del nonno ma detto Pippo, era bambino nel 1952 ma ricorda l’iniziale dubbio del padre Sebastiano e di quando lo accompagnò in un lungo viaggio cheai suoi occhi di bambino era un'avventura. “Per me era il primo vero viaggio. Fu una grande emozione perché era la prima volta che mi allontanavo da Santa Venerina. Avevo sette anni e non avevo mai preso il treno”, racconta nel libro che ha celebrato il centenario. Sveglia presto, prima in macchina poi il traghetto sullo Stretto, il treno e ancora un pullman, “ripescando nei ricordi, antichi di oltre sessant’anni, questo è il racconto del mio primo viaggio ‘in continente’ e del mio primo contatto con Limbadi.” Fu la morte del fondatore l’anno successivo a convincere i fratelli Caffo a concentrarsi sulla distilleria di Limbadi, apportando trasformazioni agli impianti e tre anni dopo ad avviare l’imbottigliamento con marchio proprio. Il primo liquore a marchio Caffo fu l’Anice, un distillato a formula originale in cui i semi di anice verde e anice stellato realizzato in diverse gradazioni per soddisfare i diversi utilizzi che si distinguono fra Calabria e Sicilia: poche gocce di gradazione più alta in acqua sull’isola che la fanno chiamare “anice lattante” mentre sul continente bevuta tal quale. Per queste differenze venivano usate etichette diverse per ogni gradazione. Anni di cambiamenti si prospettavano per la famiglia Caffo, anni nei quali all’anice si aggiunse il brandy, all’epoca molto apprezzato, e il primo amaro.

La dipartita di Santo nel ’64 e il ritorno di Giuseppe in Australia, rese necessario concentrare le energie: così, dopo il definitivo trasferimento ‘sul continente’, nel 1966 l’azienda viene interamente acquisita da Sebastiano Caffo insieme al figlio Giuseppe Giovanni, detto Pippo. Limbadi il posto dove mettere radici. Le radici non si sono solo propagate nella terra di Calabria, hanno speso energie per acquisire nutrimento e linfa vitale dalla terra e dal luogo. Il rapporto tra i Caffo e questo territorio veniva suggellato in un’alleanza fra la distilleria, i profumi e sapori elargiti dalla natura e la tradizione. Legame che negli anni si è rafforzato traendo sempre maggiore vigoria, quella che oggi nelle bottiglie diventa un vero distillato di Calabria, rendendo omaggio con gli ingredienti alla prodigalità di una terra aspra, difficile e generosa per chi riesce a coglierne le opportunità. Il liquore di anice fu il primo a essere prodotto a Limbadi da F.lli Caffo che ha vissuto nel tempo cambiamenti nelle formulazioni, “negli anni ’50 era uno dei liquori più consumati fra Calabria e Sicilia: liscio o allungato con l’acqua che creava l’effetto lattante" racconta Fabrizio Tacchi, brand ambassador della Distilleria. Gradazioni alcoliche che permettevano usi diversi, la più alta a mo’ siciliano dove poche gocce profumano l’acqua rendendola dissetante, una intermedia che allungata con acqua e ghiaccio a piacere formava l’effetto lattiginoso tipico di altre bevande a base di anice e infine la meno forte usata per correggere il caffè o sorbita liscia a fine pasto. Ricordi che ancora oggi profumano nelle diverse formulazioni di anice e in Anisette di Calabria, distillata in un antico alambicco in rame dove le due varietà di anice si fondono nei sapori con spezie selezionate.

Ma la voglia di proseguire il lavoro di chi lo aveva preceduto ha da sempre animato Pippo Caffo che nella prima metà degli anni ’70 rielaborò l’Amaro Sprint, attingendo alle erbe officinali e aromatiche di cui la parte di Calabria dove avevano messo radici è generosa, dando così impulso alla diffusione di quello che sarebbe diventato il prodotto di punta per l’azienda. Sono omaggi alla terra e ai suoi prodotti, inni alle brezze marine che lambiscono le coltivazioni permettendo ai frutti di maturare e alle erbe di concentrare profumi e olii essenziali, doni per chi, aprendo una bottiglia, ritrova fra i sapori gli angoli di verde, di mare e di cielo delle coste e dell’entroterra calabrese. Così dall’oro verde della terra calabra, il bergamotto, profumato e prezioso agrume che cresce solo in questi luoghi, nasce il Bergamia, dai limoni dell’isola di Tropea, più piccoli nelle dimensioni ma con intensità di profumi maggiore, il Limoncello dell’Isola, e dal mallo verde delle noci il nocino ottenuto per macerazione, come vuole la tradizione che lo associa alla notte di San Giovanni. “Indianello è ottenuto dall’infusione del succo di fichi d’India in finissimo alcol neutro – continua a raccontare Fabrizio Tacchi – ha una colorazione ambrata intensa con riflessi rossastri” in cui si specchiano tutte le sfumature della polpa di questo frutto spinoso maturato al sole. Con la doppia lavorazione, “ovver l'infusione dei fiori e la distillazione delle parti più coriacee della piante, caratteristica dell’azienda e che permette uhna profondità di sapori e profumi più ampia, si produce il Finocchietto”.

Orgoglio e tra i simboli della Calabria è la liquirizia, oro nero che nel 2015 ha ricevuto il riconoscimento della DOP, valorizzata con un procedimento che porta al primo liquore di liquirizia non aromatizzato: “Noi siamo stati i primi a produrlo in purezza, usiamo circa 500 g di radice per litro di liquore. Le radici raccolte in autunno, vengono essiccate e sminuzzate fino ad avere polvere poi messe in estrazione con sola acqua calda”. Un metodo antico che Caffo ha ripreso dalle consuetudini tradizionali, nonostante “l’estrazione idroalcolica sarebbe più breve come tempi, ma si perderebbe il valore della tradizione e così facendo si ha un prodotto di qualità superiore” precisa il brand ambassador. Il succo chiarificato dalle impurità, viene dopo concentrato per ebollizione fino a ottenere una pasta scura e densa che in aggiunta ad alcol neutro e zucchero dà vita al liquore di pura liquirizia Liquorice. “Se si vuole fare un prodotto tipico regionale si deve lavorare come nessuno lo ha fatto prima – sintetizza Tacchi – ciò vuol dire innovazione e i Caffo hanno fatto proprio questo: hanno innovato ricette tradizionali, personalizzandole e perfezionando il sistema. Hanno fatto fare a queste ricette un salto di qualità, sia per la lavorazione sia per la qualità degli ingredienti” permettendo ai liquori e distillati dell’azienda di fare il balzo oltre i confini regionali, verso il meridione prima e di espandersi poi sul suolo nazionale. Una progressione lenta, ragionata e costante, che ha portato pezzi di Calabria fuori dalla regione. “Ognuna delle generazioni ha portato in azienda il suo contributo, facendo in modo che ci fosse una crescita continua” di conoscenze, competenze, ricerche e sviluppo. Ognuno ha proseguito su una strada segnata, aggiungendo valore di volta in volta, fino all’ultima generazione con Nuccio, diminutivo di Sebastiano, che la sta rendendo ancora più internazionale e forte sul mercato fuori dai confini nazionali.

L'alambicco in rame del 1945 dove viene distillato Emporia Gin

Sempre dalla Calabria si muovono i primi passi di Emporia Gin, che lega le sue caratteristiche alla leggenda che ammanta un arbusto, il ginepro fenicio. Folta chioma resistente e bacche rosso porpora, detto anche rosso "phoenix" da cui il nome di Fenicio, che gli antichi usavano insieme ad acqua di mare per i suoi effetti curativi. “Studiavo la storia dei fenici e leggendo un antico testo ho scoperto la loro arte di distillare l’acqua di mare; da lì l’idea che mancava per rendere Emporia Gin davvero speciale con la giusta nota di sapidità” racconta Nuccio Caffo, amministratore delegato del Gruppo Caffo 1915. Frutto delle terra con le sue diciotto botaniche calabresi, le scorze di agrumi come bergamotto, lime e limone, radici di angelica e liquirizia, fiori di zagara e sambuco. Una doppia distillazione con l’impiego di un alambicco discontinuo in rame del 1945: “Affonda le radici nel primo gin distillato nel sud Italia, prima da mio nonno e da mio padre poi, con lo stesso alambicco che ho voluto utilizzare per dare un’ideale di continuità produttiva tra i nostri gin” sottolinea il signor Nuccio. L’aggiunta di acqua del Mar Tirreno, prelevata nel mare di Tropea e opportunamente trattata per uso alimentare, aggiunta prima della seconda distillazione, conferisce al gin “la sua salinità e infonde al distillato una nota che ne accentua il gusto” specifica Tacchi, tanto che è valsa il titolo di Best Italian Contemporary Gin al World Gin Awards 2020. La miscelazione non è nuova per Caffo, Mezzodì e il Red Bitter sono pensati come aperitivi da allungare con acqua frizzante o usati nei cocktail. “Versatili negli utilizzi, abbiamo formulato “Caffo cocktail classici”: ricette elaborate con i prodotti dell’azienda che rivisitano i classici con una chiave di sapori diversi, in cui c’è tanta Calabria”. Ricette semplici da replicare in casa o cui ispirarsi per i professionisti, a partire dall’acqua tonica Miracle 1638 che profuma del tipico agrume calabrese, “il bergamotto con spezie che arrivano da lontano per rispettare la tonica che nella sua storia è fatta con il chinino, nel nostro caso arriva dal Peru e il quassio dalla Giamaica, spezie arrampicanti che completano la ricetta della tonica al bergamotto".

Orgoglio e simbolo della distilleria è il Vecchio Amaro del Capo, prodotto che ha celebrato sul mercato la storia e l’impegno della distilleria. Un concentrato di ingredienti e saperi dove “ventinove ingredienti naturali si raccordano in un lungo processo produttivo: ognuno viene raccolto seguendo la stagionalità e la giusta maturazione nei mesi per essere lavorato entro 24 ore della raccolta ed estrarre al massimo i profumi e il gusto pieno, mantenendo la freschezza e pienezza di ogni componente. – racconta il brand ambassador – Infusione in finissimo alcol neutro per tempi variabili da 45 a 60 giorni in funzione del ingredienti porta a ventinove infusi. Torchiati per separare la parte solida e miscelati insieme seguendo una ricetta segreta”. Estrazione che non avviene solo per infusione, ma asseconda la natura stessa degli ingredienti: “Macerazione, distillazione e infusione: i vari sistemi estrattivi rendono complesso il profilo aromatico. Ognuno degli ingredienti è lavorato con metodi diversi: le foglie per infusione e macerazione, bucce e scorze per macerazione, le radici per distillazione come anche alcuni semi in modo da non intorpidire il risultato”. Solo una volta realizzato il blend secondo le dosi segrete, viene fatto decantare in grandi tini di rovere per alcuni giorni, prima di procedere alla filtrazione e stabilizzazione che portano all’imbottigliamento. Un sapore noto a tanti, fra le note di arancia amara e quella dolce, l’intensità della liquirizia, la dolcezza della camomilla, freschezza dai semi di anice e foglie di menta piperita.

Celebra nel nome Capo Vaticano, il promontorio che si tuffa nelle acque cristalline dove riflette il verde della vegetazione, e omaggia un altro prodotto tipico calabrese con la versione Red Hot, nata nel 2019: “Il peperoncino diventa il trentesimo ingrediente, aggiungendo sapore piccante – anima calabrese da onorare – nato come edizione limitata ma destinato a diventare prodotto continuo per come si presta bene sia in miscelazione sia bevuto da solo” racconta Tacchi. Un prodotto, il Vecchio Amaro del Capo, che con una sua eccezionalità ha celebrato il secolo dalla fondazione, “nella Riserva del centenario, dove in fase finale viene aggiunto brandy invecchiato altre 40 anni. Caffo negli anni ’50 produceva questa acquavite di vino e quando è scemata la domanda il brandy è rimasto in queste botti in rovere di Slavonia”. Nel 2015 in occasione di un anniversario così importante si è deciso di attingere dal passato e dalla sua ricchezza utilizzando le vecchie partite per l’ultima aggiunta nella ricetta dell’Amaro del Capo. Bottiglie di vetro trasparente con etichette numerate, riportano la partita di brandy utilizzato per rendere merito al valore della memoria in questo amaro da meditazione.
Attingere dal passato per valorizzare prodotti che un tempo avevano dato il successo e portarli nei sapori contemporanei, lasciando che arricchiscano significato e il piacere della degustazione. Una storia che si snoda lungo gli anni di più di un secolo, si affastella in bottiglie che racchiudono la dedizione di una famiglia e si degusta in prodotti che, non solo escono dalla storica distilleria, ma sono veri e propri distillati di Calabria, terra in cui nascono e da cui attingono ingredienti, vigore e tradizione.Original Article

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