Un caso Lombardia non c'è più. Lo dice l'andamento di contagi, decessi e pressione sugli ospedali in questa seconda ondata pandemica. Lo confermano i numeri.
Si può discutere, e si discuterà a lungo, sulla ricostruzione di quel che è accaduto a febbraio e marzo, con la famosa "bomba" esplosa fra Lodi, Bergamo e Cremona, una bomba che si è caricata a dicembre e gennaio deflagrando poi in quel bimestre nero con un numero impressionante di contagi e ricoveri. La storia della prima ondata dev'essere in parte ancora studiata e scritta, ma i dati dicono che nella seconda ondata un caso Lombardia non c'è, visto che i numeri della regione più grande d'Italia si sono grosso modo allineati al resto del Paese. Se c'è un caso, insomma, è un caso-Italia.
Le elaborazioni di "Polis" – l'Istat lombarda – forniscono un quadro completo ed eloquente in questo senso, partire dai contagi. La curva lombarda dei nuovi positivi già da alcune settimane sta scendendo. Se guardiamo al dato dei nuovi positivi per numero di abitanti arriva la conferma: negli ultimi 60 giorni le curve di tutte le Regioni sono in salita, ma sa l'esame si limita agli ultimi 14 giorni, quello lombardo è drasticamente in calo, e non in tutte le Regioni lo è: almeno sette, purtroppo, stanno ancora crescendo.
Ulteriore conferma arriva dalla curva che rappresenta il dato medio dei nuovi positivi scoperti sul totale dei tamponi: per tutta la prima parte di novembre in Lombardia è rimasto sopra il 20%, poi è drasticamente calato, tanto da assestarsi in questi giorni sul 10%, e molte altre regioni tuttora sono sopra, anche di molto. Negli ultimi 7 giorni la Lombardia ha avuto in media 3.434 nuovi casi al giorno, ma con molti tamponi in più eseguiti rispetto ad altri. Il dato del 5 dicembre, per esempio, in Lombardia era al 10% (un tampone positivo ogni dieci eseguiti). Peggiore risultava, lo stesso dato, in Calabria, EmiliaRomagna, Valle d'Aosta, Sicilia, Molise, Provincia di Bolzano, Sardegna, Puglia e Veneto. Ieri in Lombardia è sceso ancora: 9,2, con 2.413 casi su 26.026 tamponi.
Passando all'impatto del Covid sugli ospedali, lo studio "Polis" dimostra come la curva che rappresenta la percentuale dei casi in terapia intensiva sul totale dei casi attivi, in Lombardia a metà marzo fosse sopra il 10%, mentre in seguito è scesa drasticamente fino ad agosto, per poi risalire ma gradualmente e restando sotto l'1%. Lo stesso, la percentuale dei ricoverati con sintomi sul totale dei casi: nella prima metà di marzo il dato in Lombardia risultava sopra il 60%, per poi scendere fino a luglio-agosto e risalire ma in modo contenuto, intorno a un valore fra il 5 e il 10% a dicembre.
L'elaborazione attesta inoltre, come, negli ultimi 7 giorni, il rapporto fra decessi e ricoverati in terapia intensiva sia, in Lombardia, migliore di quanto non risulti in Veneto, Valle d'Aosta, Molise, Calabria, Campania e Friuli. E guardando le curve del grafico che rappresenta i ricoveri in terapia intensiva negli ultimi 14 giorni, la Lombardia è verde (sta calando), mentre almeno altre 7 regioni sono rosse (crescono) e quasi tutte quelle che calano, calano meno velocemente della Lombardia. Guardando al doloroso dato dei decessi – dati Osservatorio metropolitano – a novembre la Lombardia ha registrato il 25% dei decessi totali. Ieri 140 decessi su 594 totali (il 23,6%), ma va tenuto presente che la popolazione lombarda è il 17% del totale, e che questa incidenza di decessi partiva dai drammatici dati di febbraio (79%) e marzo (58%), mentre fra aprile e luglio ha oscillato sul 40%. Come evidenziato nei giorni scorsi, inoltre, negli ultimi mesi la Lombardia ha fatto molto meglio di molte altre regioni sul fronte del rapporto fra guariti-dimessi e deceduti. In base ai dati del 5 dicembre, risulta che in Lombardia siano state curate ogni 12,5 persone dimesse o guarite. Nel Lazio il rapporto è al 12,4, in Emilia-Romagna il rapporto è al 9,2, in Puglia al 9,9, nelle Marche è all'8,3.
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