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Stati Uniti, Trump chiede invano di ribaltare il voto in Georgia. E la California incorona Biden

Donald Trump non si arrende. Il presidente uscente degli Stati Uniti ha telefonato al governatore repubblicano della Georgia Brian Kemp, chiedendogli di convocare una sessione speciale del parlamento statale per ribaltare la vittoria di Joe Biden e nominare elettori che lo sostengano nel collegio elettorale, chiamato ad eleggere formalmente il nuovo leader il 14 dicembre sulla base dei risultati dei singoli Stati. L'inquilino della Casa Bianca lo ha sollecitato anche ad ordinare un controllo delle firme sulle schede del voto anticipato ma Kemp ha respinto entrambe le richieste, precisando su Twitter che ha già chiesto pubblicamente il controllo delle firme tre volte. La decisione tuttavia non è in suo potere.
La tempesta si è scatenata poche ore prima che dalla California arrivasse una brutta notizia per Trump: lo Stato ha certificato l'esito del voto dando ufficialmente a Joe Biden il numero sufficiente di elettori per essere eletto. Ne servivano infatti 270 e ora grazie alla vittoria nel "Golden State" sale a 288, contro i 222 del presidente uscente.
In serata Trump è giunto in Georgia insieme alla first lady Melania per tenere il suo primo rally elettorale dopo le elezioni, a sostegno dei due senatori repubblicani uscenti impegnati nel ballottaggio del 5 gennaio. Duelli che decideranno non solo le sorti della Camera Alta del Congresso ma anche dei primi due anni dell'amministrazione Biden e forse il futuro dello stesso Trump.
Se vinceranno i dem, il partito potrà contare sul controllo completo di Capitol Hill e l'agenda di Joe Biden potrà marciare senza intoppi. Anche sulla regolarizzazione dei dreamer, dove il presidente uscente ha ricevuto un altro schiaffo da un giudice che ha ripristinano pienamente il programma di protezione, obbligando l'amministrazione ad accettare centinaia di migliaia di nuove domande.
Nella sfida del sud scendono in campo tutti i pezzi da novanta, mentre si mobilitano anche grandi donatori repubblicani come Rupert Murdoch e Stephen Schwarzman. Venerdì si è mosso Barack Obama, che ha tenuto un primo comizio virtuale alla presenza di Stacey Abrams, l'emergente star democratica afroamericana artefice della rinascita del partito in Georgia.
Nelle stesse ore il vicepresidente Mike Pence compariva a Savanna a fianco dei due candidati repubblicani. Si mobiliterà personalmente anche Biden, che ha riconquistato questo Stato 28 anni dopo Bill Clinton, strappandolo a Trump per soli 12 mila voti, come ha confermato pure il secondo riconteggio, non ancora però certificato.
Il presidente uscente continua a contestare l'esito del voto anche qui e prima di partire per Valdosta, al confine con la Florida, ha lanciato via Twitter il nuovo attacco al governatore e al segretario dello Stato, rei ai suoi occhi di non aver fatto abbastanza per ribaltare l'esito del voto. In precedenza aveva chiamato Kemp "sfigato", "imbecille" e "squilibrato". Un trattamento riservato pure a Doug Ducey, governatore dell'Arizona, che Trump ha accusato di remare contro, assieme a Kemp: "Il partito democratico non potrebbe essere più felice, lottano più duramente contro di noi che contro i dem della sinistra radicale. Se non fossero con noi avremmo già vinto sia l'Arizona che la Georgia", ha twittato The Donadl. Molti repubblicani però ritengono che questi attacchi alimentino i rischi di spaccature nel partito, indebolendolo in vista dei ballottaggi. Inoltre temono che le accuse di brogli da parte del presidente possano minare l'afflusso dei loro sostenitori convincendoli che le elezioni sono comunque truccate.
Ma nessuno ha il coraggio di uscire allo scoperto perché Trump tiene ancora in pugno il partito, come conferma un'indagine del Washington Post: 222 parlamentari repubblicani si rifiutano di dire chi ha vinto le elezioni e solo 25 riconoscono il successo di Biden. "25, wow! Sono sorpreso che siano così tanti… per favore mandatemi la lista dei 25 Rinos", ha commentato il presidente con tono intimidatorio usando l'abbreviazione spregiativa per i 'repubblicani solo di nome'.
Intanto i dem sembrano avviati a rafforzare la diversità non solo nella nuova amministrazione Biden ma anche al vertice del partito. In pole per la presidenza c'è il 44enne afroamericano Jaime Harrison, sponsorizzato dal deputato 'black' Jim Clyburn, capogruppo alla Camera e uno dei più influenti alleati di Joe.
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