Anche se le due parole stridono tra loro, e di solito per il 25 dicembre siamo abituati a sentire parlare di tregua, c'è già chi l'ha ribattezzata la battaglia di Natale. A non cedere sono le Regioni che contestano il governo perché impedisce i "ricongiungimenti familiari" e continuano a chiedere correzioni al dpcm con le misure anti Covid e al decreto legge 2 dicembre 2020, n.158 sulle festività. Criticano i vincoli agli spostamenti per Natale, Santo Stefano e Capodanno, persino tra piccoli comuni, decisi – attaccano da Nord a Sud – senza un vero confronto.
L'idea, lanciata dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, è di ottenere un'accelerazione del passaggio in aula del decreto prima di Natale, così da poter modificare da subito il modo in cui il Paese vivrà le festività, soprattutto nei comuni più piccoli. La protesta arriva anche dalle forze politiche, persino della maggioranza, con 25 senatori del Pd di cui si fa portavoce il presidente dem a Palazzo Madama, Andrea Marcucci, che aggiunge: "Servirebbe anche non discriminare tra attività economiche di città ed attività economiche di Paese". Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, spinge per evitare che il passaggio parlamentare segua l'iter ordinario e il provvedimento arrivi al voto a gennaio: "Chiederemo ai presidenti delle Camere che possa esserci in tempi rapidi l'opportunità di discutere e decidere in Parlamento: siamo il 4 dicembre e anche se siamo in mezzo alla legge di bilancio e alla conversione dei decreti ristori è importante che su un argomento del genere le Camere si esprimano prima".
Fontana ritiene che la via maestra da seguire sia proprio "accelerare il più possibile la conversione in Parlamento e in quella sede modificare il dpcm nella parte legata agli spostamenti". In Lombardia ci sono 1500 comuni, alcuni di poche centinaia di abitanti, e famiglie divise dal confine del comune: "Questa mi sembra un'esagerazione che dovrebbe essere sanata". In sintonia Giovanni Toti, presidente della Liguria e vice presidente della Conferenza delle Regioni: "Capisco la responsabilità sulle scelte da prendere e non ho mai banalizzato la responsabilità di nessuno. Ma, in questo caso, l'impostazione è molto sbagliata".
Le proteste arrivano anche dalla Calabria. "L'ennesimo dpcm che scende dall'alto, che impone invece di proporre", lo definisce il presidente facente funzioni, Nino Spirlì, convinto che si tratti di "una decisione impopolare, cinica e che non poggia su nessuna base scientifica". La Calabria è una regione che più delle altre si sente quasi colonizzata nel settore della sanità: "Di volta in volta arrivano bozze di dpcm alla Conferenza Stato Regioni, ma in realtà sono decisioni già prese, per cui diventa faticoso anche farsi ascoltare. È l'ennesimo dpcm sordo a qualsiasi nostra richiesta". Un dpcm che penalizzerà le imprese, aggiunge Spirlì, "perché nei nostri comuni ci sono piccole attività di ristorazione che vivono della clientela dei paesi vicini".
Dal Veneto arrivano le lamentele di Luca Zaia, convinto che "non c'è alcuna ratio" nel divieto di uscita dai confini comunali per Natale, Santo Stefano e Capodanno. "Mi fa piacere che il Cts abbia detto lo stesse cose – sostiene Zaia – e spero ci sia un ravvedimento da parte del governo, perché non ha alcun supporto scientifico applicare una regola ad un comune piccolo di poche centinaia di abitanti e ad un altro con le dimensioni di uno Stato o del doppio di una regione".
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