LONDRA – Le parole sono le stesse, ma la lingua è diversa: per la prima volta la nazionale di rugby australiana ha cantato l'inno del Paese in eora, l'idioma degli aborigeni appartenenti ai clan della zona di Sidney, dove si è giocata una partita internazionale contro l'Argentina. Un riconoscimento senza precedenti dell'importanza della comunità indigena che popolava l'Australia prima dell'arrivo dei colonizzatori bianchi. Sui social media locali ieri non si è parlato d'altro, in termini unanimemente positivi. "Mi piacerebbe vincere una medaglia e poi ascoltare il nostro inno in questo linguaggio così bello e stimolante", twitta Richard Coleman, campione di atletica
Tutti i giocatori della nazionale hanno cantato Advance Australia Fair" nella lingua degli aborigeni, dopo essersi preparati per settimane sotto la guida di un cantante degli eora. In Australia c'è stato un lungo dibattito sull'inno nazionale, accusato da alcuni di non avere versi sufficientemente inclusivi. In particolare, un'organizzazione chiamata "Recognition in anthem project" si batte da tempo affinché le liriche siano cambiate in modo da riflettere anche i valori della vasta minoranza aborigena.
Nel 2018, una bambina di nove anni di nome Harper Nielsen finì su tutti i giornali per essersi rifiutata di alzarsi in piedi quando la banda della scuola ha suonato l'inno nazionale, come forma di protesta contro quello che lei definiva "razzismo istituzionale". Sosteneva che l'inno ignora completamente l'esistenza degli aborigeni. "Una strofa (we are young, ndr), affermando che siamo un giovane popolo, trascura completamente il fatto che gli aborigeni erano qui prima che arrivassero i nostri progenitori", disse la ragazzina.
La scelta della nazionale di rugby, lo sport più popolare in Australia, ripara almeno in parte quella mancanza. Nella vicina Nuova Zelanda, com'è noto, la nazionale di rugby, soprannominata All Blacks, fa una spettacolare danza maori in campo, prima di ogni partita, come omaggio alla propria popolazione aborigena. Adesso anche la nazionale australiana ha compiuto un simbolico passo nella stessa direzione.
Grande da sola quanto un continente, l'Australia è abitata da circa 50 mila anni, ovvero da quando gli antenati degli aborigeni odierni vi arrivarono dal Sud-Est asiatico sui ponti di terra dell'era glaciale. Nel 1770, allo sbarco del capitano Cook che reclamò l'Australia per conto dell'Inghilterra, da cui fu utilizzata per colonie penali, vi vivevano quasi un milione di aborigeni. Repressioni e discriminazione, culminati in massacri come quello del 1803 sull'isola della Tasmania, all'inizio del ventesimo secolo ne rimanevano soltanto 100 mila.
Oggi sono 750 mila, il 3 per cento della popolazione australiana di 25 milioni di abitanti. In realtà non amano essere chiamati aborigeni, termine derivante dal latino "ab origine" (dall'origine), per la connotazione negativa che vi viene attribuita, identificandoli come dei presunti superstiti dell'età della pietra, preferendo la definizione native people, nativi, o indigenous Australians, indigeni australiani. Ogni clan ha naturalmente il proprio nome, come gli Eora della regione costale attorno a Sidney, nella cui lingua la squadra di rugby australiana ha ora cantato l'inno nazionale.Original Article
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