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I sindacati della Pa non cancellano lo sciopero del 9: “Dalla ministra nessuna risposta né sulle risorse nè sui precari”

ROMA – "In un anno intero non ci ha mai convocati. E non sta mettendo a disposizione nuove risorse: per noi i temi della vertenza rimangono tutti in campo. La ministra Dadone non ci ha dato alcuna risposta, da parte sua non c’è neanche un impegno per la stabilizzazione dei precari, niente neanche sul fronte della sicurezza. Non vedo perché dovremmo cancellare lo sciopero": è la replica di Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil, all'offerta della ministra della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone, che in una lettera pubblicata oggi dal quotidiano Il Messaggero ha chiesto ai sindacati di rinunciare allo sciopero, proponendo una suddivisione più equa degli aumenti contrattuali per il rinnovo 2019-2021 e una redistribuzione dei risparmi ottenuti grazie allo smart working attraverso la contrattazione di secondo livello.
"La lettera del ministro non dà purtroppo alcuna risposta concreta nel merito della vertenza. – conferma Maurizio Petriccioli, Segretario Generale Cisl Fp – Noi stiamo chiedendo da mesi un confronto vero sui temi del precariato, delle assunzioni, della sicurezza delle prime linee che operano nell'emergenza Covid e sui contratti. Ad oggi non abbiamo nessuna risposta su questi temi e il ministro non hai mai, in un anno, sentito l'esigenza di aprire un tavolo di confronto. Il governo, con la prossima Legge di Bilancio, andando incontro alle necessità dei lavoratori, ha la possibilità di fermare la mobilitazione e di dare soluzioni concrete per le donne e gli uomini che erogano ogni giorno servizi pubblici ai cittadini e alle imprese. In mancanza di questo noi continueremo con le iniziative di protesta”.
Lo sciopero proclamato per il 9 dicembre dai sindacati della Funzione Pubblica Cgil, Cisl e Uil rimane dunque in calendario senza alcun ripensamento per il momento, e domani ci sarà anche una articolata risposta alle questioni sollevate dal ministro nella lettera aperta al Messaggero. Metodo, questo della "lettera aperta" a un quotidiano, stigmatizzato dal popolo dei social: sul profilo Facebook di Fabiana Dadone da stamattina si avvicendano i commenti di dipendenti della Pa, e non solo, che chiedono con insistenza alla ministra di convocare i sindacati, anziché lanciare messaggi attraverso i quotidiani. "Ministra invece di fare lettere…aperte apra un vero negoziato visto che non l'ha mai fatto!!!", si legge in un commento."Ministra suvvia, sia conseguente!! – si legge in un altro intervento – Mi pare che il pragmatismo non le manchi e dunque non può non dare l'avvio al confronto con chi rappresenta i lavoratori pubblici".
L'offerta della ministra viene incontro in parte alle richieste dei sindacati, che hanno sempre fatto notare come gli aumenti "medi" previsti dal contratto 2019-2021 penalizzino i lavoratori con gli stipendi più bassi. Con il nuovo meccanismo proposto invece verrebbe stabilizzato l'elemento perequativo, cioè una parte dell'aumento, circa una ventina di euro, che riguardano i lavoratori che altrimenti perderebbero una parte dei benefici, perché verrebbe inglobato il bonus Renzi. Solo che questo vantaggio a favore di una parte dei lavoratori non viene garantito da nuove risorse: "Si tratta di circa 308 milioni che arrivano dai 400 stanziati dalla legge di Stabilità, e quindi già messi in campo dal governo. – precisa Serena Sorrentino – Stiamo ragionando a invarianza di risorse".
Neanche l'impegno a utilizzare le risorse risparmiate con lo smart working convince i sindacati, perché intanto "si tratta solo di 29 milioni", spiega Sorrentino. E poi perché è il metodo che non piace ai sindacati: così come l'organizzazione dello smart working, viene tutto affidato ai dirigenti, senza un accordo con i sindacati, a differenza di quanto la legge prevede per le aziende private, dove, al di là dell'eccezione prevista a causa della pandemia, non è possibile disporre lo smart working senza un accordo con i dipendenti.
RImane poi la questione della stabilizzazione dei precari, anche a fronte dei concorsi rinviati: sono circa 350 mila, e alcuni giorni fa l'Italia è stata condannata dalla Corte di GIustizia Europea proprio per la mancata risoluzione della questione, che si è incancrenita a fronte di 10 anni di assunzioni bloccate. Ma anche adesso che i concorsi sono ripartiti (e per il momento sospesi, per via dei decreti Covid) "per il 2021 non ci sarà neanche un ricambio del turnover". Sindacati e governo dunque per il momento rimangono su due fronti diversi, anche se ci sono alcune sigle che hanno preso le distanze da Cgil, Cisl e Uil, schierandosi con il governo: anche oggi lo fa la Codirp, la Confederazione della dirigenza pubblica.
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