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Firenze, nell’inchiesta Open l’ipotesi di corruzione. “Non per Renzi e Boschi”

L'inchiesta deve restare a Firenze perché qui potrebbe essersi consumato il reato più grave, la corruzione. Così i pm fiorentini titolari dell'inchiesta sulla Fondazione Open hanno respinto la richiesta di trasmettere gli atti ad altra Procura (per questioni di competenza territoriale) presentata dai difensori di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, sotto indagine per finanziamento illecito ai partiti insieme a Luca Lotti, Marco Carrai e l'avvocato Alberto Bianchi. Nel respingere la richiesta, sulla base di diverse valutazioni, i magistrati hanno dunque comunicato l'esistenza di una nuova e più grave ipotesi di reato, indicando proprio gli articoli del codice penale che puniscono corrotto e corruttore. Nessun altro dettaglio sui protagonisti e sui fatti contestati, solo un passaggio per escludere il coinvolgimento "dei due ricorrenti" Renzi e Boschi. I difensori dei due politici di Italia Viva possono ora opporsi alla decisione dei pm, con un ricorso al procuratore generale della Cassazione.
L'indagine della procura guidata da Giuseppe Creazzo ruota intorno alla (presunta) natura di articolazione di partito della ex cassaforte renziana. Secondo le accuse, tra il 2012 e il 2018 la Fondazione avrebbe ricevuto "in violazione della normativa" ben 7,2 milioni di euro (frutto delle donazioni di diversi finanziatori), spesi almeno in parte per sostenere direttamente l'attività politica della corrente renziana del Pd. A testimoniarlo, tra le altre cose, i riferimenti alle "primarie dell'anno 2012", al "comitato per Matteo Renzi segretario" e alle "ricevute di versamento da parlamentari". Sul punto l'ex sindaco di Firenze e gli altri indagati hanno sempre negato la natura di articolazione di partito della Fondazione, citando anche le decisioni della Cassazione che in due occasioni – riguardo la posizione di alcuni dei finanziatori non indagati – ha annullato i decreti di sequestro.
Ieri Renzi è tornato all'attacco dei pm fiorentini che guidano l'inchiesta, prendendo spunto proprio dall'ultima sentenza della Cassazione. "Ricordate la famosa storia delle perquisizioni ai finanziatori della Leopolda? La Cassazione definisce il sequestro "onnivoro e invasivo", "asimmetrico", "che finisce per assumere una non consentita funzione esplorativa" – ha commentato – Quel sequestro è stato uno scandalo clamoroso. In Senato chiederemo al ministro della Giustizia quanto è costato il sequestro ai cittadini italiani e se qualcuno pagherà per il danno prodotto non già a me o a Italia Viva ma alle casse dello Stato".
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