Racconta Edgar Morin, nel bel libro I ricordi mi vengono incontro (Raffaello Cortina), che il suo amico Antonin J. Liehm, nel 2014, disse: "Il mio novantesimo compleanno io non lo festeggio, lo rimpiango". Era assetato della vita Liehm. Ora, a sei anni da quella giornata, è arrivata la notizia della scomparsa dell'intellettuale ceco nato nel 1924, scrittore, protagonista della vita culturale di quella che allora si chiamava Cecoslovacchia, uno degli artefici della Primavera di Praga nel 1968, esponente del dissenso in esilio dopo l'invasione sovietica.
Chi l'ha conosciuto serba il ricordo di un signore gentile, colto e incline costantemente a tessere legami fra democratici, laici, eretici, persone a cui erano cari i valori liberali e di sinistra, ovunque in Europa. Per questo nel 1984 aveva fondato a Parigi, la rivista Lettre International, che a un certo punto ebbe tredici edizioni in altrettante lingue (in Italia come Lettera Internazionale, diretta da Federico Coen). Raccontava che, per trovare i fondi, in pratica "chiedeva l'elemosina".
A percorrere a ritroso la sua vita – e a evocarne i maestri e compagni di strada – si capisce quanto la storia, in genere, sia governata da incidenti di percorso, quasi come nei romanzi di Milan Kundera, con cui Liehm ha lavorato per anni. E anche quanto complesse fossero le ragioni per cui certi intellettuali avevano aderito al comunismo, per poi restarne schiacciati.
Nato a Praga, figlio della borghesia – il padre era avvocato – nel 1946 Liehm entra a far parte della redazione della rivista Kulturni Politika, diretta da Emil Burian. Burian all'epoca è una leggenda vivente, un artista poliedrico, uomo raffinato, il comunista che negli anni Trenta aveva introdotto a Praga il teatro d'avanguardia, fra futurismo, dadaismo e via elencando. Prigioniero dei lager nazisti, viene riportato a casa da Neuengamme nel maggio 1945, grazie al fatto che su un tram Liehm era venuto a sapere che il suo mentore era in fin di vita in quel luogo, appena liberato dagli Alleati. Nel 1949, la rivista viene chiusa. La colpa: la pubblicazione di un testo satirico, Amore comunista. Liehm è grato al destino e all'abilità di Burian per non essere finito in prigione.
Nel 1961 viene assunto nel giornale Literární Noviny, poi ne prende le redini, facendone la fucina di un nuovo modo di far cultura e pensare il mondo, per chiudere i conti con il periodo stalinista che in Cecoslovacchia durò più che altrove. Vi collaborano, oltre a Kundera, Václav Havel, Eduard Goldstücker, tanti altri fra scrittori, critici e filosofi, teorici alcuni del "socialismo dal volto umano", altri semplicemente anticomunisti democratici.
Quel mondo ribelle, nel tentativo di ricongiungersi con l'Occidente, produce negli anni Sessanta una serie di romanzi bellissimi, riscopre Kafka (proibito dagli stalinisti) e trasforma il cinema in uno strumento di critica sociale ma anche di stile, basti pensare ai registi come Milos Forman o V?ra Chytilová (che scosse il paese con la feroce satira contro il potere Le margheritine). Insomma, se la Primavera di Praga ha luogo, il merito non va solo ai riformatori nel Partito ma anche all'ambiente degli intellettuali e degli artisti che forgia un linguaggio nuovo. E del resto, il capo del partito Aleksander Dub?ek sale allora al potere per un errore di calcolo di Leonid Brežnev, che lo crede un uomo capace di frenare i ribelli.
Finito in Occidente dopo l'invasione sovietica, Liehm avrebbe continuato, pervicacemente, a fare cultura. Qualche anno fa, il rientro nella sua Praga. L'ultimo desiderio: ha chiesto che le sue ceneri siano sparse nell'Oceano davanti alle coste della Bretagna.
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