ROMA – «Non vogliamo sfidare Amazon Prime o Netflix, ma pensiamo di poterci confrontare allo stesso livello. Con una ambizione in più, visto che siamo l’operatore più diffuso al mondo, presenti in oltre 200 Paesi. Partendo dagli Stati Uniti abbiamo saputo svilupparci anche a livello locale, con una serie di mercati che sono diventati più importanti di altri. E l’Italia è uno di questi».
Dal 5 gennaio, sulle tv farà la sua comparsa una nuova piattaforma streaming a pagamento: Discovery+ o Plus che dir si voglia. Come spiega l’amministratore delegato per l’Italia Alessandro Araimo a Repubblica, l’obiettivo non sarà più avere una base di audience ma una base di abbonati. L’Italia è uno dei Paesi in cui il network investirà di più, forte della sua crescita che in dieci anni l’ha portata dallo 0,4 all’8% di market share, terzo player televisivo dopo Rai e Mediaset. Una crescita che tradotta in numeri significa 278 milioni di ricavi (dati 2019) e un utile di 16,7 (mentre i dipendenti sono 230).
Araimo, cosa cambia per lo spettatore?
«Non ci sarà più l’offerta Dplay, ma un’offerta premium sotto il cappello di Discovery+, con molti contenuti originali. Ci saranno nuove produzioni che arriveranno dagli Stati Uniti ma allo stesso tempo ci saranno produzioni pensate espressamente per l’Italia e realizzate nel nostro Paese. Chi sottoscrive l’abbonamento le avrà in anticipo rispetto ai canali free e senza le interruzioni pubblicitarie».
Tra i format per il pubblico italiano c’è una versione locale di Matrimonio a prima vista, di Love Island e di una trasmissione come Naked attraction, che ha avuto un grande successo a livello mondiale: una sorta di appuntamento al buio in cui ci si presenta prima nudi che vestiti. A che tipo di pubblico vi rivolgete?
«Siamo partiti da un ragionamento di tutta evidenza. Il mondo di Amazon Prime, di Neflix è ancora prettamente maschile, mentre il pubblico femminile è predominante nella televisione lineare, ad esclusione dello sport e del calcio. Questo perché non è mai stata pensata una vera programmazione premium che parli al pubblico femminile. Del resto, molto dei nostri format, sia negli Usa come in Italia, sono rivolti al mondo della donna. Tra le nuove proposte c’è, per esempio, “Ti spedisco in convento Italia”, dove un gruppo di giovanissime si trova a convivere con le religiose senza più la possibilità di usare smartphone, di farsi selfie, di passare la giornata sui social. Un esperimento di psicologia sociale che può dire molto di questo periodo».
Non si rischia l’intasamento delle piattaforme a pagamento, non si potrà abbonarsi a tutte.
«Non pensiamo di andare a una battaglia frontale contro Netflix o Disney: hanno un posizionamento e un modello di business oggi inattaccabile. Riteniamo che Discovery possa essere complementare: ha un posizionamento sulla tv di intrattenimento con una sua offerta precisa, come abbiamo detto rivolta al pubblico femminile, ma che strizza l’occhio a quello maschile. Tenendo conto che nei pacchetti rimane la nostra offerta di Eurosport anche in questo caso complementare a calcio, Formula 1 e MotoGp».
La tv, sia generalista che nel modello streaming è stata tra i vincitori del lockdown. Finita l’emergenza, quale sarà il modello vincente?
«Penso che i due modelli proseguiranno paralleli: nel lockdown sono cresciute le Ott, ma anche le tv lineari. Del resto, in Italia la tv è ancora estremamente rilevante: ci muoviamo verso le piattaforme streaming perché sono quelle che hanno il potenziale di crescita più rilevante. Quindi, ci sarà un sistema ibrido in cui la non linearità è destinata gradualmente a crescere un po’ di più. Con Discovery+ saremo presenti su più piattaforme a cominciare da TimVision».
Quanto volete crescere?
«Oggi, se sommiamo tutto il nostro mondo a pagamento abbiamo alcune centinaia di migliaia di abbonamenti. Dovremo essere bravi, perché in qualche modo ci dovremo reinventare: dobbiamo passare da una base che ti guarda a una base che ti paga. Dal nostro punto di vista passiamo dal generare ascolti al generare anche una sottoscrizione. Sarà un passaggio per nulla banale, ma siamo convinti che ci sia spazio».
Repubblica ha raccontato di un dossier di Discovery per un matrimonio con Mediaset.
«Se anche ci dovesse essere un dossier, passa direttamente dal quartier generale in America»Original Article
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