ROMA – “La politica affaristica e clientelare è una dimensione da cancellare, ma invece la “buona” politica, come espressione alta dell’interesse per i beni comuni e la vita collettiva, ci riguarda tutti”. E, in questa accezione, “non va demonizzata”. Il neo presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia dà a Repubblica la sua prima intervista. In cui descrive il futuro impegno dell’Anm sulla questione morale. E invita i colleghi a seguire le regole della Costituzione “nell'intera dimensione della vita professionale”.
giustizia
di
Liana Miella
Appena eletto lei ha citato la Costituzione, di cui le toghe sarebbero “le interpreti”. Ma al contempo, dopo il caso Palamara, lei vede la questione morale esplosa nella magistratura, tant’è che bisogna “ricostruire un tessuto etico nei comportamenti dei giudici”. Non c’è contraddizione?
“Invece il legame c’è, ed è evidente. Gli ultimi casi sulla questione morale – non mi piace riferirmi a singoli nomi – sono una deviazione rispetto ai valori che sono l’essenza della giurisdizione. Da quell'esperienza dobbiamo venir fuori con l’accertamento delle responsabilità individuali, e qui il compito è soprattutto dei processi, anche disciplinari. All’Anm spetta principalmente la responsabilità di costruire un nuovo contesto di relazioni tra l’associazionismo e il Csm. Liberando l'uno e l'altro dai condizionamenti reciproci, che hanno guastato quella stagione”.
Quindi i giudici restano, a tutti gli effetti, “interpreti della Costituzione”?
“I magistrati si confrontano ogni giorno con i principi della Carta. Li mettono in pratica con il loro lavoro e devono ricordarsi sempre che questo compito non si esaurisce nel fare i processi e nello scrivere le sentenze, ma riguarda il comportamento complessivo. Sono convinto – fermo restando il dovere di chiarezza sui gravi recenti episodi – che nella grande maggioranza dei casi non ci sia stato, per un collegamento automatico, un inquinamento della funzione. È però necessario che i magistrati si attengano ai doveri di assoluta correttezza in tutti i loro comportamenti”.
Però il monito del presidente Mattarella, che risale addirittura al giugno 2019, era quello di spezzare definitivamente “le inammissibili commistioni tra politica e magistratura”. Su questo non è rimasto tutto com’era?
“Quel monito conserva intatto il suo valore. Ma dobbiamo intenderci su che cos’è la politica. Senza far prevalere un’accezione negativa. La politica affaristica e clientelare è una dimensione da cancellare, ma invece la “buona” politica, come espressione alta dell’interesse per i beni comuni e la vita collettiva, ci riguarda tutti. Non avrebbe altrimenti senso la composizione mista del Csm. Se il Costituente avesse voluto metterci al riparo dalla politica avrebbe fatto la scelta opposta. Non l’ha fatta perché le prassi della cattiva politica possono insinuarsi anche più agevolmente quando una corporazione, come la magistratura, si chiude al suo interno e trasforma il suo profilo tecnico in uno schermo per coltivare logiche devianti”.
Lei ha lavorato al ministero della Giustizia come direttore dell’ufficio legislativa con l’ex Guardasigilli Andrea Orlando. Per questo parla bene della politica?
“Io vado fiero di quegli anni passati in via Arenula. Anni di grande arricchimento professionale. Ho ricoperto un incarico che, benché fuori ruolo, era pienamente immerso nei temi della giurisdizione. Con in più il vantaggio di poterne vedere la complessità da un osservatorio privilegiato. Sarebbe del tutto riduttivo e fuorviante attribuirmi un giudizio positivo sulla politica solo per questa esperienza. Fuori dalla buona politica non esiste democrazia. Dirò di più, si rischia la crisi dell’assetto dei valori su cui ogni magistrato presta il suo giuramento, cioè la Costituzione”.
Lei ha lavorato anche al Csm come magistrato dell’ufficio studi, quindi conosce bene l’ambiente. Ammetterà che basta dare un’occhiata alle nomine per vedere che gli accordi sotto banco ci sono…
“Sono consapevole che a volte le decisioni del Csm, organo composito e plurale, possano esser state, in materia di nomine a incarichi direttivi, il risultato di intese per così dire al ribasso, che hanno perso di vista il fine istituzionale di assicurare il miglior funzionamento degli uffici. Ma questo non mi porta a dire che il Csm, per come è strutturato, non conservi la necessaria autorevolezza per assicurare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Francamente non vedo un altro modello possibile, né mai è stato proposto….”.
E allora l’ipotesi del sorteggio sostenuta da quelli di Articolo Centouno?
“Nel nostro programma di giunta ci siamo impegnati a studiare, senza pregiudiziali, ogni possibile soluzione di riforma da offrire al pubblico dibattito. Ma, se vuole il mio personale parere, allo stato il sorteggio sarebbe una resa al caso per una istituzione che, pur con i momenti di crisi, non merita una fine così triste. Con queste parole non chiudo gli occhi di fronte alle degenerazioni passate e al pericolo che possano ripetersi nel futuro. Ma sono altri i mezzi per contrastarle”.
Appena qualche giorno fa il vice presidente del Csm David Ermini ha detto che con le chat bisogna fare tuttora i conti. Vanno lette, analizzate, individuate le storture nei comportamenti. Queste chat sono note da otto mesi. Non siamo in netto ritardo su questa analisi?
“Non metto bocca sui tempi del Consiglio, anche perché non ne conosco i lavori. Per quanto ci riguarda, ricordo che la giunta Poniz aveva già avviato un serio accertamento, e l'attuale proseguirà in quella direzione”.
Come giudica le parole del procuratore generale Salvi che, nei criteri per le azioni disciplinari, esclude che l’auto promozione possa essere una colpa?
“Convengo sulla sua scelta di dover distinguere il livello della rilevanza disciplinare dei comportamenti da quello della inosservanza dei profili di deontologia professionale. Codice disciplinare e codice etico non si identificano. Questo è il nucleo centrale, da me condiviso, del programma di azione della procura generale. È compito dell’Anm vigilare e intervenire sulle violazioni del codice etico”.
Le correnti. Non c’è alcun dubbio sul fatto che sono vive e vegete. Lo dimostra lo scontro durissimo di questi due mesi sulla presidenza. Ammetterà che la questione è molto delicata: Magistratura indipendente, coinvolta nel caso Palamara, ha posto un veto su una nuova presidenza di Luca Poniz che era stato troppo duro, secondo Mi, proprio sullo scandalo sollevato dalla procura di Perugia. Eppure adesso Mi è nella sua giunta. Questa non è una contraddizione?
“Se si tratta di una contraddizione saranno loro a doverne dare conto. Io guardo avanti e vedo che, per quanto riguarda l'Anm, quella contraddizione è già stata sciolta da una decisione di altissimo profilo fatta da Luca Poniz, a cui si deve il merito di una giunta unitaria…”.
Scusi, ma che c’entra il sacrifico di Poniz, che comunque si è fatto da parte perché lo ha preteso Mi?
“Poniz ha colto che sul suo nome si era creato uno stallo, oggettivamente incomprensibile. Francamente non ho capito quale fosse il significato politico del no a Poniz, visto che anche la nuova giunta ripropone la centralità della questione morale, affrontata dalla precedente quando il caso è esploso”.
Il gruppo di Articolo Centouno, con i suoi 4 eletti, non l’ha votata e scrive oggi nel suo blog che le correnti la fanno tuttora da padrone. Come gli risponde?
“Se frequenteranno anche fisicamente, come sono certo che faranno quando sarà possibile, i lavori del Comitato direttivo, rivedranno le loro posizioni così fortemente critiche. Il mio impegno sarà anche quello di dialogare anche con loro”.
C’era la possibilità di eleggere alla presidenza una donna, la sua collega di gruppo Silvia Albano, oppure Alessandra Maddalena di Unicost. Le donne sono oltre la metà della magistratura. Perché questa ipotesi è stata esclusa?
“Innanzitutto parliamo di candidature diverse. Non ci sono state pregiudiziali di genere. Interpretazioni di questo tipo sarebbero del tutto sbagliate. È stato un confronto molto difficile in cui però non c’è stata un’esclusione pregiudiziale nei confronti delle donne”.
Per eleggervi hanno votato 6mila magistrati su 10mila. Dopo oltre cento anni di vita non vede una crisi di rappresentatività della stessa Anm?
“Vedo sicuramente una grande difficoltà dell’Anm, e proprio per questo sono convinto che se ne possa uscire solo con il contributo di tutti. Da qui è nata la necessità di una giunta ampia che raccogliesse tutte le sensibilità”.
Il Covid. Tragedia italiana ma disastro anche per la giustizia. Lei su che posizione è? I decreti di Bonafede di maggio e quelli di oggi non lasciano maglie larghe ai processi da remoto nel primo grado di giudizio. Sarà questa la prima controversia da affrontare con il Guardasigilli?
“Non parliamo di scontro. Il nostro sarà un confronto con il ministro della Giustizia perché siamo convinti che si possano fare i processi senza esporre al massimo rischio la salute di tutti quelli che li fanno. E questo obiettivo non può che essere condiviso da magistrati, avvocati e personale amministrativo”.
La magistratura onoraria, giudici di pace, Vpo, giudici onorari di tribunale, oltre 5.500 professionisti nelle cui mani passa almeno il 60% del contenzioso. Una sentenza civile di Napoli dice adesso che vanno parificati economicamente a voi ordinari. Bonafede dice di no proprio sulla base di un vostro documento. Lei come la pensa?
“La Costituzione prevede la figura dei magistrati onorari, ne traccia l’assetto, per cui è compito del legislatore garantire i loro diritti. Nessuno sfruttamento può essere tollerato, proprio in ragione dei principi costituzionali che ho premesso. La legge Orlando del 2016 aveva trovato una possibile soluzione, riconoscendo diritti e tutele in modo certamente migliorabile. Ma, parliamoci chiaro, è in gran parte una questione legata alle risorse finanziarie disponibili. L’Anm è consapevole che quelle risorse non erano adeguate e per questo la risposta di allora è stata insufficiente. Con le nuove risorse che arriveranno nell'ambito del Recovery Fund occorrerà metter mano alle scelte di allora”.Original Article
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