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Viola, una voce da Marte: “Tutto è nato tra i bauli del backstage”

"Un cielo Viola d'autunno, demodé. Toro contro Saturno, chissà perché". L'incipit della canzone che apre l'album di debutto di Viola Nocenzi traccia subito le coordinate del viaggio sonoro della cantante e musicista figlia del fondatore del Banco del Mutuo Soccorso, Vittorio. Un album che arriva in fondo a un percorso che ha già prodotto altre tracce, come il videoclip pubblicato su Emergenze sonore qualche anno fa. Ma il viaggio era iniziato molto tempo prima, quando da bambina Viola finiva in una flight case, uno di quei bauli nel backstage dei grandi concerti, da dove escono fuori amplificatori e strumenti. “Mi ricordo che non riuscivo a scendere – un flash dalla memoria della cantautrice – Il fatto è che vedevo mio padre sul palco e d’istinto volevo raggiungerlo”.
Una palestra del genere è stata fondamentale per capire come trasformare in musica gli stimoli esterni. “Alle elementari la maestra chiese di scrivere un tema dedicato alla mamma, io buttai giù una canzone – ricorda ancora l’artista – Non apprezzarono e mi misero una nota…”. E scherzando aggiunge: “Io la usai al pianoforte!”. A 18 anni Viola Nocenzi è salita sui palchi dei concerti didattici ideati da Vittorio per le scuole, una spettacolare macchina della cultura con Morricone, Cerami e molti altri nel comitato scientifico. “A volte c’erano anche mille coetanei di fronte, ma non ho mai avuto l’ansia da concerto… proprio perché in pratica ci sono nata”.

'Lettera da Marte', il debutto di Viola Nocenzi – videoclip

Però al Trentennale del Banco, quello dell’album live No Palco, le gambe hanno tremato. Vero?
“È stata l’unica volta, quasi vent’anni fa all’Ippodromo di Capannelle a Roma: ma c’erano decine di migliaia di spettatori. Per fortuna tra i tanti ospiti Mauro Pagani mi disse una formula magica: pensa al verde e vai tranquilla”.
Invece l’album che esce oggi vira su tutte le sfumature del Viola. Compresa quella siderale dello spazio che ci separa da Marte. Da dove arriva la “Lettera” del primo singolo.
“Il brano è nato da una poesia di Alessio Pracanica. Io ci ho messo la musica sopra, ma molti mesi dopo e senza far caso se la metrica era giusta per quelle parole… in pratica la canzone è nata per una coincidenza. Quasi una magia”.
In effetti la sospensione che il pezzo possiede evoca altre dimensioni e gioca con domande già entrate nella storia del rock (“C’è vita su Marte?).
“In un certo senso si parla di inconscio collettivo. Ovvero si può essere su Marte e da qualsiasi altra parte sulla Terra, contemporaneamente. Con la forza del pensiero. In questa come in altre canzoni con i testi di Alessio Pracanica è scaturita una collaborazione quasi telepatica: per esempio in Viola, nata al contrario: prima ho composto la musica, poi lui ha scritto le parole. Ma in realtà è stato un work in progress, una situazione fluida senza soluzione di continuità. Ed è un pezzo particolare, che come e più di altri mette a fuoco la mia parte spirituale che coabita con quella carnale.
La produzione artistica dell’album è firmata da Gianni Nocenzi. Che oltre a essere suo zio è parte della storica formazione del Banco del Mutuo Soccorso, solista con tre album di statura internazionale e… “inventore di suoni”. Cioè?
"Cioè per tanti zio Gianni ha creato suoni per l’Akai. E in questo disco ce ne sono alcuni mai utilizzati: mi ha fatto un grande regalo. Con lui mi sono trovata benissimo, è esigente come mio padre Vittorio. E dal punto di vista umano siamo estremamente legati. Ma sono sicura che non mi ha fatto sconti, altre volte gli avevo fatto sentire provini e non aveva mostrato interesse. Invece stavolta l’ho visto subito entusiasta. Vederlo al lavoro sulle frequenze, sui suoni è stato entusiasmante. Un’esperienza estremamente formativa. Il disco è frutto di una cura pazzesca: abbiamo usato molti microfoni diversi e persino un piano mezzacoda. Gianni ha anche suonato di persona piano elettrico, pianoforte e sintetizzatore. Oltre ad aver scritto le orchestrazioni degli archi”.Original Article

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