Per raggiungere le zero emissioni di gas serra entro il 2050, e limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi in più rispetto all’era preindustriale, siamo già all’ultima chiamata: bisogna aumentare da subito, e di molto, il peso del fotovoltaico e dell’eolico (inshore e soprattutto offshore) nel paniere globale dell’energia. È questo il risultato di uno studio – pubblicato su Nature Communications da ricercatori della Aarhus University danese e del Karlsruhe Institute of Technology (Germania) – dove si sono costruiti modelli ultradettagliati dell’attività dei settori dell’energia, del riscaldamento e dei trasporti, esplorando i vari scenari da oggi al 2050 per scoprire quelli che permettono il raggiungimento degli obiettivi climatici.
Per effettuare i calcoli – che tengono conto del consumo di energia elettrica in Europa ora per ora per i prossimi trent’anni – è stato necessario il supercomputer della Aarhus University. "Siamo partiti dal quantitativo massimo di CO2 che l’Europa può emettere per rientrare negli obiettivi climatici: ovvero 48 Gigatonnellate (il totale mondiale è 800)" spiega Marta Victoria, ricercatrice in sistemi fotovoltaici al dipartimento d’ingegneria dell’Aarhus University.
Gli scenari risultanti sono due: "Il primo è una transizione energetica verso le rinnovabili che parte presto e procede in modo regolare. Il secondo invece prevede una transizione che si attarda e poi deve recuperare drasticamente per decarbonizzare prima che arrivi il 2050" spiega l’esperta: "Il modello mostra chiaramente che la soluzione meno costosa è agire immediatamente: infatti nel primo scenario il costo complessivo sarebbe di 7.875 miliardi di euro, contro 8.238 miliardi di euro nel secondo scenario. Per non perdere tempo sarà necessario aumentare in pochi anni di più di 100 Gigawatt la produzione di energia solare ed eolica, e per raggiungere la totale decarbonizzazione sarà necessario alzare progressivamente i prezzi della CO2, fino a toccare un massimo di venti volte in più di quelli odierni (da 20 euro a tonnellata a 400 euro)".
Nel modello studiato in Danimarca è considerato anche l’apporto dell’idroelettrico e di una piccola parte di produzione di energia da gas, per fare fronte alle settimane di più intenso consumo energetico, come quelle invernali dei Paesi nordici. "Nei periodi in cui la produzione di energie rinnovabili è bassa e la domanda è intensa, una soluzione efficiente è quella del teleriscaldamento" spiega Victoria. "Con grandi serbatoi di acqua calda che alimentano da remoto le case". Ma per garantire un apporto regolare di energie rinnovabili, sempre più necessario quanto più rapidamente calerà la produzione di elettricità da fonti fossili, si possono mettere in campo – come evidenzia il report – strategie come quella che si usa già in Danimarca: riqualificare le vecchie centrali elettriche per trasformarle in “compensatori” capaci di erogare nei momenti di bisogno l’energia accumulata. Tra i fattori critici per il successo della transizione accelerata verso la decarbonizzazione, evidenziano i ricercatori, c’è il ridotto consenso sociale che l’eolico inshore, per ragioni di tutela del paesaggio, ha in alcune nazioni. Ma il modello elaborato all’Aarhus University mostra che potenziare l’eolico offshore – che peraltro oggi si può implementare anche su piattaforme galleggianti – è la soluzione ottimale. Tanto più che la Commissione Europea ha allestito un piano che prevede di incrementare di ben 25 volte la capacità eolica offshore nel Mare del Nord, nel Baltico, nell’Atlantico, nel Mediterraneo e nel Mar Nero.Original Article
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