Si ostinano a chiamarlo il Ferguson della Martesana, ma per Cesare Albè servono paragoni più a misura d’uomo. Meglio accostarlo a Guy Roux: 43 anni, di cui 39 consecutivi, ad insegnare calcio nel cuore della Borgogna, ad Auxerre. O, ancora meglio, paragonarlo a Roly Howard, un signore che ha allenato il Marine Fc dal 1972 al 2005, sedendo in panchina per ben 1975 volte. Per la cronaca il Marine è quella squadra di ottava divisione inglese (una sorta di nostra seconda categoria, dilettantismo puro), che ha conquistato l’accesso al turno più affascinante di Fa Cup, quello dei primi di gennaio, quando carneadi e campioni di affrontano e spesso ci scappa la sorpresa. La sorte gli ha messo di fronte il Tottenham di Mourinho, se non è una favola questa…
Albé di anni ne ha 26, anzi ne ha 70, ma da oltre un quarto di secolo lega il suo nome ad un altro nome, Giana Erminio. Era un sottotenente di Gorgonzola (in provincia di Milano) caduto in guerra nel 1916: la madre iniziò a sostenere materialmente la squadra, che per ricordare il figlio ne assunse il nome. Giana Erminio, una squadra con l’entusiasmo del calcio amatoriale che ogni tanto si risveglia tra i professionisti. Ora è in serie C e lotta per rimanerci. Bassifondi della classifica, ma c’è stata una reazione dopo tre sconfitte consecutive. Ora il rendimento è alterno, anche se la prossima gara, sul, campo del Renate capolista, è assai tosta. Del resto, se una federazione come quella di Germania ha confermato il ct Loew dopo un 6-0 beccato in Spagna, lo storico presidente Oreste Bamonte non ha voluto essere da meno nonostante un 4-0 a Vercelli. E questo mentre lo stesso Albé dopo una gara peraltro vinta, aveva annunciato a breve l'arrivo di un nuovo tecnico: “Finché sarò io in carica Albè resta alla guida della squadra, è il migliore allenatore che ho conosciuto in 40 anni di calcio”.
“Loew è un giovanotto, io ho 70 anni e starei a casa volentieri. Avevo lasciato già 3 anni fa per problemi di salute. Ma poi tra incarichi vari eccomi i nuovo qui”.
Mister Albè, certo che questo accostamento a Ferguson…
‘’Ma no dai. Io sono stato un mediocre giocatore ed ho iniziato allenando dalla terza categoria quando avevo 30 anni. Però è vero che sono anche una sorta di manager, vado a vedere i giocatori personalmente e se serve mi scontro anche con i presidenti. Bamonte ad esempio uno se costa troppo mi risponde che non è adatto al nostro gioco”.
Un tuttofare insomma. Ma quando c’è da giocare punta più sulla tattica o sull’istinto?
‘’Sull’istinto. E poi nasco in un altro calcio., quello del libero, del marcatore, la difesa e il contropiede. Il segreto è un altro, ed è quello di saper soffrire. Se non si ha quella qualità c’è poco da fare tattica’’.
Ci sarà un modello che l’ha ispirata..
“Nereo Rocco, il modo di parlare, il mettere davanti a tutto la squadra e farla percepire come una famiglia allargata. Rocco vinceva trattando i suoi giocatori come figli, ma del resto vinceva anche Herrera, che pure aveva metodi diversi. Portando il discorso ai giorni nostri, diciamo che se fossi un buon giocatore renderei al cento per cento con Ancelotti, mentre avrei qualche problema con Conte”.
Capello ha raccontato che persino il Liedholm venne alle mani un paio di volte con dei giocatori. Le è mai capitato?
“No. A me capita di portarmi a casa il lavoro. Se vedo un ragazzo scontento, se non riesco a fargli rendere il massimo in campo, è la mia sconfitta più grande. I bravi sono bravi comunque, ma un ragazzo di campagna, timido, va preso con calma. Di calcio alla fine ce intendiamo tutti, ma non esiste solo il 4-3-3 o il 3-5-2. E poi pressing e ancora pressing. Una volta all’oratorio dopo l’Ave Maria la prima cosa che ti insegnavano era come stoppare la palla”.
Il grande calcio paradossalmente lo ha vissuto quando ha fatto il corso di Coverciano?
“L’ho fatto a 63 anni, gli altri ‘allievi’ erano tutti ragazzi dell’età dei miei figli. Ho un piacevole ricordo di Gattuso. Gli dicevo di sentirmi fuori posto, e lui mi rispondeva che la stessa sensazione l’aveva provata appena arrivato al Milan in mezzo a tanti campioni’’.
Coverciano, mica male per uno che ha curato pure l’erba del campo…
“Nasco nella squadra Pierino Ghezzi, dalla terza alla prima. Si curava il campo, si lavavano gli spogliatoi. E così anche con il Cassano ‘D’Adda, portato dalla prima categoria alla D. Ci vuole umiltà. Anche se sono del Milan, quando ero ragazzino andavo a vedere il ritiro estivo dell’Inter a San Pellegrino. Suarez si portava la borsa e si puliva gli scarpini da solo. Ed aveva già vinto un Pallone d’Oro…”
Qualche campione lo ha allenato?
“Quello che ha fatto e sta facendo meglio è Augello della Sampdoria, anche se poi arrivare dipende da tante cose. Le faccio un altro nome. Manconi, un attaccante classe ’94. Ora sta all’Albinoleffe, per me dovrebbe giocare a San Siro”.
In questo calcio quale è la cosa che le piace di meno?
“Si stanno perdendo i derby di paese. E’ assolutamente necessario non smarrire il patrimonio del calcio dilettantistico”.
Mentre il calcio del futuro lo potrà insegnare ai nipoti
“Porto ad esempio il più piccolo. Ha sette anni e mi sa dire tutto dei pianeti, ma il pallone proprio non gli interessa. Stessa cosa per i miei figli, a casa mia il calcio proprio non attacca…”Original Article
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