Stop alla procedura semplificata per lo smart working? Sarebbe un grave errore perché il lavoro agile al quale abbiamo fatto ricorso in massa con la pandemia "non va visto come un'opzione solo legata all'emergenza sanitaria, ma come una concreta opportunità di cambiamento innovativo per il nostro paese. Per questo motivo di fondo, ma anche per dare tempo alle imprese di pianificare le condizioni di prosecuzione delle attività produttive in un quadro certo, che consenta di contemperare le esigenze lavorative, organizzative e di tutela della salute, facciamo appello al Governo e alle istituzioni affinché considerino l'opportunità di confermare le semplificazioni normative non solo per tenere conto della necessità per le imprese e i lavoratori di avere il tempo di pianificare le condizioni di prosecuzione delle attività produttive in un quadro certo che consenta di contemperare le esigenze lavorative, organizzative e di tutela della salute, ma anche per aprire un percorso strutturale per l'implementazione dello smart working, indirizzato a innovare l'economia su standard organizzativi e tecnologici più elevati e performanti".
Così Cesare Avenia, presidente di Confindustria Digitale, aprendo oggi i lavori del webinar organizzato insieme alla Luiss Business School sul tema "Leadership e gestione remota nella nuova impresa digitale" a cui sono intervenuti Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School, Laura Di Raimondo, direttore Assotelecomunicazioni-Asstel, Massimo Giordani, presidente "Associazione Italiana Sviluppo Marketing, Guelfo Tagliavini, consigliere Federmanager, Stefano Venturi, presidente Steering Committee Competenze e capitale umano Confindustria Digitale.
Durante il webinar sono stati presentati i risultati della ricerca, "Lo Smart working durante la pandemia Covid-19", condotta da Luiss Business School che ha analizzato l'esperienza dello smart working vissuta durante il lockdown per verificarne l'impatto e le prospettive future. Dalla ricerca, che ha visto il coinvolgimento di 451 professionisti con un'età media di 36 anni e di cui il 70% dichiara di essere un dipendente o un collaboratore, è emerso un quadro di luci e ombre. Da un lato, la maggioranza assoluta (66%) ha trovato lo smart working efficace in termini di produttività lavorativa, riuscendo a svolgere da casa tutti i compiti assegnati, d'altro canto si è registrato un 28% del campione che ha riconosciuto di non aver mantenuto i livelli di produttività consueti, percentuale che sale al 38% per la categoria dei liberi professionisti. I partecipanti alla ricerca hanno evidenziato numerosi benefici legati allo smart working, anche legati al work-life balance: il maggior tempo dedicato alla famiglia primeggia infatti come beneficio più condiviso dell'esperienza di smartworking, seguito dal minor stress. Di converso, la mancanza di relazioni sociali è stata la conseguenza negativa più sentita, seguita dalla riduzione delle opportunità di avanzamento e di carriera.
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