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Rivincita Schwazer, il pm: archiviare le accuse di doping

ROMA. Alex Schwazer è stato squalificato per doping ma l'accusa penale per doping va archiviata. All'osso, la questione è la seguente: c'è una provetta di urina che contiene testosterone e sulla base di quell'urina, prelevata a Capodanno del 2016, il campione di marcia ha chiuso la carriera; però ora c'è un magistrato che, dopo quattro anni di indagine, ritiene che l'accusa per doping contro Schwazer sia da archiviare. "Gli elementi raccolti non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio sotto il profilo della materialità del reato e della sussistenza del fatto". Come si tengono insieme le due cose?
La richiesta di archiviazione del procedimento per frode sportiva aperto nel giugno del 2016, depositata dal procuratore capo di Bolzano Giancarlo Bramante, non chiude affatto il "giallo Schwazer". Anzi, se può, lo amplifica. Il marciatore altoatesino e il suo allenatore Sandro Donati, infatti, sostengono di essere vittime di un complotto ordito da chi, negli organismi che governano l'atletica italiana e mondiale, non voleva che il ragazzo tornasse a vincere proprio alle Olimpiadi di Rio. E la valutazione del pm, che giudica l'intera vicenda "connotata da elementi di opacità", va in questa direzione, anche se non in maniera così decisa come speravano. Vediamo perché.
Bramante è convinto che la tracciabilità della provetta "non appare in linea con il necessario anonimato dell'atleta", avendo scoperto che sulla fiala era riportato il nome del paese di nascita di Schwazer. Inoltre la presenza nel laboratorio di Colonia, dove quella provetta era conservata, di una quantità di urina superiore a quella dichiarata "non collima con le affermazioni agli atti". Però le concessioni alla versione del complotto, sostanzialmente, si fermano qui, perché poi scrive che quest'ultima anomalia "non è prova della interruzione della catena di custodia, mancando qualsiasi indizio di manomissione, atteso che il relativo contenitore non è stato consegnato al perito". E, ancora, se da una parte riconosce che "il dato anomalo della concentrazione di Dna pone alcuni interrogativi", dall'altra sottolinea come nel novero delle ipotesi "rimane l'astratta possibilità che l'assunzione di sostanza dopante possa incidere sulla concentrazione di dna".
Per Bramante la tesi della manipolazione delle provette "non appare allo stato corroborata da elementi concreti", ed è "meramente ipotetica o congetturale". Una riga dopo, però, lascia aperta la porta all'ipotesi della macchinazione, rimandandola all'esito di un altro procedimento parallelo aperto dalla procura di Bolzano, originato dalla denuncia di Schwazer contro ignoti, ancora in fase di indagini preliminare e che attende di avere i riscontri dalle autorità giudiziarie estere di molteplici European investigation orders inviati dal pubblico ministero italiano. "È chiaro che l'acquisizione di potenziali nuovi elementi potrebbe condurre a conclusioni più pregnanti e fondanti la tesi dell'atleta", chiosa Bramante.
Sandro Donati a Repubblica commenta: "La richiesta di archiviazione è la prima grande sconfitta della parte offesa, cioè le federazioni e l'Agenzia antidoping. Ora aspettiamo fiduciosi un giudizio approfondito del gip Walter Pelino, che conosce gli atti di quattro anni di indagine".Original Article

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