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Raee, non basta smaltire correttamente. Il problema è il recupero dei metalli preziosi

Secondo stime elaborate da Enea, dal trattamento di 1 tonnellata di schede elettroniche (quelle presenti in tutti i dispositivi: Pc, tablet, smartphone e elettrodomestici di nuova generazione) è possibile ricavare 129 kg di rame, 43 kg di stagno, 15 kg di piombo, 0,35 kg di argento e 0,24 kg di oro, per un valore complessivo di oltre 10 mila euro (al prezzo attuale di mercato). Nel solo 2019 (i dati del 2020, ancorché previsionali, non sono ancora interamente disponibili) sono stati raccolti in Italia oltre 343 mila tonnellate di rifiuti elettronici (dati Centro Coordinamento RAEE), corrispondenti a circa il 43% dei RAEE complessivi. Ma questo ha come risvolto della medaglia che circa il 57% dei RAEE viene smaltito ancora con percorsi alternativi (come la discarica o l'esportazione all'estero) che non garantiscono rispetto dell'ambiente né tantomeno un'efficace e strategica gestione delle risorse.
Questo è il nodo principale ancora da sciogliere, perché il recupero dei metalli rari permetterebbe al nostro paese di fare a meno di una consistente quota di importazione. "I RAEE rappresentano una fonte di materie prime che potrebbe affrancare il nostro Paese e l'Europa dalle importazioni provenienti da Cina, Africa e Sud America", spiega Danilo Fontana, primo ricercatore del Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali di Enea. "Purtroppo, finora in Italia il settore nazionale del riciclo si ferma al trattamento iniziale – cioè il processo meno remunerativo – lasciando a operatori esteri, in particolare del Nord Europa, il compito di recuperare la parte 'nobile' del rifiuto", aggiunge Fontana.

D'altro canto, a partire dal 2019, la direttiva 2012/19/EU che regolamenta il settore dei rifiuti elettrici ed elettronici impone il raggiungimento di un target di raccolta dei RAEE pari al 65% (era al 45% nel triennio 2016-2018); questa percentuale comprende non solo schede elettroniche, ma anche carte di credito con chip, biciclette con pedalata assistita, prese elettriche multiple e tutte le tipologie di prolunghe, tende e chiusure elettriche, montascale per disabili e apparecchiature di automazione per cancelli.
Il recupero dei metalli nobili, quindi, diventa un tema prioritario anche rispetto allo stesso conferimento in discariche autorizzate dei rifiuti elettronici. In questo senso, molte aziende del settore stanno avviando attività ormai non più solamente sperimentali, per raggiungere l'obiettivo di un riciclaggio fino al 95% di questi componenti. Così, un gruppo di ricercatori ENEA ha messo a punto ROMEO, il primo impianto pilota in Italia per il recupero di materiali preziosi da vecchi computer e cellulari attraverso un processo a "temperatura ambiente" e senza pretrattamento delle schede elettroniche.
ROMEO (Recovery Of MEtals by hydrOmetallurgy) ha una resa del 95% nell'estrazione di oro, argento, platino, palladio, rame, stagno e piombo da rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Si trova presso il Centro Ricerche Casaccia, a nord di Roma, l'impianto pilota utilizza un processo idrometallurgico brevettato Enea, che consente una drastica riduzione dei costi energetici rispetto alle tecniche pirometallurgiche ad alta temperatura. Le schede elettroniche sono trattate senza essere sottoposte a un processo di triturazione, mentre le emissioni gassose vengono trattate e trasformate in reagenti da impiegare nuovamente nel processo stesso, minimizzando in questo modo impatto ambientale e produzione di scarti. Inoltre, è caratterizzato da modularità e flessibilità che consentono di trattare anche piccole quantità di rifiuti e di scegliere il grado di purezza del metallo recuperato in funzione delle esigenze di mercato.
"Con ROMEO vogliamo stimolare la creazione di una filiera nazionale completa per il recupero di metalli preziosi da RAEE", aggiunge Fontana. "Ora il nostro obiettivo è di trasferire all'industria questa tecnologia affinché, attraverso l'introduzione di processi eco-innovativi, si possa completare la filiera del ciclo di trattamento dei rifiuti per far rimanere sul territorio materie prime strategiche, come oro, terre rare, magnesio e cobalto, con tutti i benefici che ne conseguono in termini occupazionali, economici e sociali. Ma con il nostro impianto guardiamo oltre: stiamo testando nuovi processi tecnologici per l'estrazione di materiali ad alto valore aggiunto da diverse tipologie di rifiuti, come magneti permanenti, batterie al litio a fine vita, sottoprodotti industriali, ceneri e catalizzatori esausti", conclude Fontana.
In campo non c'è solo l'Enea. Recuperare integralmente metalli preziosi e terre rare da materiali elettronici (RAEE) guasti, inutilizzati o obsoleti e dunque destinati all'abbandono, in un processo virtuoso ad emissioni zero. È questa l'attività condotta da Re.Me.Te., startup del Politecnico di Torino fondata dagli Ingegneri Marco Allegretti e Antonio Dirita, insieme ai professori Giovanni Perona e Luigi Gilli dello stesso Politecnico. L'idea alla base della startup discende da un'analisi compiuta sulle quantità di rifiuti RAEE prodotti a livello globale, i quali toccheranno i 56 milioni ton/anno nel 2020, di cui ben 12 milioni ton/anno saranno imputabili ai soli Paesi dell'Unione Europea. Ogni tonnellata contiene circa 200 grammi di oro e, allo stato attuale, solo il 14% di tale materiale nobile viene recuperato a fine ciclo di vita dei vari prodotti elettronici. Tali dispositivi non sono naturalmente biodegradabili e nel loro degradarsi, rilasciano sostanze tossiche nell'ambiente circostante. Questi prodotti andrebbero perciò trattati diversamente e destinati al recupero differenziato dei materiali di cui sono composti, quali rame, ferro, acciaio, alluminio, vetro, argento, oro, platino, palladio, piombo e mercurio, evitando così uno spreco di risorse che potrebbero essere reimpiegate per la fabbricazione di nuovi dispositivi.
Come appena citato, ogni anno vengono conferiti in discarica anche elevati quantitativi di metalli preziosi (principalmente contenuti nelle schede elettroniche montate su RAEE), la cui richiesta sul mercato globale è però in costante crescita, come testimonia il superamento del quantitativo di 250.000 tonnellate metriche di oro a fine 2010, quantitativo in forte crescita negli ultimi dieci anni. Un significativo pericolo ambientale accompagna tali attività estrattive, sia in termini di depauperamento di risorse finite e non rinnovabili, sia per la necessità di realizzare gallerie e miniere a cielo aperto oltre che per l'uso di reagenti chimici altamente inquinanti, come il mercurio o i sali di cianuro.
La startup del Politecnico di Torino ha così avviato un processo di recupero di platinoidi e terre rare dalle schede disassemblate da RAEE, quali, appunto, tablet, pc, smartphone e schede elettroniche inserite nei più comuni elettrodomestici presenti nelle nostre abitazioni. Il recupero avviene senza termovalorizzazione ad elevati gradienti di calore (i cui costi energetici sarebbero elevati e che potrebbero portare a ulteriore emissione di inquinanti), ma tramite arricchimento, con un processo innovativo di fatto a emissioni zero, sia in atmosfera, sia in acque superficiali. Il processo prevede inoltre che tutti i reagenti utilizzati siano recuperati e riciclati. Il sistema fa una sintesi dei due principali processi di trattamento oggi in uso, quello termico, (pirometallurgia) e quello umido (idrometallurgia). Contemporaneamente, consente di trattare materiale misto sia con un procedimento ad umido, appunto, sia a pressione atmosferica e a temperature non elevate tali da produrre emissioni inquinanti.
Altre aziende, come detto, si stanno orientando a intervenire non solo nello smaltimento dei rifiuti elettronici, ma soprattutto nel recupero dei metalli preziosi presenti in essi, scindendo, ad esempio, i metalli "normali" (rame, ferro, stagno, etc) da quelli che, invece, rappresentano nella catena di produzione dei nostri device, il costo più alto non solo in termini di valore di mercato, ma anche e in particolare per quello di importazione e di pericolo per l'ambiente, sia nel processo di dismissione dei prodotti hi-tech, sia in quello di produzione.
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