Se lo chiedeva già Shakespeare nel ‘500! «Per tutte le violenze consumate su di lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le sue ali che avete tarpato, per tutto questo: in piedi, signori, davanti a una donna!». Certo è il colmo che ci debba essere una Giornata mondiale contro la violenza sulle donne; d’altra parte se c’è, vuole dire che ce n’è ancora, purtroppo, bisogno! È stata l’assemblea dell’Onu nel 1999 a scegliere questa data in ricordo del sacrificio delle sorelle Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leónidas Trujillo nella Repubblica Domenicana. Serve tornare indietro al 1960. Il 25 novembre di quell’anno, dopo essere stata fermate per strada mentre si recavano in carcere a far visita ai mariti, furono picchiate e gettate in un burrone dai loro carnefici, che cercarono di far passare quella brutale violenza per un incidente. All’opinione pubblica fu subito chiaro che le tre donne erano state assassinate: erano conosciute come attiviste del gruppo clandestino Movimento 14 giugno, inviso al governo. Nel 1981 è avvenuto il primo incontro internazionale femminista delle donne latinoamericane e caraibiche, nel 1993 la Dichiarazione di Vienna ha riconosciuto la violenza sulle donne come fenomeno sociale e infine nel 1999 il 25 novembre è diventato il giorno del ricordo. Il simbolo sono le scarpe rosse abbandonate in tante piazze, ideato nel 2012 dall’artista messicana Elina Chauvet con l’opera Zapatos Rojos, ed è diventato uno dei modi più popolari per denunciare i femminicidi. L’installazione è apparsa per la prima volta davanti al consolato di El Paso in Texas per ricordare le centinaia di donne uccise nella città messicana di Juarez.
Michele De Luca
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Grazie gentile Michele, il sapere, il conoscere, soprattutto in questo momento, ci possono aiutare tanto. Per la verità, la bella poesia che ha ricordato forse non è di Shakespeare. Ma, di chiunque sia, il suo autore ha capito, ed espresso bene, l’ingiustizia, la stupidità, la crudeltà verso le donne. La decisione dell’Onu, secoli dopo, ha specificato il senso politico della violenza verso le donne, con la scelta di quell’episodio degli anni Sessanta: tre donne ammazzate per il bisogno di libertà loro e di un intero popolo. L’idea poi delle scarpette rosse abbandonate non poteva essere che di una donna, l‘immagine della violenza contro il potere della bellezza, della grazia, dell’amore. A Milano, da tempo, c’è una grande parete su cui sono appese centinaia di bambole, ogni bambola una donna assassinata, ogni anno sempre più bambole: ogni volta che passo da quella strada provo la desolazione di un assurdo destino che non si riesce a cancellare, che nulla frena. Celebriamo una giornata speciale, a ogni assassinio deprechiamo e l’informazione si scatena, si minacciano punizioni sempre più dure, migliaia di esperti dicono la loro sul perché e sul come. E il giorno stesso la violenza si ripete, come quest’ultimo 25 novembre, in cui due uomini in due diverse regioni hanno ammazzato la loro compagna.
Sul Venerdì del 4 dicembre 2020Original Article
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