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Lo smartphone ricondizionato fa bene all’ambiente: meno e-waste e portafoglio più leggero

NEGOZIETTI specializzati, che in realtà si occupano soprattutto di ricambi e assistenza, ma soprattutto piattaforme online. Il crescente business dei ricondizionati passa soprattutto da siti come Trendevice, BlackMarket, Refurbed, Rebuy, Swappie, Ricompro, Joojea, riCompro e nuovi sbarchi in Italia come il francese CertiDeal. Ma anche dalle sezioni dedicate dei colossi dell'e-commerce e delle catene di tecnologia, da Amazon a eBay o ePrice passando per MediaWorld, fino a quelle sui siti degli stessi produttori come Apple. Ma cos'è uno smartphone ricondizionato? E quali vantaggi porta all'ambiente (e al portafoglio) sceglierlo al posto di uno appena uscito dalla fabbrica?

Refurbed, sbarca in Italia la startup del riuso hi-tech

Simone Cosimi


I telefoni ricondizionati sono dispositivi di seconda mano sottoposti a una (di solito rigida) verifica che passa da una serie di test per ogni loro aspetto e componente. Ciascuna piattaforma ha i suoi protocolli – alcuni garantiti anche da certificazioni internazionali, altri meno chiari – ma nel complesso tutte esaminano lo stato dei diversi elementi, dalla batteria alle prestazioni del chip passando per il comparto fotografico fino, ovviamente, alla valutazione dell'aspetto estetico. Graffi alla scocca, urti, condizioni del display, tutto viene analizzato nel dettaglio.

A ogni prodotto sottoposto alla cura ringiovanente viene poi assegnata una valutazione generale sulle condizioni, comunque sempre buone se non ottime, e un prezzo fortemente ribassato rispetto al nuovo. L'aspetto interessante è che queste piattaforme allungano la vita ai modelli più vecchi, senza contare che chi li compra tende secondo le indagini delle diverse società a tenerlo più a lungo, contribuendo a salvarli dallo smaltimento, spesso incontrollato o criminale (basti pensare alle maxidiscariche di rifiuti elettronici come quella di Agbogbloshie, alla periferia di Accra in Ghana).

Secondo il rapporto "The Global E-waste Monitor 2020" lo scorso anno, a livello mondiale, sono stati generati 53,6 milioni di tonnellate di Raee, cioè rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, di cui 4,7 milioni di tonnellate di rifiuti informatici (in cui sono compresi gli smartphone ma anche tante piccole apparecchiature IT e di telecomunicazione). Di questi 53,6 milioni di tonnellate ne sono stati legalmente recuperati solo 9,3. E gli altri? Finiscono in mano alle ecomafie, con l'export illegale per esempio travestendo i rifiuti da "usati sicuri", ma anche con lo smaltimento inquinante nei territori in cui sono stati recuperati.

Prodotti hi-tech “rigenerati” per un’informatica ecosostenibile

Elena Veronelli


Lo smartphone ricondizionato è un tassello di questa feroce guerra che coinvolge tutti i dispositivi elettronici e in qualche modo il dna dell'elettronica di consumo, un settore costretto a sfornare novità a ritmi vertiginosi perfino in periodi di vacche magre. Comprando un telefono ricondizionato si risparmiano infatti 185 grammi di rifiuti tecnologici, si taglia dell'84% il peso in termini di CO2 rispetto all'acquisto di uno nuovo (56 chili di CO2 equivalente contro 9 chili per il ricondizionato stando a uno studio di Recommerce) e, questo forse il dato più impressionante, si evita l'estrazione di oltre 200 chili di materiali rocciosi necessari per le materie prime utili alla produzione di un pezzo nuovo di zecca con un display da 5,5 pollici (dati dell'Ademe, l'Agenzia della transizione ecologica francese). In uno smartphone si trovano infatti numerosi materiali e metalli, terre rare e altri componenti la cui estrazione è spesso frutto di un sanguinario sfruttamento criminale e drammatiche ricadute sugli ecosistemi locali.

Basti pensare al coltan, l'oro nero dell'hi-tech, o al cobalto estratti nella Repubblica democratica del Congo (la columbite-tantalite, così come il cobalto, si trova in pochi altri paesi) da manodopera in condizioni di schiavitù nelle miniere controllate dal crimine organizzato e ricorrendo al lavoro minorile. Se il coltan serve a ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuova generazione e nei più diversi dispositivi, il cobalto è necessario per realizzare un componente chiave come il catodo, il polo negativo delle batterie. Ce n'è sempre più fame: nella batteria di un telefono ce ne sono fra i 5 e i 20 grammi, in quella di un'auto elettrica anche 15 chili. Ma nei telefoni si nascondono, grazie alle loro proprietà conduttive o isolanti, anche altri "minerali da conflitto", la cui estrazione è spesso controllata da milizie armate che usano il ricavato per acquistare armi, e di sostanze inquinanti: considerando un telefono dal peso di circa 185 grammi si va da 4 grammi di zinco ai 13 di piombo, dai 15 di rame agli 0,034 di oro, 0,015 di palladio, 0,34 di argento e 1,57 di nickel. E ancora: meno di un millesimo di grammo di platino, 13 grammi di piombo, 25 grammi di alluminio, 39 di ferro, 42 di plastica e 46 di silicone.
Senza dimenticare le cosiddette terre rare, un gruppo di 17 elementi fra cui neodimio, disprosio, ittrio, gadolinio e praseodimio, fondamentali per infinite applicazioni, come produrre superconduttori, microchip, magneti, display e altri componenti non solo in ambito hi-tech. Questi elementi fanno parte dei cosiddetti CRMs (Critical Raw Materials), ossia quel ristretto elenco di materie prime essenziali stilato ogni anno dalla Commissione Europea e contraddistinte da un elevato rischio di approvvigionamento ma al momento insostituibili a causa delle loro proprietà uniche.
Nel complesso, l'impatto ambientale più pesante di un telefono usato sta proprio nei display, che negli anni sono aumentati anche nella diagonale. Come si capisce, scegliere un ricondizionato fa fuori l'80% del suo debito ambientale, legato appunto in quella percentuale alla produzione, così intendendo il ciclo che va dall'estrazione delle (controverse) materie prime all'assemblaggio. Numeri confermati anche da uno studio Refurbed che ha stimato intorno al 70% le emissioni di gas serra risparmiate nel corso ciclo di vita del prodotto scegliendo un'alternativa usata e rimessa a nuovo, anche al netto delle operazioni di rigenerazione del dispositivo che genera emissioni di CO2 pari a 5,13 chili.

Secondo Erion, il neonato multi-consorzio che coordina la raccolta di tutti i rifiuti elettronici in Italia, trattare correttamente 200 grammi di rifiuti elettrici ed elettronici della categoria R4, quella in cui rientrano appunto gli smartphone insieme ai piccoli elettrodomestici, consente di evitare l'emissione 45 grammi di CO2 nonché un risparmio energetico di 562 Wh. Riutilizzare un telefono, ovviamente, taglia perfino quel passaggio. "Ogni anno in Italia cambiamo circa 10 milioni di smartphone, che contengono una serie di materiali che possono anzi devono essere riciclati, per evitare di consumare ulteriormente le già scarse risorse di cui dispone il nostro pianeta – spiega Giorgio Arienti, direttore Erion Compliance Organization – purtroppo abbiamo ancora molta strada da fare per quanto riguarda le tecnologie di trattamento, perché il riciclo delle sostanze più importanti dal punto di vista industriale, presenti in quantità piccolissime in ciascun apparecchio, è ad oggi antieconomico. È essenziale quindi investire nella ricerca di nuove soluzioni tecnologiche per arrivare a sfruttare concretamente lo urban mining, che rappresenta non più la frontiera del futuro ma un presente necessario". Anche perché è un affare: riciclare una tonnellata di smartphone porta un valore in termini di materie prime seconde reimmesse sul mercato di oltre quattromila euro. Cifra che può salire ulteriormente con gli apparecchi più recenti.
Intanto, ciascuno di noi può scegliere una strada alternativa e, appunto, concedersi uno smartphone ricondizionato. Non solo per pesare di meno sull'ambiente ma anche per risparmiare qualcosa, specialmente in tempi di pandemia e crisi globale. A seconda dei modelli e della data di uscita sul mercato con gli smartphone ricondizionati si può infatti risparmiare tra il 20 e il 70% del prezzo dello stesso telefono nuovo. Ovviamente le occasioni più interessanti si notano con i dispositivi di più di 2-3 anni, per i quali il risparmio si aggira in media intono al 30-40%. Non è un caso che il settore sia in continua crescita: se nel 2019 i terminali rigenerati venduti nel mondo sono stati 206,7 milioni, Idc stima che nel 2023 saliranno a ben 332,9 milioni. Se si considera che ogni anno vengono consegnati in tutto il mondo circa 1,4 miliardi di dispositivi nuovi, nel giro di tre anni il settore potrebbe pesare un quarto del commercio di telefonini. Ben più che un passatempo per nerd in cerca dell'offerta imperdibile ma un fondamentale cambiamento di paradigma: anche i grandi brand hanno colto ormai da tempo il messaggio che arriva dal basso, iniziando a riprogettare in modo sostenibile l'intera filiera produttiva dei telefoni, dal riciclo delle materie prime all'alleggerimento del packaging.
Qualche esempio? Con un iPhone 8 da 256 GB si può tenere in tasca fino al 30% del prezzo nuovo attualizzato ma fino al 65% del prezzo di listino del 2017. Per un iPhone 11 64 GB è possibile tagliare fino al 10%, per un iPhone XR 64 GB fino al 30%. Per un Samsung Galaxy S10 128 GB si possono risparmiare fino a 325 euro mentre per un Galaxy S8 da 64 GB il taglio è del 36% del prezzo attualizzato del nuovo e fino al 75% del prezzo di listino appena uscito.
In realtà, per molti modelli ormai fuori listino il passaggio dalle piattaforme dei ricondizionati è obbligato, visto che non si trovano altrove se non usati e però privi del controllo che i siti assicurano, spesso fornendo garanzie ulteriori di uno o due anni o periodi di prova di 30 giorni. In una lotta senza quartiere all'obsolescenza programmata. "L'impatto di CertiDeal con il mercato italiano è stato molto positivo – spiega a Repubblica Laure Cohen, Ceo del gruppo francese fra gli ultimi partiti nel nostro paese – speriamo di poter continuare a crescere e offrire ai nostri clienti italiani degli smartphone di qualità, ricondizionati nel nostro laboratorio interno, e rispettosi dell'ambiente. Le due certificazioni che abbiamo ottenuto sulla gestione del rischio ambientale della nostra attività (ISO 14001) e sulla gestione dei rifiuti tecnologici (R2:2013) dimostrano il nostro impegno costante per migliorarci e ad offrire dei prodotti ancora più cari al nostro ecosistema".
Qualcosa potrebbe cambiare nei prossimi anni anche in virtù di quanto e come i produttori consentiranno di aumentare la possibilità di effettuare riparazioni e poter così alimentare il parco dei prodotti ricondizionati. Molto, tuttavia, rimane da fare per sottrarre tonnellate di e-waste all'ambiente, visto che non si riesce neanche a imporre un caricatore universale per smartphone, laptop, tablet e pc, come l'Ue vorrebbe ormai da anni. Altroconsumo si occupa per esempio da tempo di questa battaglia sull'obsolescenza programmata, chiedendo ai colossi la "possibilità di aggiornare software per ritardare obsolescenza tecnologica e quindi il rischio che il prodotto non sia più compatibile con nuove versione di app, la possibilità di ampliare la memoria, prevedere una certa modularità dell'hardware in modo da rendere più semplice ed economico fare le riparazioni più frequenti". E ancora, spiega Ivo Tarantino, responsabile relazioni esterne dell'organizzazione, "prevedere l'estensione della garanzia per i ricondizionati e per alcuni componenti hardware come il display".
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