Non sprecate la gentilezza. E non solo per una questione di galateo, di buona educazione, di urbanità, ma innanzitutto per migliorare la vostra qualità della vita, e trarne alcuni vantaggi in termini di salute e perfino di portafoglio. La scortesia, talvolta abbinata all’arroganza, è diventata un’abitudine, al punto che siamo rassegnati a imbatterci in un maleducato almeno due volte alla settimana, centoquattro volte all’anno. Ciascuno di noi, per effetto di un contagio, diventa predisposto alla rinuncia della gentilezza, considerandola inutile, se non dannosa. E invece è la scortesia a fare danni.
Secondo uno studio realizzato da un team di ricercatori dell’Università della Florida, guidati dal professore Trevor Foulk, la scortesia ha le caratteristiche di un veleno che diffonde nel nostro organismo una neurotossina capace di logorare l’organismo, affaticare il cuore e renderci esausti. Al contrario, la gentilezza migliora l’umore, abbassa lo stress, induce al sorriso e semina empatia. E’ una chiave decisiva per creare relazioni e, come diceva Johann Wolfgang Goethe, "la gentilezza è la catena forte che tiene gli uomini legati". Niente di più necessario in un periodo nel quale viviamo immersi nell’incertezza della pandemia, dove il "Noi", la riscoperta del valore della comunità, può fare la differenza.
Il segreto per conquistare l’abitudine alla gentilezza non lo trovate nei codici delle buone maniere. Vi può aiutare una legge della fisica, risalente alla fine del Seicento e firmata da Isaac Newton, che si applica su misura alla gentilezza: a ogni azione corrisponde sempre una uguale e opposta reazione. Fate un semplice test. Se il vostro approccio con un’altra persona sarà ispirato alla cortesia, anche nell’uso del lessico (parole chiave: grazie, scusa, per favore), la sua reazione risulterà uguale nella sostanza (anche lui sarà gentile con voi) e opposta nella direzione. La gentilezza, partita da voi, cambia senso di marcia e vi viene incontro.
L’epicentro dove potete esercitarvi con l’obiettivo di non sprecare la gentilezza è il condominio, dove vivono l’85% delle famiglie italiane. Qui mostriamo il peggio e il meglio che abbiamo dentro di noi. E verifichiamo quanto essere cortesi, concretamente, sia una scelta che non ammette mezze misure, e ha bisogno di una certa dose di radicalità nello stile di vita.
Partiamo dalle luci. Nel 22% dei condomini italiani si condivide qualcosa. La badante per gli anziani, la baby-sitter per i bambini, qualche spazio per la lavanderia o per organizzare le feste in famiglia. Le ombre: tra gli abitanti dei condomini soltanto uno su tre si saluta. Due mondi opposti, separati dal muro del vizio nazionale delle cause condominiali. Un gigantesco spreco di denaro, con 250 milioni di euro all’anno soltanto di parcelle liquidate agli avvocati specializzati in questi contenziosi. Di tempo: nei tribunali passano anni, la rissa continua e alla fine non vince mai nessuno. Di salute: gli scontri con i vicini di casa sono tra le prime dieci cause di stress e tendenza alla depressione. Senza la catena della gentilezza, il palazzo diventa un luogo infernale, dove volano insulti per un cane che abbaia troppo spesso e dove non abbiamo più il piacere di salutare il vicino con un banale "Buongiorno" o "Buonasera". Quando con gli altri condomini neanche ci rivolgiamo la parola e preferiamo comunicare attraverso le carte bollate, non abbiamo alcuna possibilità di accedere ai tanti bonus green per mettere a posto l’edificio dove viviamo, aumentando così la qualità e il valore della nostra casa (altro spreco di soldi). Altro che sostenibilità, siamo entrati nel girone delle vite insostenibili.
E se alla fine di questo racconto non avete trovato alcun motivo per scegliere la gentilezza nei rapporti con la vostra comunità condominiale, allora ricordatevi almeno della legge del basilico. Con il vicino di casa si cerca comunque di evitare lo scontro per un motivo fondamentale: se manca il basilico a casa, posso chiederlo e ottenerlo semplicemente bussando alla porta accanto.
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