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La condizioni di F2i per entrare in Aspi: avere un ruolo nella gestione

Non si sa ancora se entro il 15 dicembre, data in cui il consiglio di amministrazione di Atlantia convocherà l’assemblea del 15 gennaio, ma un’offerta vincolante per l’88% di Aspi arriverà sul tavolo dell’ad di Atlantia Carlo Bertazzo. Forse ci vorrà qualche giorno in più, però ormai la strada sembra segnata. La cordata interessata all’acquisto e inizialmente formata da Cdp equity e dai fondi internazionali Blackstone e Macquarie si sta allargando per diventare più italiana. È questo il messaggio che arriva dal tavolo delle negoziazioni ed è rivolto soprattutto alla politica, che fa fatica ad approvare un accordo in cui la maggioranza degli acquirenti parla straniero. Negli accordi tra la Cdp e i due fondi esteri la nuova compagine dovrebbe vedere i soci italiani nel loro complesso al 51%, con Blackstone e Macquarie che si diluiscono al 49%, cioè con un 24,5% a testa.
Resta da definire come potrà essere ripartito questo 51% tra i soci italiani. Nelle ultime ore si è parlato di una partecipazione del fondo F2i con una quota almeno del 10%, ma è tutto ancora da negoziare. Il fondo guidato da Renato Ravanelli da mesi studia Aspi e un eventuale ingresso ma si tiene in disparte per non disturbare il conducente Cdp. Di certo, secondo fonti attendibili, per partecipare a un’operazione del genere F2i dovrà avere un peso sufficiente ad avere voce in capitolo sulla gestione dell’azienda. Non è disposta a giocare il ruolo del semplice partner finanziario. Quindi se l’operazione andrà avanti a un certo punto si dovranno sedere al tavolo Ravanelli e Fabrizio Palermo per definire le rispettive quote: Cdp equity dal 40% potrebbe scendere anche verso il 30% per lasciar spazio a F2i e ad altri investitori italiani, ma insieme dovranno avere una governance dell’azienda che permetta di prendere le decisioni chiave rispettando anche i fondi esteri che sono in minoranza.
Insomma la quadra è ancora lontana da trovare ma l’offerta dovrebbe definire finalmente un prezzo a cui la cordata si dichiara disposta ad acquistare quell’88% di Aspi in mano ad Atlantia. Il prezzo si baserà sul Piano economico e finanziario (Pef) che dopo molte revisioni e passaggi la settimana scorsa è stato firmato dai ministeri competenti, Mef e Mit, e dalla società concessionaria. Ora l’iter prevede un passaggio al Cipe e poi alla Corte dei Conti ma a questo punto c’è un documento firmato a cui si può far riferimento per determinare il valore della società. Nel Pef infatti sono definiti gli impegni di Aspi per i prossimi 18 anni in termini di investimenti (14 miliardi) e manutenzioni (7 miliardi) e che potranno essere recuperati attraverso un aumento delle tariffe (1,67% l’aumento medio annuo fino al 2038). Sempre che i nuovi investitori non ritengano, dopo l’attenta due diligence che stanno effettuando, che la spesa in manutenzioni debba essere superiore ai 7 miliardi previsti dal Pef. E sempre che si trovi una soluzione nel definire la manleva legale che Atlantia intende quantificare mentre Cdp lasciare in capo al venditore.
Problemi di ordine tecnico e legale sui quali il nuovo presidente di Edizione holding, Enrico Laghi, potrebbe contribuire a risolvere con il supporto dell’avvocato Sergio Erede da anni vicino alla famiglia di Ponzano Veneto. Tenendo comunque presente che la vendita deve essere deliberata da una cda di una società quotata che ha il 70% degli azionisti diffusi sul mercato. I quali se non ritenessero il prezzo di vendita congruo potrebbero chiederne conto agli amministratori.
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