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Immortalare Salvini senza fargli pubblicità

Invulnerabile alle immagini. Dopo tre anni di braccio di ferro fotografico con Matteo Salvini, Luca Santese e Marco P. Valli hanno cominciato a temere di perdere la gara: il re delle felpe sembra un re Mida che mette a suo profitto qualsiasi immagine. Allora hanno immaginato un libro di fotografie che non potesse, questa volta, prendere e ribaltare a suo favore. Un libro indigeribile per la sua macchina propagandistica. Quel libro, uscito da poco, è Il corpo del capitano (pp.128, euro 40), lo pubblica Cesura che è il collettivo di fotografi di cui Santese e Valli fanno parte (e al quale apparteneva anche Andy Rocchelli, ucciso in Ucraina nel 2014). "Abbiamo fatto a pezzi Salvini, vediamo se questa volta riesce a ricomporsi…". Fotograficamente a pezzi, ovvio. Pezzi di corpo, un dito, un ciuffo di peli di barba, un naso. Un corpo affettato da tagli di luce violenti, affilati, netti, tutto in bianco e nero. E ora vediamo cosa succede. Perché anche l'altra volta i due pensavano di aver fabbricato la maschera che smaschera il Capitano: e invece lui, con perfida nonchalance, la indossò.
Luca Santese e Marco Valli seguono da anni la politica italiana. In particolare, la destra. Il primo si era dedicato a Berlusconi, il secondo a Salvini. Seguivano eventi e comizi, vendevano le foto ai giornali, ma mettevano da parte anche un lavoro più personale, critico, di lunga durata. Alla vigilia delle elezioni del 2018 decisero di lavorare a un progetto sulla nascita della Terza Repubblica, il Paese del populismo realizzato. Ne venne fuori una piccola serie di fanzine acide, pop, beffarde, e anche profetiche: "Berlusconi mummificato, Salvini sornione, Meloni in tripudio, Renzi eclissato…". Ma si accorsero di qualcosa di strano: il rapporto fra i politici e l'immagine. Berlusconi no, il suo era sempre lo schema televisivo che lo aveva fatto trionfare vent'anni prima: monodirezionale e plasticato. "Avvicinarlo era impossibile, concedeva solo quel che voleva di sé. Salvini, invece, sembrava il politico più approcciabile del mondo. Chiunque poteva fotografarlo, toccarlo, farsi il selfie con lui". Da uomini di immagine, annusarono la trappola dell'identificazione populista. Provarono a schivarla. "Ci buttammo nella mischia anche noi. A modo nostro. Matteo! Fammi un sorriso! Ma intanto con l'altra mano gli sparavamo un flash da sotto in su. La copertina di Time venne fuori così". Sì, uno di quei ritratti diabolici, con la luce innaturale che viene dal basso, fu scelto dal magazine americano per una cover story, titolo: La nuova faccia dell'Europa.
Un bel pugno iconico a quella faccia luciferina, no? No. L'8 dicembre 2018 Luca e Marco vanno alla manifestazione leghista in piazza del Popolo a Roma, e un militante sovranista gli mette in mano un volantino in cui campeggia orgogliosamente quella copertina. Che nel frattempo la Bestia mediatica del Capitano stava euforicamente diffondendo sui social. Sgomento. "Ha fagocitato il nostro lavoro. È un boomerang". Non si era reso conto del sarcasmo di quella foto? "No, è un grande produttore di immagini, lo sapeva benissimo. Ma non gliene importava: sono su Time, bene così". Un gol in contropiede. "Sì, uno a zero per lui".
Ma la partita non era finita. "Reagimmo subito. Quel giorno stesso, lì in quella piazza. Coraggio, ci dicemmo, andiamo oltre". Oltre gli antipodi del linguaggio visuale del populismo. Basta colore: nel colore pop multifiltrato e instagrammico l'estetica salviniana del piacionismo trionfa. Quindi: tutto bianco e nero, duro e netto. Basta ritratti: anche i più deformati fanno parte della finzione di spontaneità. Quindi: frammenti, strappi, montaggi situazionisti e dettagli détournati. "E ci riprendiamo anche il nostro ritratto", quello di Time: ridotto a una maschera tragicomica, gli occhi ritagliati via, ora è sulla copertina del libro. Che spudoratamente, il giorno della prima udienza del processo per il sequestro della nave Diciotti, misero in mano a Salvini in persona. Lui guardò la copertina, leggermente interdetto, borbogliò un "grazie" poco convinto e passò il volume allo staff. "Aveva altri pensieri, ma non è un ingenuo: da quella smorfia stranita abbiamo capito che aveva capito".
Uno pari? Chissà. Il libro ora comincia il suo viaggio, quali effetti produrrà? Il collaudo su strada ha dato risultati ambigui. "Quel giorno mostrammo il libro anche ai suoi fan accalcati fuori dal tribunale. I più avvertiti mangiavano la foglia: 'ehi, ma che roba è? Chi siete voi?'. Ma la maggioranza diceva 'bene!, però Matteo è venuto un po' male…'. Il fanatismo rende ciechi. Vedono quello che vogliono vedere". Non è una morale incoraggiante per chi ancora, forse eroicamente, è convinto che una immagine possa gridare che il re è nudo.
Girare un film che il potere non potesse fagocitare fu il proposito dell'ultimo, più amareggiato Pier Paolo Pasolini. Quel film era Salò: e in effetti, fu censurato e processato. Ma oggi lo troviamo in dvd. La guerra delle immagini tra potere e antipotere non finisce mai. Il libro, per ora, si chiude con un selfie stravolto: Marco e Luca e in mezzo lui, Matteo, "forse il più influente fotografo italiano contemporaneo", gli riconoscono, con sarcastica ammirazione.
Sul Venerdì del 4 dicembre 2020
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