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Il direttore della rassegna Nicola Lagioia: “Il dialogo necessario per tornare a capirci tutti assieme”

Direttore Lagioia, in questo mondo dominato da insicurezze e tesi contrastanti su tutto, gli opposti si possono conciliare come vorreste voi in queste lezioni di VitaNova?
«Veniamo da una stagione di zuffe, incomprensioni, polarizzazioni del conflitto e urla tra sordi che non hanno prodotto niente, a parte molto autocompiacimento. È successo se guardiamo alla politica internazionale ed è successo alla cultura su alcuni temi chiave. In un periodo di crisi come quello che viviamo, tornare al dialogo è un dovere. Come rimettere in relazione in modo sensato giovani e vecchi, sud e nord, oriente e occidente, umani e macchine, libertà e responsabilità, emergenza e normalità, Stato e comunità? Sono temi fondamentali, abbiamo chiamato dei maestri d’eccezione per affrontarli».
Ci spiega cosa succederà nelle librerie? Perché un lettore dovrebbe andarci durante Vita Nova?
«Il Salone distribuisce 12mila buoni gratuiti da 10 euro l’uno da spendersi nelle librerie torinesi che aderiscono al progetto, a beneficio di ragazzi di età compresa tra 14 e 25 anni. Questo, in un solo colpo, è un aiuto per l’economia delle famiglie, per le librerie del territorio, per gli editori. I lettori — spesso sottovalutati — hanno ripreso a frequentare le librerie non appena hanno riaperto. Lo hanno fatto in maniera magnifica. Il libro ha resistito sotto i colpi della crisi. Noi daremo un ulteriore sostegno. In più, le librerie "adotteranno" gli editori che partecipano all’iniziativa, dedicando ai libri da loro scelti un posto d’onore».
Cosa le piace di più di questa edizione anomala?
«Il fatto di essere tornati sul territorio (delle librerie abbiamo già parlato), di riaprire simbolicamente i teatri come luogo delle grandi lezioni (a Torino, a Milano, a Bologna, a Roma, a Palermo), di lavorare in modo così intenso con le scuole e con i gruppi di lettura delle biblioteche. Insomma, il fatto di contribuire a rimettere insieme tutta la filiera in un periodo così complicato».
E invece cosa teme?
«A questo punto un asteroide».
Pensa di poter assicurare che gli spettatori si divertano come accadeva al Lingotto?
«Quando abbiamo fatto SalTo Extra ci sono stati centinaia di migliaia di contatti al giorno. Chiedevano che continuassimo ancora un’altra settimana, un altro mese, giorno e notte, senza interruzioni. La comunità del Salone è molto solida, noi la ricambiamo con amore e una dedizione assoluta. Inauguriamo anche una piattaforma che si chiama SalTo+. Basta andare sul nostro sito. Invito tutti gli appassionati del Salone a iscriversi: dentro ci troveranno l’archivio con tutte le lezioni dopo che saranno andate on line, e poi contenuti speciali che aggiungeremo periodicamente. Da un po’ di tempo a questa parte, il Salone sta diventando anche produttore di contenuti. Basti ricordare "Furore", lo spettacolo su Steinbeck che vide insieme Alessandro Baricco e Francesco Bianconi, o "Con il vostro irridente silenzio", il meraviglioso monologo di Fabrizio Gifuni sui diari di Aldo Moro. Basti pensare alle oltre venti grandi lezioni di Vita Nova che mettiamo a disposizione di tutti. Siamo orgogliosi di questa strada intrapresa, è la strada che porta al futuro e cercheremo di potenziarla molto».
Cosa resterà di Vita Nova in Supernova, il prossimo anno?
«Mi piacerebbe restassero le lezioni, il fatto di poter parlare di libri anche fuori dalle logiche promozionali, che non è affatto il modo per venderne meno, anzi».
Nel suo libro "La città dei vivi" racconta l’entusiasmo per Torino quando ha ricevuto l’offerta. Un sentimento seguito dalla nostalgia per Roma. Ora che resta soltanto un anno alla fine del suo incarico, a che punto è il rapporto con la città?
«Mi sarebbero potuti capitare anni meno turbolenti, ma a ciascuno il suo destino. Ciò che ho perso in sonno l’ho forse guadagnato in soddisfazione. Aver contribuito, con una squadra di lavoro fantastica, a salvare il Salone per ben tre volte in cinque anni (dalla sua morte così troppo frettolosamente annunciata anche in città, dal fallimento della vecchia Fondazione, e almeno per adesso dal Covid), e ogni volta con i numeri che sappiamo, farà sì che Torino resti sempre nel mio cuore».
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