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I ristori? L’ultima presa in giro di Conte

I sussidi elargiti dal governo giallorosso tramite Dl Ristori alle categorie colpite dalla crisi economica provocata dall'emergenza Coronavirus non basteranno a risollevare quei settori che adesso si trovano in ginocchio. Per quanto il premier Giuseppe Conte si mostri sicuro di quanto fatto per il popolo italiano, la realtà è che quei contributi a fondo perduto concessi a commercianti, ristoratori, esercenti ed artigiani bastano appena per coprire il 25% delle perdite di fatturato subìte in questo ultimo periodo.

A riportare questo importante dato è la Cgia, ossia la Confederazione generale italiana degli artigiani, che in una nota spiega come molte aziende saranno costrette a dover chiudere, nonostante gli aiuti dello Stato. "A seguito delle difficoltà di questi mesi, non è pertanto da escludere che almeno 350 mila piccole e micro aziende di questi settori chiuderanno definitivamente la saracinesca entro la fine di questo mese, lasciando senza lavoro almeno 1 milione di addetti", afferma Paolo Zabeo, coordinatore dell'Ufficio studi Cgia di Mestre, nel comunicato riportato da "AdnKronos". Fondamentale, aggiunge Zabeo, invertire la rotta il prima possibile per evitare serie conseguenze e mantenere in vita quelle realtà che lottano per continuare a rimanere attive nonostante le difficoltà del momento."Passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi", chiede il coordinatore,"In primo luogo indennizzando fino al 70% i mancati incassi e in secondo luogo abbattendo anche i costi fissi, così come ha stabilito nelle settimane scorse la Commissione Europea".

Pur riconoscendo l'importanza dei sussidi elargiti dal governo ("Dall'inizio della crisi pandemica fino a oggi, le risorse direttamente a sostegno delle imprese italiane ammontano a circa 35 miliardi di euro"), questi si sono comunque rivelati "del tutto insufficienti". "Dopo l'approvazione dell'ultimo Dpcm, la situazione in questo periodo natalizio è destinata a peggiorare ulteriormente", afferma dunque con preoccupazione Cgia. Sarebbe quindi utile, spiega ancora l'Ufficio studi Cgia, una deroga alla normativa vigente per quanto riguarda i contributi Inps, per eliminare "il versamento riferito al minimale prestabilito, consentendo così agli interessati al solo versamento dei contributi calcolati sull'effettivo reddito prodotto negli esercizi 2020 e 2021". Quest'anno, ricorda la Confederazione generale italiana degli artigiani, il reddito minimale per gli artigiani ed i commercianti che versano il contributo previdenziale raggiunge i 16mila euro. Eliminando il contributo minimale, queste categorie, che hanno un'aliquota del 24%, beneficierebbero di un risparmio pro-capite che si aggira intorno ai 3.850 euro.

"Con tante tasse, una burocrazia intollerabile e un crollo verticale degli investimenti pubblici e privati che non ha eguali negli ultimi decenni, c'è una grossa novità che dal prossimo mese di gennaio rischia di mettere in seria difficoltà tante aziende, soprattutto di piccola dimensione", dichiara anche il segretario della Cgia Renato Mason. "Ci riferiamo alla nuova definizione introdotta dall'Unione Europea in materia di default. Dopo aver abbassato la soglia di sconfinamento per cittadini e imprese, per evitare gli effetti negativi dei crediti deteriorati, Bruxelles ha imposto alle banche l'azzeramento in 3 anni dei crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni per quelli con garanzia reali", aggiunge Mason."È evidente che l'applicazione di questa misura, indurrà moltissimi istituti di credito ad adottare un atteggiamento di estremo rigore nell'erogare i prestiti, per evitare di dover sostenere delle perdite nel giro di pochi anni. Una soluzione, quella decisa dall'Ue, che sebbene abbia una sua validità in tempi normali, appare del tutto inopportuna".

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