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Greenpeace: “Smartphone sulla strada della sostenibilità ma serve più riparabilità e riciclo”

La strada giusta è quella del riciclo, della capacità di sfruttare nuovamente i materiali, dei telefoni ricondizionati, ma questo cammino deve essere obbligatoriamente affiancato da un impegno delle aziende produttrici a un minor impatto ambientale e sociale, soprattutto nello sfruttamento delle terre rare. E' quanto racconta Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, al quale abbiamo chiesto a che punto siamo nel cammino intrapreso verso la sostenibilità degli smartphone, prodotti sempre più indispensabili ma consumati con sempre maggiore velocità. In uno degli ultimi e più approfonditi report sull'impatto ambientale degli smartphone, nel 2017 proprio Greenpeace stimava come in dieci anni (2007-2017) siano stati prodotti almeno 7 miliardi di smartphone, oggetto che cambiamo in media ogni tre anni.

La realizzazione dei nostri cellulari implica lo sfruttamento delle terre rare per le componenti interne e porta inevitabilmente ad un aumento dei gas serra e delle emissioni, legate all'80% alla produzione, al 16% all'uso dei consumatori, al 3% dei trasporti e l'1% alle pratiche di riciclo. Secondo l'Onu la quantità di rifiuti elettronici prodotta a livello globale nel 2016 è stata di almeno 44, 7 milioni di tonnellate, pari al peso di 22 milioni di auto. Soltanto il 20% dei telefonini però una volta in disuso segue la linea corretta per lo smaltimento e, riporta il report Greenpeace, il 73% degli italiani ignora il fatto di poter restituire il proprio telefono per avviarlo a un corretto smaltimento o ricondizionamento. Numeri che, per un Pianeta dal futuro sostenibile dove la tecnologia continuerà ad imperare, necessitano di un cambiamento.

La produzione dei nuovi smartphone sta andando verso una giusta sostenibilità ambientale?
"Bisogna dire che in tal senso c'è una crescita e una maggiore attenzione all'ambiente rispetto al passato, ma servono ancora molti progressi. I dispositivi devono essere più riciclabili e riparabili. In tal senso, in termini di riparabilità, bene le nuove normative europee da poco approvate che facilitano questo percorso. Ad oggi c'è però ancora un enorme problema relativo ai rifiuti elettronici. Alcuni purtroppo finiscono, come abbiamo documentato, in una rotta di traffici illegali, per esempio in Africa e varie parti del mondo dove vengono smaltiti in modo tutt'altro che corretto, in contrasto alla convenzione di Basilea che disciplina le spedizioni di rifiuti fra paesi. Su questo è necessario aprire gli occhi al più presto".

Preoccupa l'estrazione delle terre rare per le componenti dei telefonini?
"In questo c'è ancora molto da fare: bisogna capire che le materie prime dei dispositivi elettronici – che continuiamo ad estrarre – non sono infinite. Oltretutto sappiamo bene che nel tempo saranno disperse, dai metalli alle terre rare, dalle componenti di chip alle batterie, sempre più materie che non vengono recuperate. Inoltre negli ultimi anni si sono verificati diversi incidenti dovuti a processi estrattivi, come per esempio in alcuni casi in Brasile dove ha ceduto una diga riversando acque di scarto del processo estrattivo e facendo morti ed enormi danni ambientali. Oppure in un recente disastro avvenuto in Russia. E' fondamentale ricordarci che non possiamo estrarre per sempre e ragionare sul fatto che un piccolo oggetto che dura un tempo limitato come lo smartphone, avrebbe bisogno di sempre più parti riciclabili".

La strada giusta è dunque quella della riparabilità e dei ricondizionati?
"Credo che si stiano facendo sforzi, per esempio sul packaging e sugli oggetti ricondizionati, ma altrettanti andrebbero fatti per progettare dispositivi effettivamente riciclabili a fine vita. Per allungare questa vita, andrebbero dunque fatti telefoni sempre più riparabili. Oggi in media gli smartphone nelle nostre mani restano circa tre anni e poi si cambiano. Il problema è che se si rompe un componente per paradosso è più conveniente sostituire che non riparare. Ecco, questa dinamica va invertita e speriamo che le nuove disposizioni europee sulla riparabilità possano aiutare".

Tra passi positivi e altri ancora da compiere, quali criticità comportano per il Pianeta i rifiuti elettronici?
"La grande quantità di rifiuti elettronici ha dei trend sempre in aumento: divoriamo tecnologia, materie prime, terre rare e metalli che si riciclano con dati migliori, ma sono ancora tanti i passi da fare per la corretta sostenibilità. Bisogna agire a livello di produzione e i dispositivi devono durare di più nel tempo. La scarsità di terre rare sta per esempio già portando alcune aziende a fare deep sea mining, ovvero estrarre materiali preziosi dalle profondità marine, ambienti inesplorati che rischiamo di andare a distruggere solo per estrarre materiali destinati a un dispositivo elettronico che poi durerà pochi ann e diventerà un rifiuto. Così la Terra pagherà un conto doppio. Dunque, seppur riconoscendo tanti passi positivi in avanti, come per esempio quelli dei telefoni ricondizionati, bisogna fare ancora molto, progettando una giusta strategia per la sostenibilità del nostro Pianeta".
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