NANCHINO – Prima del coronavirus, la Cina ha vissuto un’altra epidemia. Un contagio più limitato, per fortuna senza vittime, ma che potrebbe lasciare nei malati disturbi cronici e invalidanti. Soprattutto, un contagio colposo, frutto di una fuga di batteri dallo stabilimento di un’azienda farmaceutica di Stato, che la società ha tenuto nascosto e che poi le autorità hanno sistematicamente sminuito. Solo dopo un’inchiesta pubblicata dal magazine Caixin lo scorso settembre i vertici di Lanzhou, capoluogo della provincia del Gansu, hanno allargato lo screening per la brucellosi, la malattia in questione. Scoprendo che ben 10.528 dei 70mila cittadini testati avevano sviluppato i relativi anticorpi, un numero cinquanta volte più alto rispetto a quello dichiarato lo scorso dicembre, nelle prime comunicazioni ufficiali sull’incidente.
La brucellosi è una malattia infettiva causata da un batterio del genere Brucella, che si trasmette dagli animali all’uomo e più raramente da uomo a uomo. Le sue forme sono diverse, la febbre può essere associare a vari altri sintomi, raramente è mortale ma in alcuni casi può diventare cronica. L’incidente di Lanzhou, città di 3 milioni di abitanti nel Nordovest della Cina, risale all’estate del 2019. Per due mesi, tra luglio e agosto, lo stabilimento di un’azienda farmaceutica di Stato che produceva vaccini, China Animal Husbandry Industry, usando disinfettante scaduto, ha permesso che i batteri finissero negli impianti di aerazione e fossero riversati all’esterno. Qualche settimana dopo chi risiedeva o lavorava in zona ha iniziato ad accusare sindromi febbrili. L’azienda ha tentato di nascondere l’accaduto e quando finalmente le autorità cittadine hanno rivelato la fuga, il 26 dicembre, hanno spiegato ai cittadini che i livelli di organismi riscontrati erano bassi e che, su 4mila persone testate, solo 200 erano risultate positive. Il solito tentativo, tipico del regime cinese, di tranquillizzare, se necessario anche alternando o nascondendo informazioni chiave. Parole di rassicurazione simili a quelle che i cittadini di Wuhan si sarebbero sentiti dire poche settimane dopo, con conseguenze ben più tragiche.
Per molti mesi l’incidente di Lanzhou sembrava essersi risolto così. Finché a metà settembre il magazine Caixin, una delle voci più libere del giornalismo cinese, non ha pubblicato un’inchiesta sulle vittime nascoste del batterio, persone che nonostante sintomi compatibili con la brucellosi non erano state testate e quindi non avevano potuto ricevere cure adeguate all’inizio della malattia, quando il trattamento è più efficace. Il giorno dopo l’uscita dell’articolo, le autorità locali hanno rivelato che i casi in realtà erano 3mila e China Animal Husbandry Industry ha iniziato a versare gli indennizzi. A quel punto però sull’incidente si erano accesi i riflettori, quelli del pubblico e quelli delle autorità di Pechino. Mentre otto dirigenti della società venivano puniti, la città ha lanciato una campagna di screening gratuita per i residenti dell’area. Trovando oltre 10mila persone contagiate.
Secondo Caixin, circa 3mila di loro hanno firmato degli accordi di compensazione con l’azienda, che ha raddoppiato la cifra prevista all’inizio per gli indennizzi, portandola a 12 milioni di dollari. La società si è anche impegnata a fornire copertura sanitaria a chi dovesse sviluppare forme croniche di brucellosi. Alcune vittime però lamentano che le somme sono troppo basse, mentre altre temono che gli impegni possano essere disattesi in futuro, una volta che l’attenzione sulla vicenda si abbasserà.Original Article
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