Fa venire i brividi già solo a pensarci, perché deve essere un dolore così forte che neanche si riesce a immaginare. Brucia, sicuramente, tanto, e mentre annaspa sul pianerottolo di casa sua, bussando alle porte in cerca d’aiuto con quel fuoco che le sta mangiando la faccia, e sente, parole sue, «il viso che se ne sta andando», Lucia ha paura di morire.
Aveva appena aperto la porta di casa con una strana sensazione di inquietudine che l’aveva accompagnata fin dal parcheggio, su in ascensore, e poi davanti al suo appartamento, confermata dallo scatto della serratura, due mandate per aprire, strano, perché di solito lei chiude con tre. E infatti in casa sua c’è qualcuno che spalanca la porta, trascinandola dentro, e le lancia in faccia un getto di acido corrosivo. Brividi, solo a pensarci. Impossibile da immaginare.
Era successo che un po’ di tempo prima Lucia aveva conosciuto Luca, un collega avvocato del foro di Pesaro, ed era nata una storia, che era stata coinvolgente, appassionata, anche travolgente, finché qualcosa aveva cominciato ad andare storto. Tanti segnali, di quelli che magari si trascurano, non si vedono o non si vorrebbero vedere, finché non arriva quello che apre gli occhi. Per Lucia è quando Luca, dopo un litigio, l’ha presa a schiaffi. Ecco, così è troppo. Così basta.
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Allora è successo che Luca ha cominciato a tormentarla. Telefonate, mail, messaggi, è sempre lì che la segue, a piedi o in macchina, se lo ritrova davanti a casa quando rientra, anche tardi, pure sul pianerottolo, che cerca di infilarsi dentro.
Una volta certe cose non avevano un nome. Si diceva mi segue, mi telefona, mi fissa, mi dà fastidio, mi fa paura e a tante cose così, prese singolarmente, spesso la risposta era vabbè, dai, che vuoi che sia. Adesso invece, dal 2009, tutto questo un nome ce l’ha, e anche un numero: articolo 612 bis del Codice penale, Atti persecutori, meglio conosciuti come “stalking”. Tra l’altro, tra i messaggi che Luca manda a Lucia ce ne sono di particolarmente inquietanti: te la farò pagare e aspetta e vedrai.
Lucia non fa in tempo a denunciarlo. Il 16 aprile del 2013, alle nove e mezza di sera, apre la porta, due mandate invece di tre, strano, poi quello strattone e l’acido in faccia, quel male inimmaginabile, il volto che se ne va, la paura di morire.
Per l’aggressione a Lucia Annibali sono stati condannati a 14 anni, come esecutori materiali, due pregiudicati albanesi, Rubin Talaban e Altistin Precetaj, e a 20 anni Luca Varani, il collega avvocato – si fa fatica a definirlo fidanzato, per quanto ex, perché è una parola che in qualche modo richiama l’amore, che qui non c’entra – per averla ordinata e organizzata.
Sul Venerdì del 4 dicembre 2020Original Article
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