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Contenere il riscaldamento della terra è possibile: impegni a raffica dagli Stati, così Parigi si può salvare dal fallimento

Sorpresa! Scocca il quinto anniversario del grande Accordo di Parigi sul clima e non stiamo poi messi tanto male. Invece di stare qui a recriminare, perché condannati a friggere, insieme al pianeta, possiamo tirare un sospiro di sollievo: di colpo, l'obiettivo di tenere la temperatura sotto i due gradi a fine secolo è "a portata di mano". Parola di profeti di sventura patentati, come sono tutti gli ambientalisti per professione, in questo caso quelli di Climate Action Tracker, che da anni monitorano gli impegni dei governi contro il riscaldamento globale. La pandemia, l'inerzia antiemissioni delle quarantene, delle clausure e dei lockdown non c'entrano. Se il mondo si potrà risparmiare l'onda crescente del mare, il meteo assassino e l'ecatombe delle specie che lo aspettano nel giro di qualche decennio, il merito è piuttosto – verrebbe da dire, visto il periodo dell'anno – degli uomini di buona volontà. A condizione, ovviamente, che tengano fede alla parola data.

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di

Manuel Planelles


Cosa è successo, infatti? Ancora a settembre, poco più di due mesi fa, gli stessi esperti di Climate Action Tracker calcolavano che, in base agli impegni antiemissioni presi, fino a quel momento, dai governi, a fine secolo la temperatura media del pianeta (media, sia chiaro: qualcuno prevede per il Mediterraneo 6 gradi in più) sarebbe risultata più alta, rispetto all'era preindustriale, di 2,7 gradi. Meno dei tre gradi che i calcoli davano per scontati un anno fa, ma comunque sempre troppo, secondo gli scienziati, per mettere il mondo al riparo da un inanellarsi di catastrofi climatiche, come lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia. A Parigi, cinque anni fa, infatti, si era fissato l'obiettivo di tenere il riscaldamento entro un grado e mezzo, ma si era anche stabilita a due gradi la soglia di guardia da non superare.
Da settembre, però, è iniziata la serie delle conversioni. La sorpresa non è l'Europa, da sempre virtuosa in materia di clima, che si dichiara pronta a tagliare le emissioni del 55 per cento già nel giro di dieci anni. Ma ecco Giappone, Corea del Sud, Canada, Sud Africa annunciare, uno dopo l'altro, l'impegno a emissioni zero entro il 2050. E la vera sorpresa: la Cina. Xi Jinping annuncia che la Cina comincerà a ridurre le emissioni dal 2030 e sarà a emissioni zero nel 2060. Infine, l'America che cancella Trump: l'impegno ufficiale di Joe Biden è portare gli Usa a emissioni zero nel 2050. A Climate Tracker hanno fatto i conti. Rispetto ai 2,7 gradi nel 2100, preventivati a settembre, la promessa di Xi Jinping taglia 0,2-0,3 gradi. Quella di Biden un altro 0,1. Il resto viene dal Giappone e dagli altri. In totale, paesi che valgono il 50 per cento delle emissioni globali si sono impegnati a emissioni zero fra il 2050 e il 2060. Così, la previsione per il 2100 è scesa a 2,1 gradi.

La crisi politica dell’America e cosa ci aspetta

di

Jeffrey D. Sachs (*)


Chi sono i cattivi? Russia, Brasile, Arabia saudita, Australia. Tuttavia, l'esperienza storica dice che, in casi come questi, l'onda montante del consenso globale finisce per inghiottire e trascinare anche i riottosi. Rispetto ai dubbi e alle esitazioni di cinque anni fa, quello che colpisce è, infatti, il progressivo diffondersi, nei governi e nelle grandi multinazionali, di una nuova consapevolezza dei rischi del riscaldamento globale. Per fare una cosa, il primo, cruciale, passo, è dirla. Ed è quello che sta avvenendo.
Non vuol dire, però, che i fatti seguiranno ineluttabilmente. Il vero problema non sono i governi cattivi, ma la capacità dei governi di buona volontà di affrontare davvero l'enorme e costosa riconversione che i loro impegni comportano. Cominciando con lo spiegare, in dettaglio, come pensano concretamente di raggiungere l'obiettivo. E, soprattutto, evitando di allontanarsene. Non per rovinare la festa, infatti, ma non è la riconversione quella che, in questo momento, si vede. Anzi, attualmente, ci si muove, globalmente, in senso opposto, avvertono gli esperti dell'Onu. Per stare dentro il limite dei 2 gradi al 2100, nei prossimi dieci anni la produzione di combustibili fossili (carbone, petrolio, metano) dovrebbe diminuire del 2 per cento l'anno. Invece, complessivamente nel mondo si sta pianificando il contrario: un incremento medio del 2 per cento, ogni anno, almeno fino al 2030. Il prossimo vertice mondiale sul clima, fra un anno, a Glasgow, sarà una grande prova della verità.Original Article

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