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Censis, 5 milioni di precari “scomparsi” con il Covid, mentre i “garantiti” risparmiano altri 41 miliardi

ROMA – E' il lavoro lo spartiacque tra chi durante la pandemia ha potuto risparmiare e passare le vacanze al sicuro nella seconda casa e chi è letteralmente "scomparso", cinque milioni "di persone che ruotavano intorno ai servizi e che hanno finito per inabissarsi senza rumore".
In un'Italia che "è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica", osserva il Censis in apertura del Rapporto Annuale, il Covid-19 ha dimostrato che "il grado di protezione del lavoro e dei redditi è la chiave per la salvezza": a pensarlo è l'85,8% degli italiani. La pioggia dei sussidi, 26 miliardi di euro erogati a una platea di oltre 14 milioni di beneficiari, non è riuscita neanche lontanamente a rimettere in pareggio una situazione disastrosa che, solo nel terzo trimestre di quest'anno, ha portato via il lavoro a quasi mezzo milione di giovani e di donne, le categorie più fragili del mercato del lavoro, e che si è abbattuta con violenza sui redditi degli autonomi: meno di un quarto ha mantenuto le stesse entrate di prima.
"Il 2020 è stato un anno eccezionale e l'anno della paura nera. – rileva il direttore generale del Censis Massimiliano Valerii – Gli eventi ci hanno riportato alla nostra nuda vita, con una intollerabile vista pubblica della morte, amplificata dal sistema dei media, resa più inquietante dalla mancanza di una base dati epidemiologica accurata. Questo evento eccezionale ha rappresentato di fatto uno straordinario fattore di accelerazione di alcuni processi che erano già in atto, presistenti nella nostra società. Ha squarciato un velo su vulnerabilità strutturali del nostro paese. Il re è nudo".

Effetto Covid anche sui salari. Vanno in fumo 3500 miliardi

di

Valentina Conte


E' la società "sfibrata dallo spettro del declassamento sociale, in cui il 50,3% dei giovani vive in una condizione socio-economica peggiore di quella vissuta dai genitori alla loro età". Una società che anche prima si presentava divisa, ma adesso è decisamente spaccata. Una situazione che accentua l'insicurezza: pochissimi sono disposti a rischiare, solo il 13% degli intervistati si dice pronto ad aprire un'impresa.

Istat, quasi mezzo milione di occupati persi in un anno

di

Flavo Bini


I bonus sono bene accolti, sopratuttto dai giovani (83,9%). Anche il 65,7% degli anziani li valuta positivamente, ma per il 25,1% si tratta un meccanismo che può generare dipendenza, mentre per il 18,1% rischia di mandare fuori controllo il debito pubblico. Ma solo il 17,6% dei titolari di impresa ritiene che le misure di sostegno saranno sufficienti a contrastare le conseguenze economiche dell'emergenza.
Chi può contare sul proprio gruzzoletto lo tiene al sicuro: rispetto al dicembre 2019, nel giugno 2020 la liquidità (monete, biglietti e depositi a vista) nel portafoglio finanziario degli italiani ha registrato un incremento di ben 41,6 miliardi di euro (+3,9% in termini reali). Non era mai successo prima: nel 2016, l'anno in cui si raggiunse il picco più alto, la liquidità in più si fermò a 25 miliardi. Nel complesso il portafoglio finanziario degli italiani ha superato i 4.400 miliardi.

"I soldi parcheggiati in banca dagli italiani possono triplicare l'effetto sulla ripresa del Recovery fund"

di

Raffaele Ricciardi


Crollano le risorse riversate in azioni (-63,1 miliardi di euro nello stesso periodo, -6,8%), obbligazioni (-11,2 miliardi, -4,6%), quote di fondi comuni (-23,1 miliardi, -5%). I garantiti (chi ha un contratto a tempo determinato, o i pensionati) possono persino permettersi di soggiornare in estate nelle seconde case: ne dispone un italiano su 4 ma 17,6% tra nuclei di livello medio basso contro il 40,6% di quelli di livello medio alto.

Il Covid trascina 5 milioni e mezzo d’italiani nel tunnel della povertà

di

Valentina Conte


Moltissimi dei non garantiti sono scivolati nella povertà. Difficile stabilire quanti poveri in più ci siano in Italia. Il Censis però mette in evidenza due cifre: da marzo a settembre ci sono 582.485 individui in più che vivono nelle famiglie che percepiscono un sussidio di cittadinanza, in crescita del 22,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, mentre quasi 700 mila sono i beneficiari del reddito di emergenza. Moltissimi poi sono in difficoltà anche se non sono ufficialmente "poveri": vive con insicurezza il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, contro un più contenuto 28,6% dei lavoratori presso le grandi aziende.
Eppure anche chi è garantito ha paura, ed è disposto a rinunciare a molto pur di non trovarsi all'improvviso in una situazione di bisogno. Il sondaggio del Censis registra che 73,4% degli italiani indica nella paura dell'ignoto e nell'ansia conseguente il sentimento prevalente. Di conseguenza, il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, il 38,5% è pronto a rinunciare persino ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni.
E di fatto, anche i "garantiti" sono più deboli: in attesa di rinnovo del contratto collettivo di lavoro 13,2 milioni di lavoratori, l'83,6% di quelli finora coperti dalla contrattazione nazionale. "Questa percentuale può essere presa come una misura del rischio di delegittimazione al quale si espone la rappresentanza dei lavoratori, ma che non risparmia anche le organizzazioni datoriali più rappresentative", sottolinea il Censis.
La disparità si estende anche alla sanità e alla scuola. Anzi, sono questi i due settori chiave della vita degli italiani dove sono emerse più drammaticamente. I posti letto di terapia intensiva erano passati dagli 8,7 per 100.000 abitanti della fase precedente al Covid-19, figlia di anni di tagli alla sanità, a 15,3. Ma ci sono distanze enormi tra Regioni come Lombardia e Veneto e la Calabria.

Con le scuole chiuse più diseguaglianze tra gli studenti italiani

di

Tito Boeri e Roberto Perotti


Anche la scuola ha mostrato fortissime carenze localizzate in alcune aree: in difficoltà intanto gli oltre 800.000 studenti figli di stranieri, prime generazioni in Italia, i 268.671 alunni con disabilità e i circa 276.000 con disturbi specifici dell'apprendimento. Al di là delle scuole che non hanno avviato la didattica a distanza, c'è un tasso elevato di dispersione da Dad: nel 18% degli istituti mancava all'appello, su base regolare, circa il 10% degli studenti.
A reggere sono state le Reti, a cominciare da quella che ha permesso di continuare a lavorare e studiare a moltissime persone, Internet: l'87% dei cittadini ha dichiarato di avere utilizzato nell'emergenza la connessione fissa a casa e che è stata sufficiente. Meno del 10% ha lamentato una mancanza di banda adeguata. Gli upgrade a connessioni migliori sono stati limitati (7,4%). In oltre la metà dei casi è stata utilizzata anche la connessione dati del telefono cellulare. Più del 70% dei cittadini ha dichiarato di possedere le competenze di base necessarie per svolgere tutte le attività online. Ma un terzo degli anziani si è autoescluso, e anche i giovani a un certo punto sono andati in sofferenza, stanchi di avere solo contatti online con i propri coetanei.
In questa situazione, conclude il segretario generale del Censis, Giorgio De Rita, spetta alla nostra classe dirigente, che "nello sforzo di confinare l'emergenza" sembra aver "dimenticato di rimettere mani all'aratro", trovare la forza di guardare avanti, "arando dritto". "Questo sforzo, questo coraggio, questa responsabilità – prosegue De Rita – che è attribuibile alla classe dirigente italiana e che oggi è oscurato da uno sguardo corto, dalla necessità di pensare all'oggi, ai decreti di Natale, è forse la più grande sfida che il nostro Paese ha di fronte".
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