AGI – C'è chi, come Carlo Verdone, paragona l'inevitabile “fruscio” dei dischi in vinile a una “poesia che ci dà il senso del tempo” e chi come Elio e le Storie Tese consegna agli spettatori una riflessione temporal-filosofica spiegando che “ascoltare un disco intero su vinile, in quest'epoca in cui la parola d'ordine sembra sia diventata “tutto subito e tutto male”, vuol dire prendersi il proprio tempo e recepire bene e con attenzione, che è poi quello che ha fatto la mia generazione all'epoca dei miei quindici anni”.
È un atto d'amore cinematografico che mixa la devozione per il vinile di musicisti, attori, autori, collezionisti, audiofili, venditori, sociologi, con le varie fasi storiche e tecniche di un'icona ritrovata ‘Vinilici – perché il vinile ama la musica', il primo docufilm dedicato al culto per il 33 giri, diretto da Fulvio Iannucci e appena sbarcato su Amazon Prime Video.
Oggi che il vinile sta vivendo una nuova giovinezza, con una inedita e ampia schiera di appassionati di diverse età, il sei per cento del mercato totale delle vendite e una crescita del 330 per cento dal 2012 (dati Fimi, Federazione industria musicale italiana) non è un caso che il docufilm parta dalla Phonotype Record, fondata a Napoli nel 1901, tra le prime al mondo ad avere uno stabilimento autonomo per la fabbricazione di dischi, per raccontare quindi i vari aspetti legati alla produzione e alla distribuzione, ma soprattutto la devozione, al limite della dipendenza che ha dato vita al titolo, dei vari cultori.
Come il dj Claudio Coccoluto, talebano del vinile, che racconta di riconoscere i suoi dischi con il solo tatto e le sensazioni irreplicabili che prova girando lato A e lato B, facendo notare quindi che per le nuove generazioni “ convinte che la musica sia solo digitale il vinile sembra un oggetto nuovo”.
Forte dei suoi 83 anni Renzo Arbore racconta di aver ascoltato perfino i 78 giri e da primo dj con Gianni Boncompagni nella storia della radiofonia italiana, di aver ricevuto in redazione addirittura “le lacche”, ovvero i prototipi, copie uniche dei vinili”. Ha dei pezzi unici dei Beatles e dei Rolling Stones e ha deciso che donerà la sua collezione alla discoteca di Stato intitolata ad un antico “vinilista”, il napoletano Rodolfo De Angelis che l'ha fondata.
Esperti e appassionati sono tutti d'accordo sulla centralità del fattore tatto, sul sentire la musica attraverso un oggetto che le ridà solidità e rispetto oltre che suoni qualitativamente migliori (anche il violinista Salvatore Accardo per le sue registrazioni ha scelto il vinile) e sulla necessità di resuscitare il rito della condivisione, cancellato dall'ascolto in solitaria della musica digitale: “Quando uscì “Wish you were here” dei Pink Floyd io e i miei amici ci chiudemmo nella mia stanza per ascoltarlo tutti insieme” ricorda Coccoluto.
E tra gli aneddoti gustosi consegnati dai vari intervistati spicca senz'altro quello di Verdone, grande collezionista di vinili: “Ne ho addirittura uno con l'autografo di Jimi Hendrix che gli chiesi quando un giorno lo incontrai a Londra proprio in un negozio di dischi, lui me lo fece quasi infastidito, ma ovviamente non poteva permettersi di mandarmi affan …” racconta divertito.
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