Il Covid-19 continua a fare paura. Angoscia, ipocondria, disagio sociale sono ombre dense che si accumulano sul petto dei cittadini, generando un disagio che prende il nome di pandemic fatigue. La "stanchezza da pandemia" è un disturbo caratterizzato da uno stato di spossatezza misto a preoccupazione e sfiducia a fronte di una situazione di emergenza sanitaria di cui non si intravede la fine.
A rischiare maggiormente sono tutti quei gruppi di popolazione che non possono contare sui fattori di protezione individuali e collettivi. Fra i primi rientrano l'autostima, l'autosufficienza, la capacità di giudizio critico e di filtrare informazioni anche cliniche sulla pandemia. Dei secondi, invece, fanno parte il substrato socio-economico di appartenenza, il sistema di credenza e di valori che si acquisisce per cultura e formazione personale, la fiducia nelle istituzioni, il supporto di una rete scolastica e lavorativa.
Potrebbe la gentilezza contrastare o attenuare la pandemic fatigue? Michelle Lim, psicologa australiana alla Swinburne University di Melbourne ed esperta di problemi mentali legati alla solitudine, ha guidato uno studio dai cui risultati è emerso che, conoscere anche solo sei vicini di casa, riduce la probabilità di sentirsi soli e contribuisce in maniera diretta a ridurre la pandemic fatigue e i disturbi mentali legati alla pandemia di coronavirus. La ricerca, in collaborazione con l'University of Manchester in Gran Bretagna e con la Brigham Young University negli Usa, è stata la prima a quantificare la solitudine attraverso tre Paesi.
Per la precisione l'indagine controllata randomizzata ha esaminato l'impatto di un'iniziativa della durata di quattro settimane centrata sulla gentilezza e condotta dalla piattaforma di social media Nextdoor. I partecipanti sono stati incoraggiati a compiere piccoli atti cordiali nei confronti del vicinato.
Stupefacenti sono stati gli effetti positivi che tali azioni hanno avuto sulle percezioni di connessione sociale. All'inizio del periodo di osservazione, un soggetto su dieci aveva dichiarato di soffrire di solitudine. Al termine delle quattro settimane, la proporzione si era ridotta a uno su venti.
Secondo Michelle Lim, una cosa semplice come un contatto regolare con sei vicini di casa, con il quale si mostra premura e interesse, ha un netto effetto sulle percezioni di connessione. La psicologa sottolinea che le interazioni più efficaci nell'alleviare la solitudine non sono tanto le esperienze significative con amici stretti o con familiari, bensì i momenti incidentali con persone relativamente estranee, ma su base ripetuta.
La pandemic fatigue non solo si traduce in sintomi fisici e cognitivi (ansia, umore depresso, attacchi di panico), ma potrebbe rendere la popolazione meno incline al rispetto delle regole per mancanza di fiducia o perché il prezzo per proteggersi è troppo alto da pagare. La parola chiave per tornare a respirare senza affanno è: resilienza. Si tratta della capacità di impostare nuove abitudini di vita sane, in linea con le norme imposte dalle autorità e di percepire questo cambiamento come una transizione necessaria per uscirne, non come un'imposizione.
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