Berlino, estate. Il quartiere borghese di Charlottenburg. I viali sulla Sprea. I pensionati si scaldano sulle panchine. Sul prato, proprio accanto a un sentiero molto trafficato, una coppia sta copulando; il nudo sedere di lui si muove ritmicamente tra le gambe di lei. Passa un battello turistico, i passeggeri applaudono.
Lo sviluppo sessuale della Germania
In Germania il sesso nei luoghi pubblici è consentito. Tuttavia, bisogna essere discreti; per esempio non vanno mostrati i genitali. Se qualcuno va a lamentarsi dalla polizia, gli amanti rischiano fino a un anno di prigione. Molto spesso la cosa si conclude con una multa. Ma in ogni caso, la coppia sulla Sprea non ha scandalizzato nessuno. Hanno finito e poi si sono separati.
Per chi viene dalla Polonia, una scena simile è piuttosto scioccante. Senza contare le decine di sex club berlinesi dove migliaia di persone si dilettano nel sesso di gruppo, i nudisti che prendono il sole in pieno centro, la parità matrimoniale per omosessuali, la prostituzione riconosciuta come regolare professione, con tanto di copertura assicurativa, diritto alla pensione e tassazione.
Perché la Germania è così libera in fatto di costumi? L’ho domandato a Laura Méritt, femminista sesso positiva, proprietaria del più antico sexy shop europeo per sole donne, cofondatrice del movimento PorYes, orientato alla promozione della pornografia femminista. Laura conduce anche seminari su vari argomenti, per esempio sul massaggio della vulva e sull’eiaculazione femminile. “Non credo che i tedeschi siano particolarmente liberi riguardo alla sessualità. Anzi, da questo punto di vista mi sembrano troppo poco queer, troppo poco gender. Pensiamo per esempio ai cliché, molto diffusi, che un maschio debba sempre essere attivo, avere un’erezione, che il sesso senza l’utilizzo del pene, senza penetrazione, sia in qualche modo peggiore, e così via. La Germania non è un paese particolarmente libero da un punto di vista sessuale, ma sicuramente sta si sta sviluppando”.
Forse questa sessualità tedesca non è ancora molto queer, ma a ben guardare la rottura dei tabù sul sesso in Germania è iniziata 400 anni fa.
Il teologo tedesco Martin Lutero rifiutò obbedienza alla Chiesa cattolica, dando così inizio alla Riforma del XVI secolo. Quando la Chiesa cattolica romana riteneva che il sesso fosse opera del Demonio, Lutero vi vedeva un importante elemento di unione tra l’uomo e la donna. Ovviamente, solo nel contesto del matrimonio: “Non ci può essere alcuna impurezza all’interno del matrimonio proprio per via della sua istituzione, del suo compito e della sua dignità, poiché tutto ciò è bene”, affermò. Scrisse durante un viaggio alla moglie Caterina: “Se Dio vuole, raggiungerò Wittenberg prima delle gelate invernali e vorrei unirmi a te così forte fino a schiantarti”.
L’etica sessuale ecclesiastica venne di fatto capovolta con l’abolizione del celibato e l’introduzione del nuovo ruolo delle donne come mogli dei pastori. I sacerdoti riformati, come lo stesso Lutero, si sposarono, mescolarono dunque il sacro con il profano; di notte facevano sesso con le proprie mogli, di giorno celebravano la messa. Oggi alcune Chiese protestanti risultano addirittura più conservatrici della stessa Chiesa cattolica, ma molte ammettono il sacerdozio femminile e celebrano i matrimoni omosessuali.
Lutero aveva comunque un lato oscuro: era profondamente convinto che le streghe andassero debellate sul rogo.
Per l’avvento di un’autentica rivoluzione sessuale, la Germania – come tutto il mondo occidentale – dovette attendere il 1968. Prima ancora, tuttavia, ci furono eventi e persone a cui la rivolta del ’68 poteva fare riferimento.
L’Einstein del sesso
Negli anni Venti dello scorso secolo Berlino era considerata la città più peccaminosa d’Europa. Dopo le atrocità della Prima guerra mondiale, la gente aveva fame di vita. Ballerine seminude calcavano le scene dei teatri di rivista e dei cabaret. Le feste non di rado finivano con orge. Gay, lesbiche e trans avevano i loro club e i loro caffè. Si stima che fossero circa duecento, dunque forse più di oggi, per quanto le relazioni omosessuali maschili fossero punibili con la prigione. Qualche decennio più tardi lo scrittore Christopher Isherwood ha ricordato così quel periodo licenzioso: “A Berlino non bastava solo la volontà di fare sesso, bisognava specializzarsi. E nel caso in cui non uno non riuscisse a prendere una decisione, esisteva l’Istituto per la ricerca sessuale, dove si potevano studiare le foto degli ermafroditi, gli strumenti di tortura dei sadici, i fantasiosi disegni delle ninfomani, la biancheria intima femminile indossata dagli ufficiali sotto le uniformi e molte altre cose meravigliose. Il direttore dell’Istituto, un vecchio professore molto rispettato e animato da atteggiamento rigorosamente scientifico, sembrava un po’ deluso dal fatto che io non mostrassi alcuna particolare preferenza. Mi ha guardato con aria di rimprovero attraverso le spesse lenti dei suoi occhiali, ha passato le dita tra i miei sporchi capelli biondi e alla fine ha diagnosticato il mio caso come infantilismo”.
Il professore in questione, Magnus Hirschfeld, fondò il suddetto istituto nel 1919 rigettando, già cento anni fa, il modello binario della sessualità umana. Riteneva che esistessero delle fasi intermedie tra maschilità e femminilità. La sua teoria sarebbe poi stata sviluppata da Alfred Kinsey che, a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta, studiò la sessualità degli americani e realizzò una scala di sei punti sull’orientamento psicosessuale umano. I media americani soprannominarono Hirschfeld l’“Einstein del sesso”. Ebreo tedesco e gay, può essere considerato il padre della sessuologia mondiale. L’Istituto per la ricerca sessuale fu una delle prime istituzioni a venire liquidata da Hitler dopo la sua salita al potere.
Il Terzo Reich aveva un atteggiamento molto singolare nei confronti della sessualità. La propaganda nazista arrivava a incoraggiare le relazioni extraconiugali, purché fossero “sane” e finalizzate alla procreazione di prole ariana. Nell’ambito del Reichsarbeitsdienst (RAD), il corpo ausiliario nazista istituito nel 1934, venivano promossi i contatti sessuali tra le giovani donne e i militari; i preservativi erano generosamente distribuiti tra i soldati. Ma solo nell’ambito del legittimo sesso “razziale”; i rapporti sessuali con una “razza inadeguata”, o con persone dello stesso sesso, erano severamente vietati. I gay e le persone trans furono tra i primi gruppi a finire nei campi di concentramento.
Oggi, centinaia di migliaia di persone di tutto il mondo si incontrano per la parata annuale del Christopher Street Day. Durante l’ultima edizione prima della pandemia, nel 2019, proprio in occasione del centenario della fondazione dell’Istituto di Hirschfeld, oltre un milione di persone ha sfilato per le strade di Berlino. Famoso è anche il fetish Folsom Europe, il festival gay e lesbico del quartiere Schöneberg, dove abbondano i locali arcobaleno, i club e i sexy shop. A settembre le strade intorno a Nollendorfplatz si riempiono di persone seminude che indossano indumenti di pelle, latex, maschere, collari e finimenti.
Omo, etero, bisex, trans, queer: a Berlino ognuno si sente a casa sua. Inclusi gli appassionati del kink, ovvero delle pratiche sessuali non convenzionali. Si può scegliere tra decine di sex club dove, oltre a ballare, è possibile fare sesso, incluso con estranei, nel corso di feste fetish tra pelle, latex, pissing. Ci sono club di scambisti, bordelli, seminari dove ci si può cimentare con le pratiche di sottomissione e dominazione. Internet è pieno di reclame su workshop sessuali tantrici, corsi di bondage o di massaggio intimo.
Il club più antico di Berlino, il KitKat, è aperto a persone di tutte le età, a partire dai 18 anni. È questo forse l’aspetto più peculiare della scena sessuale di Berlino: non è soltanto animata da persone giovani, belle e atletiche, ma anche da gente di mezza età o addirittura da rappresentanti della generazione del ’68, oggi settantenni. Al KitKat vige uno specifico dress code: nel vestirsi non va trascurato l’aspetto erotico. Esporre parti del proprio corpo è cosa ben vista. L’interno del locale è un po’ datato, ricorda una discoteca degli anni Ottanta. Alcune persone ballano, altre utilizzano i numerosi angoli e anfratti per fare sesso in gruppi più o meno grandi. Volendo si può anche solo stare a guardare. Nel 2019 il proprietario dell’edificio ha disdetto il contratto d’affitto con il KitKat. Il fatto ha suscitato preoccupazione nel senato di Berlino che considera il club una delle maggiori attrazioni turistiche della capitale. Christian Goiny, un politico del partito di destra CDU (Unione Cristiano-Democratica di Germania) ha invitato la città a trovare un altro sito attraente per il benemerito club del sesso a “condizioni di locazione favorevoli e a lungo termine”. E il dipartimento della cultura del Senato ha dichiarato che “il KitKat e il Sage Club (altro locale che rischia di dover lasciare la sua sede storica) sono icone della cultura del clubbing di Berlino che vogliamo sostenere”.
Oltre al KitKat, considerato ormai un classico, tra gli altri famosi sex club berlinesi vanno menzionati Insomnia, CarneBall Bizzare, Gegen, Apokalipstick, House of the Red Doors, Pornceptual, Polymotion. Senza contare il Berghain, famosissimo club techno aperto ai cercatori di nuove impressioni sessuali. Può accogliere fino a 2.000 persone. Ma prima di poter superare la selezione, devi farti le tue belle ore di coda.
“All’entrata non si guarda chi è vestito come, la maggior parte delle persone si cambia o si spoglia una volta all’interno”, spiega Thomas, habitué del locale. “Nello spogliatoio ci sono molte persone nude e seminude, proprio come in uno spogliatoio in piscina, non c’è alcun imbarazzo. Inoltre non esiste un particolare dress code, per quanto a molti clienti piace il fetish. Una volta c’era una coppia sadomaso, lui era lo schiavo, lei lo tormentava in continuazione; lo faceva camminare sulle ginocchia, anche su e giù per le scale, si vedeva il dolore sul suo viso, mi faceva molta pena. Poi penso che si siano lasciati. Lui ha cominciato a venire da solo, beveva. Ha cercato di cercare una nuova dominante, si avvicinava alle ragazze, si sdraiava per terra, gli baciava le scarpe. Un altro frequentatore è un uomo che si piazza in bagno vicino agli orinatoi per tutta la serata. Quando gli piace un ragazzo, gli chiede educatamente di fargli pipì in bocca. Sta sempre lì, come un mobile. Una volta non si è più visto e tutti si chiedevano cosa gli fosse successo”.
L’obbligo matrimoniale del rapporto sessuale
Si parla di Berlino come del “Bordello d’Europa”; in città si trovano cose che non ci sono in nessuna altra parte del mondo, forse solo in Giappone (dove va per la maggiore il pornokaraoke). In un locale del quartiere Prenzlauer Berg vengono proiettati, senza audio, film porno di scarsa qualità degli anni Settanta. Il pubblico, tendenzialmente femminile, improvvisa dialoghi tra gemiti e mugolii.
Dal 2006, uno dei tanti eventi culturali è Pornfilmfestival dedicato al cinema porno indipendente e alternativo dove la pornografia si intreccia con la politica, il femminismo e l’ecologia. Dal 2009, viene assegnato il premio femminista PorYes ai migliori registi di film porno pensati per il pubblico femminile. Ogni anno si svolge a Berlino la fiera erotica internazionale Venus Berlin. In un’area di oltre due ettari vengono presentati circa 250 espositori di 40 paesi.
E pensare che fino al 1973 vigeva il cosiddetto Kuppelparagraph, il paragrafo per il lenocinio. Si punivano non solo i lenoni ma anche gli albergatori che affittavano una stanza a una coppia non sposata. Potevano andare incontro a conseguenze legali persino i genitori se permettevano ai propri figli adulti di dormire con i propri partners nella stessa stanza senza che fossero sposati. Nel 1968, il settimanale Der Spiegel riportava: “Il tribunale distrettuale di Passau ha condannato un muratore di 68 anni e sua moglie di 63 anni al carcere per grave lenocinio. La coppia ha permesso che il figlio quarantaduenne vivesse nella loro casa con la propria compagna e i loro quattro figli senza che fossero uniti in matrimonio”. Il matrimonio patriarcale era sacro. Nel 1966, un tribunale di Karlsruhe sentenziò: “Il matrimonio obbliga la donna ad avere rapporti sessuali nella disponibilità al sacrificio e proibisce di mostrare indifferenza o avversione”.
A quei tempi, la pornografia era vietata nella Repubblica Federale Tedesca, così come la vendita e la pubblicità di prodotti contraccettivi (ad eccezione dei preservativi). Il sesso tra maschi poteva essere punito con il carcere addirittura fino al 1994; l’ultimo condannato è stato rilasciato solo nel 2004. L’aborto era completamente bandito e chi lo praticava rischiava fino a cinque anni di prigione. Il paragrafo 218 in questo ambito vige ancora oggi, per quanto in realtà sia lettera morta. Nel 1974 è stato riformato, ma non rimosso.
Orgasmatron
In una simile atmosfera, nel lontano 1962, Beate Uhse aprì il primo sexy shop del mondo nella cittadina tedesca di Flensburg. Solo nei primi dieci anni di attività venne chiamata 25 volte a comparire davanti a un giudice e contro di lei furono avviati ben 400 procedimenti penali per “favoreggiamento dell’adulterio”. Quando poi la pornografia venne legalizzata, Beate Uhse si occupò della produzione e distribuzione di film porno, ragion per cui fu scomunicata dalle femministe tedesche. Era tuttavia una ex pilota della Wehrmacht, nata nel 1919, l’anno in cui Hirschfeld fondò l’Istituto per la ricerca sessuale; non era una missionaria che lottava per la rivoluzione sessuale o l’emancipazione delle donne, ma solo una donna d’affari. Lei stessa diceva di sé: “Non sono mica Gesù, sono un’imprenditrice”.
Forse la storia sessuale della Germania sarebbe stata diversa se Sigmund Freud non avesse scritto in tedesco, se avesse formulato in un’altra lingua i termini con cui descriveva la sua teoria sessuale. Freud ridefinì la sessualità umana attraverso il prisma della ricerca del piacere e non semplicemente della finalità procreativa. Sosteneva che l’intera cultura sia nata come sublimazione della pulsione sessuale e che questa pulsione sia la forza fondamentale che spinge avanti la nostra civiltà. Oltretutto era ben consapevole della rivoluzione che aveva iniziato. Scrisse a Carl Gustav Jung: “Per favore promettimi che non rinuncerai mai alla teoria sessuale. Dobbiamo farne un dogma, un bastione difensivo incrollabile contro la nera e fangosa inondazione dell’occultismo”.
Il secondo scienziato di lingua tedesca che ebbe un ruolo determinante nell’influenzare la sessualità dei tedeschi di oggi fu Wilhelm Reich, uno studente di Freud. Condusse, tra l’altro, delle ricerche sulle tensioni causate dall’insoddisfazione del desiderio sessuale; il suo principale oggetto di studio in questo ambito era la masturbazione. Si occupava anche dell’educazione sessuale negli ambienti operai. Riteneva la verginità una malattia e propose di curarla attraverso i contatti sessuali, compresi quelli di gruppo. Era un personaggio controverso, per usare un eufemismo: ebbe molte fidanzate e mogli, praticò su di loro l’aborto. Pare che la sua prima compagna fosse morta proprio a causa di un intervento abortivo mal eseguito. Arrivò a molestare le sue pazienti, costringendole ad avere rapporti sessuali con lui. Dal 1935 condusse delle ricerche sull’orgasmo: i volontari venivano collegati a un oscillografo e ascoltavano racconti erotici, guardavano donne nude, si masturbavano in coppia o in gruppo. Uno di questi volontari fu il futuro cancelliere tedesco Willy Brandt.
Reich è ideatore della teoria esoterica e pseudoscientifica dell’Orgone, l’energia cosmica e creativa che pervade la natura. Arrivò a costruire l’Accumulatore orgonico per catturare l’energia dal cosmo e trasferirla nel corpo umano. Questo strumento fu poi la fonte di ispirazione per l’Orgasmatron, in cui Barbarella interpretata da Jane Fonda raggiunge un orgasmo cosmico in un film, per quei tempi, rivoluzionario.
Reich morì devastato dalle sue paranoie e bollato come ciarlatano in una prigione della Pennsylvania nel 1957. Dieci anni dopo, insieme ai filosofi Herbert Marcuse e Theodor Adorno, divenne uno dei guru della rivolta studentesca. Forse soprattutto per via della sua convinzione che l’oppressione sessuale sia un elemento intrinseco del capitalismo e che nella sessualità repressa vada individuata la radice di tutti i mali, inclusi il fascismo e il nazismo. Nel 1968, gli studenti tedeschi ribelli scandivano: “Leggi Reich e agisci!”. Leggevano la sua opera e proclamavano che la famiglia patriarcale non è in grado di soddisfare i bisogni sessuali, quindi è la radice di ogni male e deve scomparire.
Una medicina per il fascismo
Nel 1967, a Berlino Ovest, venne istituita la Kommune I. Doveva essere l’opposto della famiglia borghese. I suoi membri promuovevano l’amore libero. Vivevano insieme e facevano l’amore su materassi stesi per terra. Avevano rimosso la porta del bagno. Seguendo il pensiero Reich, credevano che una sessualità autenticamente libera potesse prevenire sia il fascismo che le nevrosi. Uno dei motti di questa rivoluzione era: “Chi va a letto due volte con la stessa appartiene all’establishment”. In questo slogan salta agli occhi il complemento indiretto “con la stessa”. Si trattava infatti di una rivolta di maschi eterosessuali. La rivoluzione sessuale delle donne è arrivata solo dopo e l’emancipazione delle persone LGBT+ è stata il suo ultimo atto.
Almeno altrettanto famosa quanto la Kommune I era la cantina della sede della SDS (Lega tedesca degli studenti socialisti) a Francoforte sul Meno. Al primo piano si svolgevano le riunioni dei rivoluzionari e, una volta concluse, gli attivisti scendevano nel seminterrato e si lasciavano andare a orge sessuali.
Nella Germania dell’Est, la situazione era diversa rispetto alla Germania Ovest. L’aborto e gli anticoncezionali erano accessibili e gratuiti, il sesso fuori dal matrimonio era legale così come i rapporti omosessuali. E dagli anni Settanta, mentre nella Germania Ovest imperversava la rivoluzione sessuale, “i tedeschi della Repubblica Democratica Tedesca avevano accesso a ciò noi potevamo solo sognarci” ha ricordato il prof. Lew-Starowicz al settimanale “Wprost” nel 2000. “Poiché il Muro di Berlino non poteva ergersi nell’etere, era possibile guardare a volontà i programmi televisivi della Germania Ovest con tanto di signorine spogliate, oppure ascoltare trasmissioni sull’amore libero piuttosto scioccanti, almeno per quei tempi. Sapevamo, e alcuni di noi lo sapevano avendolo visto con i propri occhi, che gli abitanti della Germania dell’Est erano disinibiti. Per loro non c’era alcun tabù riguardo al sesso”.
Pare che in Germania sia piuttosto diffusa la convinzione che gli abitanti dell’ex-Germania orientale avessero una vita sessuale più soddisfacente. Il sessuologo Kurt Starke si arrabbia ogni volta che lo sente dire. “Nel 1988, insieme al mio collega Ulrich Clement, abbiamo confrontato il comportamento sessuale degli studenti della Germania Ovest e della Germania Est", ha raccontato al settimanale “Der Spiegel”. “Abbiamo scoperto che le studentesse della Repubblica democratica tedesca arrivavano all’orgasmo più spesso delle ragazze della Repubblica Federale. Nel 1990, il quotidiano Bild ha ritrovato questo studio e ha annunciato in prima pagina che le donne della RDT arrivano l’orgasmo più spesso! È nato così uno stereotipo ancora diffuso, ovvero che le tedesche dell’est siano meglio a letto. Ma lo scarto statistico tra le studentesse era minimo”.
In ogni caso è stata sicuramente la Germania orientale a introdurre il FKK (Freikörperkultur), ovvero il naturismo, inteso come integrale stile di vita. Nella Germania dell’est, nel 1982, esistevano già 40 lidi balneari per nudisti, mentre nel 1988 erano saliti a 60. C’erano anche campeggi speciali per nudisti, con campi da pallavolo e parchi giochi per bambini. La FKK ha una lunga tradizione in Germania. Il primo club per nudisti sorse nel lontano 1898 nella regione della Ruhr.
A Tiergarten, il grande parco del centro di Berlino, proprio accanto alla Colonna della Vittoria (quella sormontata dall’angelo dorato), c’è un prato dove i nudisti per tutta l’estate espongono al sole i loro corpi nudi; si trova a circa un chilometro di distanza dal palazzo Bellevue, residenza ufficiale del Presidente tedesco, a due chilometri dal Reichstag e dall’ufficio del cancelliere. Una volta c’è stato un violento acquazzone. Un giovane in abito adamitico è corso a rifugiarsi sotto a un portico, insieme a un gruppo di altre persone. Ha estratto senza fretta un asciugamano e dei vestiti dallo zaino, si è asciugato e si è rivestito. Nessuno ci ha fatto caso. Una normale scena berlinese. Nella stessa Berlino, ci sono una dozzina di laghi con selvagge spiagge sorvegliate, dove i bagnanti in costume da bagno si mescolano a quelli completamente nudi, uomini e donne, giovani e vecchi. Di fatto le classiche spiagge per nudisti non esistono più: se qualcuno ha voglia di spogliarsi completamente lo fa e basta.
Sì potrebbe anche arrischiare la tesi che, in una certa misura, i tedeschi debbano il naturismo a Martin Lutero. In fondo i fondatori del movimento FKK erano per lo più protestanti.
(Copyright Gazeta Wyborcza/Lena-Leading European Newspaper Alliance. Traduzione di Dario Prola)
* In Germania l’aborto è consentito entro i primi tre mesi di gravidanza. Dopo tale termine, è consentito nel caso in cui la gravidanza metta in pericolo la salute mentale e fisica della donna o in caso di potenziale pregiudizio per il feto.
Ma se pubblicizzi l'aborto o ricorri a questa pratica senza passare dal consultorio passi i guai. C'è un grosso e acceso dibattito sulla questione.Original Article
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