L’Italia avrà la più grande flotta di aerei da spionaggio elettronico d’Europa. Dieci jet con i sistemi più avanzati e costosi del pianeta, in grado di individuare, analizzare e disturbare qualunque impulso, dai telefonini ai radar. Un programma ambizioso, presentato dal governo Conte due settimane fa, che decreta l’acquisto di altri otto 007 alati da Stati Uniti e da Israele, in aggiunta ai due già in servizio. Difficile stimare il costo finale dell’operazione, che dovrebbe essere vicino ai cinque miliardi di euro: solo per la nuova tranche sono stati stanziati 1.223 milioni.
Questi aerei sono letteralmente delle “spugne” di dati, capaci di intercettare qualunque emissione su un’area vastissima, analizzarla in tempo reale con l’intelligenza artificiale e distribuire i risultati ai comandi di Esercito, Marina e Aeronautica. Diventeranno gli snodi volanti di una rete di sorveglianza globale, scambiando informazioni direttamente con i satelliti, con i caccia, con le navi o con i reparti di fanteria. In più possono compiere operazioni mirate per la lotta al terrorismo: cercare la voce di un singolo ricercato attraverso milioni di conversazioni telefoniche e quando la trovano, localizzarne la posizione e seguirne i movimenti. Macchine con tecnologia eccezionale a un prezzo straordinario: ogni velivolo costa circa mezzo miliardo di euro.
Queste centrali di intelligence già oggi sono protagoniste di duelli elettronici nei cieli più caldi del globo. A largo di Cipro, si sfidano Embraer greci e Boeing turchi mentre davanti a Taiwan si confrontano jet-radar cinesi e statunitensi. Ma nessun Paese europeo ha deciso un potenziamento pari a quello lanciato dal governo Conte: la Gran Bretagna ha tre aerei di questo tipo, seppur più grandi; la Francia ha scelto di acquistarne tre e persino Israele ne schiera otto. L’Italia invece ne vuole dieci.
La grandeur del programma appare di gran lunga superiore alle mire della nostra politica estera, che finora si è tenuta lontana da posizioni assertive nelle crisi del Mediterraneo, che si tratti di Libia o delle tensioni per i giacimenti petroliferi dell’Egeo. Nel presentare l’operazione alle Camere, l’esecutivo ha però sottolineato la “trasversalità e imprevedibilità delle future minacce, quella terroristica in primo luogo, ma anche l’utilizzo di armi di distruzione di massa e l’instabilità regionale. La risposta militare passa attraverso adeguate capacità di ricognizione e sorveglianza”. Insomma, un investimento massiccio per prevenire i pericoli degli anni venturi.
La struttura del piano, però, ha caratteristiche senza precedenti. Si è deciso infatti di acquistare subito otto aerei, anche senza disporre dei fondi per attrezzarli. Soltanto due riceveranno le apparecchiature elettroniche; gli altri sei resteranno in attesa di trovare le risorse per equipaggiarli. Una procedura mai seguita prima, che di fatto vincola gli stanziamenti per i prossimi decenni, giustificata con una motivazione tecnica: il velivolo scelto sta per uscire dalla produzione e per adattare un altro modello bisognerebbe affrontare spese ancora più consistenti.
Per questo saranno comprati negli Usa otto bireattori Gulfstream G-550, jet usati normalmente per i viaggi d’affari dei vip, che successivamente verranno modificati dall’azienda israeliana Elta per renderli compatibili con l’attività di intelligence. Poi soltanto sui primi due saranno montati gli apparati elettronici. Gli altri sei rimarranno ad aspettare i finanziamenti. Il costo dell’aereo infatti si aggira sui 60 milioni di euro, mentre quello dei sistemi di spionaggio supera i 400 milioni per ogni esemplare. Così i 1.223 milioni appena stanziati basteranno solo per due velivoli completi e sei “vuoti”.
Stando alla rivista specializzata Rid, i primi due Gulfstream saranno dotati di sistemi elettronici forniti dall’azienda statunitense L-3 Harris attraverso un accordo con il governo di Washington: una scelta imposta dalla necessità di avere apparati integrati nella rete della Nato. Per alcuni degli altri sei invece si
ipotizza di ricorrere a strumentazione israeliana simile a quella dei due velivoli già in servizio con l’Aeronautica: è una versione chiamata Caew dedicata al monitoraggio dello spazio aereo, che funziona anche da radar volante pur mantenendo potenti capacità di intelligence.
Poiché non si tratta di prodotti nazionali, il governo prevede di ottenere il coinvolgimento di ditte italiane nella costruzione di componenti o di negoziare contropartite con i Paesi fornitori. Quando sono stati acquistati i primi due Gulfstream Caew, ad esempio, Israele firmò un contratto di pari importo per i jet d’addestramento Aermacchi M-346. Proprio ieri il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu discutendo la “volontà di sviluppare ulteriormente gli ambiti di cooperazione nel settore militare, una collaborazione che contribuisce sia alla rispettiva sicurezza dei paesi che a ulteriori positive ricadute in termini industriali”. E l’accordo con gli Stati Uniti prevede compensazioni per le aziende italiane pari al 93% del valore. A beneficiarne dovrebbe essere soprattutto il gruppo Leonardo. In più, nell’aeroporto di Pratica di Mare, a pochi chilometri da Roma, sorgerà un centro di manutenzione specializzato con duecento dipendenti che dovrebbe occuparsi dei velivoli in servizio con altre nazioni.
Il decreto ministeriale che dispone l’esborso ha un titolo lunghissimo e di difficile comprensione: “Acquisizione, funzionamento e supporto di una piattaforma aerea multi-missione e multi-sensore per la condotta di attività di caratterizzazione, sorveglianza e monitoraggio della situazione tattico-operativa, di supporto decisionale di livello strategico e operativo, di comando e controllo (C2) multi-dominio e di protezione elettronica”. Ieri il programma è stato però illustrato nei dettagli dal generale Nicolò Falsaperna, direttore nazionale degli armamenti, alle Commissioni Difesa di Camera e Senato, con parecchie domande dei parlamentari per comprendere la genesi del progetto e le ricadute degli investimenti. Contrariamente al passato, gli esponenti del M5S sono tra i più determinati sostenitori dell’operazione. Deputati e senatori dovranno esprimere il loro parere entro l’Epifania mentre i colleghi della Commissione Bilancio formuleranno le loro osservazioni prima di Natale. Ma le Commissioni parlamentari non possono fermare il decollo della squadriglia di 007 volanti: hanno il diritto di chiedere modifiche e far ripresentare il piano. Che comunque dopo la seconda istanza verrebbe in ogni caso varato dal governo.Original Article
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