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L’Economist promuove “The Crown”

LONDRA – È uno degli argomenti più accanitamente discussi sui social media, dunque nella bolla che contiene interessi e passioni dell’umanità: la descrizione della famiglia reale fatta da “The Crown” è fiction o veritiera? La quinta stagione del popolare serial di Netflix ha raccontato l’ascesa al potere di Margaret Thatcher e soprattutto il matrimonio, i tradimenti e il divorzio di Carlo e Diana, un passato non tanto remoto, scatenando accuse a non finire contro gli sceneggiatori, colpevoli di avere inventato qualche scena, esagerato qualche situazione, modificato certi avvenimenti. L’accusa numero uno è quella di avere messo in cattiva luce l’erede al trono: il principe di Galles ne esce come un giovane fragile, un marito invidioso della popolarità della moglie e un coniuge infedele dal primo momento, visto che la relazione con Camilla, diventata la sua seconda moglie dopo la scomparsa di lady, non si è mai interrotta.
La polemica è cresciuta al punto da indurre Oliver Dowden, il ministro della Cultura britannico, a esigere che d’ora in poi, ovvero per la sesta stagione del serial, in cui presumibilmente assisteremo alla morte di Diana in un incidente d’auto, tragedia che secondo i teorici della cospirazione porta la firma della royal family, sia preceduta sugli schermi dall’avvertimento che si tratta di una finzione narrativa, di fiction appunto, un po’ come quei romanzi in cui una dicitura avverte il lettore: “Fatti e personaggi non hanno niente a che fare con la realtà”.
Sulla vicenda interviene questa settimana l’Economist, dedicandovi niente meno che un editoriale, tanto per dimostrare che non si tratta soltanto di chiacchiere da bar, sia pure bar digitale quali sono i social network, ma di una faccenda ben più seria. E il verdetto dell’autorevole periodico globale è netto: “Ha importanza che The Crown racconti la realtà in forma di fiction? Offre comunque una versione più autentica della storia che ci vogliono vendere i Windsor”. In altre parole, il serial “ci prende”, fotografa i reali come sono effettivamente, dalla regina Elisabetta al marito Filippo, dal principe Carlo ai suoi fratelli e sorella, dalla principessa Margaret, sorella della sovrana, alla regina madre.
La storiografia ufficiale presenta la famiglia reale come un eterno lieto fine. La realtà, come ha scritto anche un columnist “repubblicano” del Guardian, è che alcuni dei suoi membri sono anche peggio di come li descrive “The Crown”, a cominciare dalla regina madre, che beveva troppo e aveva sentimenti molto vicini al razzismo, per finire con la stessa Elisabetta II, esemplare regina, ma madre incapace di affetto. Le teorie della cospirazione secondo cui sarebbero stati i Windsor, come Filippo o Carlo in qualità di mandante, a fare uccidere Diana, non stanno in piedi: come ha certificato fra l’altro il parere del medico legale sull’incidente, in cui se Diana avesse allacciato la cintura sarebbe sopravvissuta. Ma che Carlo la tradisse con Camilla, e la maltrattasse anche in pubblico, era noto molto prima del serial di Netflix: lo dimostrano innumerevoli filmati dell’epoca, interviste, libri e documentari.
Del resto “The Crown” non è un documentario: cosa si dicessero Carlo e Diana chiusi in una stanza lo sapevano soltanto loro, scrive l’Economist. Ma allo stesso modo “Guerra e pace” non è un libro di storia sull’invasione napoleonica della Russia, è un romanzo che mescola realtà e fantasia, eppure trasmette lo spirito dell’epoca meglio di quanto possano fare molti libri di storia. Rimane il fatto che un serial televisivo abbia molti più spettatori di un documentario, e un romanzo più lettori di un libro di storia: la percezione di chi erano i Windsor, chi siano stati Carlo e Diana, rimarrà indelebile nella psiche collettiva più grazie a Netflix che ai biografi ufficiali di corte. Venire ritratti dalla cultura popolare è inevitabile, per un personaggio pubblico. La differenza, casomai, è che se un politico o un attore si sentono diffamati da un serial tivù, possono fare causa. I Windsor non l’hanno mai fatto, tranne che per tenere alla larga qualche paparazzo, e c’è da dubitare che il principe Carlo sarà il primo a rompere questa tradizione.Original Article

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