A Francofonte in Germania, il proprietario di una pizzeria ha chiamato la sua attività "Falcone e Borsellino". All'interno c'è l'iconica immagine dei due magistrati ritratti dal fotografo Tony Gentile e accanto c'è la foto di Don Vito Corleone, il protagonista della saga cinematrografica del Padrino. L'indignazione per quell'accostamento quanto meno fuori luogo ha portato la sorella del giudice Falcone, Maria, a fare ricorso al tribunale per l'uso distorto delle immagini e dei nomi di Falcone e Borsellino. Ricorso respinto perché, scrive il tribunale: "Sono passati quasi 30 anni dalla morte di Falcone e il tema della lotta alla mafia non sarebbe più così sentito tra i cittadini. Inoltre il giudice ha operato principalmente in Italia, e in Germania sarebbe noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori e non alla gente comune". Il commento a caldo di Maria Falcone è stato di delusione e amarezza. "Questa sentenza è una grossa delusione per noi italiani, un vero affronto. È di un giudice monocratico, ma non rappresenta di certo la sensibilità della Germania e del sistema giudiziario tedesco. Siamo pronti all'appello", ha detto.
Non è la prima volta che il nome di Falcone e Borsellino viene usato a sproposito, non è neanche la prima pizzeria che inneggia alla mafia, al padrino o a don Vito Corleone. Di esempi ce ne sono stati in passato e altri se ne ripeteranno prossimamente, ne siamo certi. Forse perché la mafia sembra attrarre turisti, che vengono a Palermo per partecipare al mafia tour e rivedere con i propri occhi i luoghi delle stragi dove hanno perso la vita: magistrati, poliziotti e giornalisti trucidati dalla mafia tra gli anni Settanta e Novanta. E così dopo aver letto l'ennesima notizia che riguarda l'uso improprio del nome di Falcone e Borsellino da parte di una pizzeria, da siciliano e da palermitano che è nato nell'anno della strage di Rocco Chinnici, che ha visto saltare in aria Falcone e in una domenica pomeriggio di luglio ha visto con i propri occhi scene di guerra in una zoan residenziale. Ecco per chi è cresciuto a questa latitudini forse è arrivato il momento di darci un taglio con questa idolatria alla mafia. Basta con queste fiction tanto romanzate e poco attinenti alla realtà, basta con questa esaltazione del cattivo di turno. Questo modo di raccontare la Sicilia ha stancato. Questa terra ha alzato la testa, ha cambiato marcia proprio all'indomani delle stragi del 1992. Lì dove sembrava morta la speranza dei palermitani onesti, lì è nato il movimento delle lenzuola bianche, è nato un sentimento di rivalsa verso chi opprimeva e opprime la città come una tenaglia. La mafia c'è ancora e fa affari, ma non è forte come prima perché adesso lo Stato risponde colpo su colpo.
Sarebbe bello invece, che si cambiasse prospettiva. Se si parlasse anche di ciò che succede adesso e non sempre e solo di quello che è stato, ci si renderebbe conto dei grandi passi avanti che si sono fatti nel contrasto alle mafie, alla criminalità organizzata, allo spaccio e alla corruzione. Grazie agli insegnamenti di Falcone c'è un nuovo metodo investigativo che viene applicato dalle forze dell'ordine, grazie all'uso di moderne tecnologie oggi è più facile stanare boss e padrini (quelli veri). Oggi il lavoro dei magistrati e delle forze dell'ordine è una sinergia che ha permesso di stanare capi mandamento, famiglie e boss. La guerra alla mafia non è vinta, ma più di una battaglia è stata vinta. La mafia oggi non è imperante come un tempo. C'è perché ammalia, affascina e dà un'occasione a chi non ce l'ha. Ed è questo su cui bisogna lavorare, ma non è più quella di 30 o 40 anni. Lo scrittore Gesualdo Bufalino diceva che per sconfiggere la mafia servirebbe un esercito di maestre elementari. Ecco, deve cambiare la mentalità e su questo stiamo lavorando: tutti, nessuno escluso. Falcone e Borsellino hanno tracciato la strada e il loro sacrificio è una luce verso i palermitani e i siciliani onesti.
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