Mentre dilagava in tutto il mondo, nella sequenza genetica del coronavirus si sono verificate alterazioni casuali. La maggior parte di queste mutazioni, come piccoli refusi poco rilevanti in un testo, non ha modificato granché il modo con il quale si comporta il virus. Tuttavia, verso l'inizio della pandemia una mutazione ha fatto la differenza, come attestano nuove ricerche, ed essa ha aiutato il virus a passare più facilmente da una persona all'altra e a rendere più difficile fermare la pandemia.
La mutazione, nota con la sigla 614G, è stata identificata dapprima in Cina orientale a gennaio, e si è poi diffusa rapidamente in tutta Europa e nella città di New York. Nel giro di pochi mesi, la variante ha conquistato buona parte del pianeta, prevalendo su tutte le altre. Per mesi, gli scienziati ne hanno discusso animatamente le cause. I ricercatori del Los Alamos National Laboratory a maggio hanno sostenuto che la variante quasi certamente aveva perfezionato la capacità del virus di contagiare in modo più efficace le persone. Molti erano scettici in proposito e sostenevano che la variante potesse essersi presentata e diffusa per puro caso, comparendo più spesso in modo casuale in grandi epidemie, come quella che ha colpito l'Italia settentrionale, e che poi hanno acceso focolai altrove.
Il coronavirus è mutato e ora una variante domina il mondo
Elena Dusi
Un gran numero di nuovi studi – comprese alcune analisi genetiche approfondite delle epidemie del passato e ricerche di laboratorio su cavie e tessuto polmonare umano – di fatto ha confermato l'opinione secondo cui la mutazione del virus ha apportato al virus un vantaggio particolare, permettendogli di replicarsi più facilmente e di contagiare le persone in modo più aggressivo rispetto alla variante ancestrale inizialmente individuata a Wuhan in Cina.
Come si è diffusa la mutazione
La mutazione 614G, scoperta per la prima volta in Cina orientale, ha iniziato a presentarsi in piccole percentuali in tutti i campioni genetici, ma si è poi diffusa rapidamente in tutto il mondo, spodestando tutte le altre varianti. Non ci sono prove dalle quali si possa concludere con certezza che un coronavirus con la mutazione 614G provochi sintomi più gravi, uccida più persone o complichi la messa a punto dei vaccini. Le nuove scoperte non cambiano neppure un dato di fatto: le regioni che hanno attivato un rigido confinamento con tempestività e determinazione, incoraggiando provvedimenti come il distanziamento sociale e l'uso delle mascherine, se la sono cavata meglio di quelle che non l'hanno fatto.
Tuttavia, David Engelthaler, genetista del Translational Genomics Research Institute in Arizona, dice che quel piccolo cambiamento nel genoma del virus sembra aver avuto enormi ripercussioni a cascata. "In fin dei conti, può darsi che sia proprio quella mutazione ad aver provocato la pandemia". Le prime comparse del virus si sarebbero allargate a tutto il mondo anche senza la mutazione: così crede la maggior parte dei ricercatori, compreso Engelthaler. La variante ancestrale, individuata a Wuhan in Cina alla fine del 2019, era già molto aggressiva. Tuttavia, la mutazione sembra aver fatto dilagare più rapidamente e più lontano la pandemia di quanto sarebbe avvenuto senza di essa.
La prudenza degli scienziati
Studi di laboratorio hanno accertato che le mutazioni del virus dell'Ebola, che si è diffuso in Africa occidentale a cominciare dal 2013, hanno accresciuto la contagiosità nella coltura tissutale. Questa conclusione, però, non si è tradotta in una maggiore trasmissibilità negli studi di laboratorio sulle cavie. Alcuni esperti, inoltre, hanno affermato che le conseguenze della mutazione 614G potrebbero essere modeste, se paragonate ad altri fattori, quali le percentuali di distanziamento sociale.
In ogni caso, le nuove prove raccolte da gruppi di ricercatori nel Regno Unito e negli Stati Uniti, hanno fatto cambiare opinione a molti scienziati che in un primo momento erano scettici. Uno studio ha appurato che i focolai in alcune comunità nel Regno Unito sono cresciuti più rapidamente quando sono partiti dalla variante 614G rispetto a quelli partiti dal virus originario di Wuhan. Un altro studio ha constatato che le cavie da laboratorio si contagiavano più rapidamente tra di loro se esposte alla variante. Infine, da un terzo studio si è accertato che in vitro la variante contagiava il tessuto bronchiale e dell'apparato respiratorio umano in modo molto più efficace rispetto al virus originario.
Trevor Bedford, professore associato presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center e l'Università di Washington, ha detto che l'insieme delle scoperte di diverse linee di ricerca lo ha convinto una volta per tutte. "La mia convinzione nasce dal fatto che assisto ripetutamente alla stessa cosa" ha detto Bedford. "A questo punto, penso che sia tutto vero". Pur colpito dai risultati delle nuove ricerche, Bedford e altri studiosi hanno detto che non è ancora chiaro se all'origine della prevalenza globale della variante vi sia un vantaggio intrinseco.
Kristian Andersen, geneticista di Scripps Research a La Jolla, ha detto che la ricerca in effetti ha dimostrato che la variante è più aggressiva, ma crede che la differenza sia minima. Anche così, Andersen ha affermato che la maggiore aggressività della variante potrebbe contribuire a spiegare perché alcuni Paesi, che in un primo tempo erano riusciti a contenere il virus con successo, in un secondo momento siano diventati vulnerabili. Il virus può essere "più difficile da contenere rispetto alla prima ondata" ha detto. "Quello che è stato fatto in passato potrebbe non essere sufficiente a tenerlo sotto controllo adesso o in futuro" ha proseguito Andersen. "Non ci si deve aspettare che il nemico di due mesi fa sia necessariamente il nemico con il quale si sarà alle prese la prossima volta."
Nel mondo, la comparsa della variante 614G ha dato vita sia a un serio dibattito scientifico sia ad accuse rivolte in buona parte contro i politici. Le autorità di governo in Vietnam e in Tailandia, che erano riuscite a contenere bene la varietà ancestrale del virus, nonostante un afflusso di visitatori cinesi all'inizio dell'anno, hanno ipotizzato che i focolai scoppiati in seguito possano essere stati provocati in parte dal virus 614G.
Nel corso dell'anno la Tailandia è riuscita a mantenere entrambe le varianti del virus sotto controllo grazie a un rigido periodo di quarantena imposto a chiunque ritornasse nel Paese, al divieto assoluto agli stranieri di mettervi piede, all'uso delle mascherine e ad altri provvedimenti ancora: così dice Thira Woratanarat, professore associato alla facoltà di medicina della Chulalongkorn University di Bangkok. Eppure, le recrudescenze dell'epidemia nella regione sono preoccupanti. "Abbiamo visto parecchi Paesi – come Vietnam, Corea del Sud e Giappone – che sembravano aver tenuto sotto controllo la situazione e poi sono stati investiti da una seconda ondata" ha aggiunto Thira.
In Vietnam, spiega, la presenza del virus con la mutazione 614G è stata confermata per la prima volta nella città di Danand lungo la costa centrale dopo circa 100 giorni senza nessun caso ufficiale di contagio locale. Poi, i contagi sono ripresi e cresciuti rapidamente, investendo dieci città e province. A Singapore il virus mutato si è diffuso nei dormitori affollati dei lavoratori migranti. "Quando il virus mutato vive in grandi gruppi di persone, si replica più rapidamente e rende molto più difficile il compito di metterlo sotto controllo" ha detto ancora Thira.
Secondo altri ricercatori, invece, la recrudescenza del virus è imputabile in buona parte più alla mancanza di adeguate misure di contenimento che alla mutazione. "La ragione per cui continua a diffondersi, è che non vi sono misure di contrasto adeguate" dice Kari Stefansson, fondatore e direttore esecutivo di deCODE Genetics, una delle più importanti aziende di analisi del genoma con sede in Islanda. "Addossare ogni colpa al virus è un criterio scadente. Dovrebbero prendersela con qualcuno grande come loro, non con questo piccolo virus".
In uno dei nuovi studi, un team di ricercatori britannici ha potuto contare su un vantaggio che nessun altro gruppo di studiosi ha avuto: attingere al più grande database nazionale esistente di sequenze genomiche di coronavirus al mondo. Questi ricercatori hanno così raccolto nuove prove dalle quali emerge che, quanto meno nel Regno Unito, la variante ha preso il sopravvento perché in verità si replica più velocemente. "Se osserviamo i cluster, la variante G si replica molto più rapidamente" ha detto Erik M. Volz, un ricercatore del Medical Research Council Center for Global Infectious Disease Analysis presso l'Imperial College London e a capo dello studio.
I dati raccolti dal Covid-19 Genomics U.K. Consortium hanno permesso al team di osservare la crescita simultanea dei cluster infetti, come se assistessero a una corsa di cavalli. Affiancati, i cluster dei focolai 614 sarebbero cresciuti più rapidamente di quelli partiti dalla variante ancestrale? L'analisi ha permesso di appurare che la variante 614G ha vinto la corsa con ampio margine. La sua velocità di diffusione è ancora poco chiara, ma è plausibile che la variante 614 abbia un vantaggio che si aggira intorno al 20 per cento del suo tasso esponenziale di crescita. "Questo è proprio il tipo di analisi che andava fatto, e conferma che la variante G è molto più aggressiva" del virus ancestrale, ha detto una delle ricercatrici, Katharina V. Koelle, professoressa associata di biologia alla Emory University.
In una serie distinta di studi, un team guidato da Ralph Baric dell'University of North Carolina ha effettuato esperimenti con virus in vivo, mettendo a confronto la variante 614G con la versione ancestrale. In uno studio, i ricercatori hanno appurato che i virus 614G erano molto più aggressivi nei campioni umani di tessuto bronchiale e dell'apparato respiratorio, da dove il virus ha maggiori probabilità di essere trasmesso. Un altro studio, pubblicato su Science, ha riscontrato che la variante era più rapidamente trasmissibile nelle cavie da laboratorio quando gli animali contagiati si trovavano a poca distanza gli uni dagli altri. Gli scienziati considerano gli esperimenti sugli animali da laboratorio un passo indispensabile per capire se una mutazione che rende i virus più aggressivi in vitro fa altrettanto in una popolazione di esseri viventi.
Il team di Baric ha sistemato una cavia positiva in una gabbia collocata accanto a quella di una cavia non infetta. Le gabbie sono state tenute a parecchi centimetri di distanza, così che gli animali non potessero entrare in contatto diretto tra loro e un'eventuale trasmissione del virus potesse accadere soltanto per via aerea, con le goccioline o per scambio di particelle aeree. Ebbene, dopo due giorni, cinque delle otto cavie con la variante 614G avevano contagiato quelle non infette. Nessuna di quelle che aveva il virus ancestrale ha fatto altrettanto.
"Se prendiamo in considerazione questi dati, tutto ci porta a concludere che qualcosa aumenta l'aggressività e la trasmissibilità del virus" ha detto Baric. Il virus continuerà a mutare e, se alcuni suoi cambiamenti saranno soltanto semplici refusi, altre mutazioni potrebbero essere molto più significative, ha detto Engelthaler che ha aggiunto che "ci sarà la possibilità di ulteriori trasformazioni che cambieranno la natura della pandemia".
Già adesso, prosegue Engelthaler, si vedono forti segnali di alterazioni simili nei dati che egli ha raccolto e non ha ancora pubblicato e che si riferiscono alla diffusione di diverse varianti in Arizona. "Dobbiamo osservare che cosa ci sta dicendo il virus" ha concluso.
(Ha contribuito a questo articolo Muktita Suhartono)
© 2020, The New York Times
Traduzione di Anna BissantiOriginal Article
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