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Ecco come la grappa, Cenerentola degli alcolici, è diventata regina

Una medicina per i contadini del Nord. Questo era la grappa fino ai primi anni ’70, un prodotto di poco pregio, escluso dalle tavole gourmet. Ma grazie all’impegno di una famiglia di distillatori le cose iniziano a cambiare nel 1973 quando nasce la “Monovitigno”, la prima grappa ottenuta appunto da un unico vitigno, l’autoctono Picolit, secondo un metodo tradizionale, in distillazione discontinua.
Ed è una storia affascinante fatta di rispetto della tradizione, eppure di ricerca continua di innovazione, che porta attraverso i decenni a perfezionare sempre di più l’arte della distillazione fino a portare i Nonino al premio per di miglior Wine&Spirit del mondo nel gennaio scorso, incoronati ai Wine Star Awards di Wine Enthusiast a San Francisco.
Per la prima volta la medaglia d’oro viene assegnata per una grappa.
La Motivazione? “Per la visione di ridisegnare un distillato tradizionale per l'era moderna”. Perché sono stati i Nonino a dare il via al Rinascimento del distillato più antico d'Italia, che da Cenerentola degli alcolici ne diventa la regina, per usare la metafora della London School of Economics, dove l’azienda è stata studiata come case history.

Ma questo percorso ha radici ancora più lontane e risale a Orazio Nonino, che alla fine dell’800 andava di casa in casa per distillare i sottoprodotti della vinificazione (bucce, semi e raspi) fatta dai contadini. All’epoca questo porta a porta era piuttosto comune e infatti era dotato di un classico alambicco mobile. Alla fine, nel 1897, decise di rendere stanziale l’attività, fondando la prima distilleria in mattoni e malta del Friuli. Ma Orazio è stato certo l’unico a inseguire il cambiamento. Suo nipote Benito e la moglie Giannola, si adoperarono per una vera e propria rivoluzione del settore.

Per capirne la portata, basti considerare che la legge italiana consente la distillazione delle vinacce dall'inizio della vendemmia, in agosto, fino alla fine di giugno dell'anno successivo. Ovvio che se le vinacce vengono conservate a lungo cominciano a deteriorarsi, col risultato di trasmettere al distillato sapori sgradevoli.
Il mantra dei Nonino è invece il rispetto della materia, prima che richiede tempestività: “Le vinacce devono arrivare da meno di due ore di macchina dall’azienda”, spiega Francesca, nipote di Giannola, sesta generazione di distillatori e brand-ambassador.

E infatti per far fronte all’afflusso di vinaccia in periodo di vendemmia, in casa Nonino si lavora a ritmo serrato per non lasciare la materia base stoccata. Non a caso l’azienda è dotata di ben 66 alambicchi artigianali "discontinui a vapore in rame, il migliore conduttore", contro i 6-12 di distillerie di dimensioni analoghe.
Come spiega Antonella, cresciuta come le sorelle tra alambicchi e botti, "Ogni menbro della famiglia presiede a una delle cinque postazioni e fa i turni per coprire le 24 ore di lavoro durante la raccolra, di uve bianche prima e rosse dopo. Le vinacce devono essere trattate freschissime e per non perderne la freschezza abbiamo chiesto un permesso alla questura per far arrivare i camion anche nei week end".
Mantenere l'enfasi sulla qualità significa anche collaborare esclusivamente con produttori di vino di qualità, oltre ad approvvigionarsi dal vigneto di proprietà, anche perché si può esser certi che gli acini non siamo pressati troppo, così le bucce rimaste contengono più succo e conservano più sapore.

E poi l'innovazione più significativa, la decisione di concentrarsi sulle grappe monovitigno. Questo non era mai stato fatto prima su grande scala commerciale, in quanto i produttori tradizionalmente collezionavano tutte le vinacce di diverse cantine prima della distillazione. Per avere un impatto ancora maggiore, Benito e Giannola hanno scelto di iniziare con il Picolit, un’uva autoctona, chiedendo ai vignaioli fornitori di separarla dal resto delle uve. Dapprima si trovarono di fronte a una certa resistenza, poiché ciò richiedeva ulteriore lavoro e spazio. Ma Giannola – che non a caso Gianni Brera chiamava “nostra signora delle grappe” – si ostinò e si rivolse alle mogli dei vignaioli per chiedere sostegno, ottenendo una encomiabile collaborazione tra donne.

E tutto al femminile è oggi il volto dell’azienda: con Giannola lavorano le figlie Elisabetta, Antonella e Cristina e la nipote Francesca, inserite nella recente lista delle 100 top lady del vino da Capital.
Oggi, ogni bottiglia arriva anche con una carta d'identità che riporta l'annata, il numero della bottiglia e la data di imbottigliamento insieme alla firma di Giannola, nominata Cavaliere del Lavoro nel 1998.
Negli anni le innovazioni si sono susseguite: sia per quanto riguarda le pratiche per la tutela della tradizione e dell’ambiente, sia per la difesa dei valori della civiltà contadina, per i quali hanno creato nel ‘76 il premio Nonino.

Ed quasi è difficile contare la creazione di nuovi distillati e liquori: Gioiello, il “distillato della purezza”, l’acquavite ottenuta dalla distillazione del solo miele; Ùe, “la Riserva dei Cent’anni” che si affianca per qualità e piacere a grandi Cognac, Rum e Armagnac; il Nonino Ginger Spirit, distillato di puro zenzero italiano; il Nonino Botanical Drink, rielaborazione in chiave contemporanea dell’antica ricetta dell’Aperitivo Bianco della nonna/ bisnonna Silvia, solo per citarne alcuni, tutti rigorosamente in packaging di design, tutti valorizzati da rapporti di collaborazione con associazioni di barman in un’ottica di una mixology sempre più in linea con lo stile italiano.
"Abbiamo capito già da 15 anni – conferma Antonella – le potenzialità dell'uso della grappa nella miscelazione e con l’ultima campagna 'be brave mix grappa', abbiamo spiegato la differenza di un cocktail con una grappa d'eccellenza o una scadente". Per raccontarlo, ecco allora il successo lo scorso 24 novembre della prima Masterclass online gratuita a supporto della ristorazione italiana, con ristoratori, barman e chef da tutta Italia riuniti su zoom per conoscerne i segreti o i cocktail dedicati, come il nuovissimo Mandi Sour (a base di Monovitigno Chardonnay in barriques) creato dal presidente IBA Giorgio Fadda e condiviso sui social.

E a proposito di social, la condivisione è peraltro uno dei valori fondanti, per diffondere il legame con il territorio, distillato esso stesso negli alambicchi, perché, come diceva il nonno a Francesca, “devi essere in grado di mettere l'essenza e l'anima della vigna nel bicchiere o devi cambiare mestiere”.Original Article

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