Il bollettino di ieri ha registrato un tristissimo record per il nostro Paese: mai così tanti decessi dall'inizio dell'emergenza Coronavirus. A perdere la vita nelle ultime 24 ore sono state 993 persone, portando così il numero totale a superare quota 58mila. Cosa c'è dietro questi dati che collocano l'Italia tra i Paesi dove il Covid-19 è più letale? "Il motivo di tanti morti in Italia resta un mistero", è il parere dell'esperto Lorenzo Richiardi. Una teoria potrebbe essere ricercata nel fatto che abbiamo una popolazione anziana, ma non basta. Solamente il Regno Unito e la Spagna hanno perdite simili alle nostre, mentre negli Stati Uniti e in Germania i numeri sono più bassi: "La letalità del Covid non è drammatica rispetto ad altre malattie, ma se riferita agli anziani diventa devastante".
Il numero delle vittime è l'ultimo a scendere dopo i contagiati e i ricoverati. Affrontare ogni tipo di valutazione è davvero complicato, ma bisogna tener conto dell'esistenza di un ritardo tra il picco di incidenza dei casi rilevati e i deceduti: "Si può immaginare che ci sia una distanza di due o tre settimane, per cui i 993 di ieri si sarebbero ammalati a inizio novembre". A influire molto potrebbe essere non solo il ritardo nella trasmissione dei dati, ma anche la tempestività della diagnosi: mentre nella prima fase i positivi arrivavano in ospedale in condizioni già gravi e perdevano la vita dopo pochi giorni, "ora i contagiati vengono presi in carico prima e hanno un decorso più lungo".
"Siamo oltre il plateau"
In questo momento il professore ordinario di epidemiologia e statistica medica all'Università di Torino sta seguendo un gruppo di bambini dalla nascita ai 15 anni per rilevare la frequenza del Coronavirus o di altri problemi indotti e, con il supporto di alcuni colleghi informatici, si stanno provando dei modelli sulla diffusione del virus in Piemonte: "Se per esempio aumentasse la capacità di individuare i casi cosa succederebbe? Oppure quali chiusure risultano più influenti?". Richiardi, nell'intervista rilasciata a La Stampa, ha fatto sapere che per quanto riguarda i nuovi casi "siamo anche oltre il plateau", mentre per le terapie intensive "siamo ancora sul plateau".
La velocità è più rapida della prima fase: adesso occorre completare la discesa, cercando di evitare la terza ondata che potrebbe presentarsi nel mese di gennaio o febbraio. Alla discesa hanno contribuito sicuramente le rigide limitazioni imposte dal governo, riducendo i contatti sociali e personali: "Impedire le riunioni sembra aver avuto un ruolo importante, ma è l' insieme delle misure che fa effetto". Il Natale potrebbe essere il detonatore della terza ondata, ma va precisato che attualmente non siamo a zero casi come questa estate: "Più che la creazione di una terza ondata, c'è da temere la ripresa della seconda". Per ora la terza ondata è solo una preoccupazione. Tuttavia dopo si dovrebbe ragionare su una ondata alla volta, "anche se l'andamento della pandemia è su e giù, come uno yo-yo". "Il motivo per cui si calma sono le misure di contrasto, in attesa del vaccino", ha concluso l'epidemiologo.
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