Clamorosa decisione della Corte di Cassazione, che chiede un ricalcolo al ribasso della pena definitiva comminata ad Adam Kabobo, 38enne ghanese che l'11 maggio del 2013 uccise tre passanti a colpi di piccone in zona Niguarda a Milano (vale a dire Alessandro Carolè, Ermanno Masini e Daniele Carella), arrivando a ferirne altri due (Andrea Canfora e Francesco Niro).
La Cassazione ha deciso quindi di annullare con rinvio l'ordinanza con cui il gip di Milano (27/11/2019) aveva riconosciuto la continuazione tra i reati considerati nelle due sentenze di condanna: 42 anni di reclusione, successivamente ridotti a 28 per la scelta del rito abbreviato da parte dei legali dell'africano, che prevede la riduzione di un terzo della pena.
Il processo per gli omicidi e le rapine a mano armata si era concluso con una condanna a 20 anni, già ridotta per il rito abbreviato e per il riconoscimento del vizio parziale di mente. Per quanto riguarda i due tentati omicidi, invece, il ghanese fu condannato alla pena di 8 anni di reclusione. Il giudice aveva inoltre stabilito la continuazione tra i due reati ascritti al responsabile, effettuando il calcolo complessivo della condanna, che ora viene contestato. Individuando come più grave uno dei tre omicidi, era stata determinata una pena minima di 24 anni, ridotti successivamente a 16 per il riconoscimento della seminfermità mentale. Come ricostruito dalla Corte di Cassazione, e riportato da "Il Giorno", "gli aumenti di pena sono stati determinati in 8 anni di reclusione per ciascuno dei due residui omicidi volontari, in 1 anno di reclusione per ciascuno dei tre delitti di rapina aggravata, in 6 anni di reclusione per il delitto di tentato omicidio e in 1 anno di reclusione per l'ulteriore delitto di tentato omicidio". Complessivamente, quindi, risultavano 42 anni di reclusione, divenuti 28 dopo la scelta di accedere al rito abbreviato. Il computo, tuttavia, era stato aspramente criticato dagli avvocati di Kabobo, pronti per l'appunto a presentare ricorso direttamente in Cassazione.
I legali contestano in primis la pena base (24 anni ridotti poi a 16) e gli aumenti di pena calcolati nel primo processo, "determinati in misura superiore a quanto operato nel giudizio di cognizione". La pena base determinata dopo la sentenza di primo grado era stata ridotta in Appello da 16 anni a 15 anni e 4 mesi. Anche gli aumenti di pena erano stati ridimensionati: 7 anni per ciascuno degli altri due omicidi, 10 mesi e 20 giorni per ciascuna delle rapine a mano armata, pene già comprensive della riduzione connessa alla scelta del rito abbreviato. Per questo motivo, la Cassazione ha contestato l'ordinanza del gip: "Ha violato la disposizione che vincola il giudice dell'esecuzione nella determinazione della pena base e degli aumenti di pena per i reati cosiddetti satellite, avendoli commisurati in misura superiore a quella applicata nel giudizio di cognizione".
La seconda contestazione dei legali di Kabobo riguarda il "difetto di motivazione in relazione alla quantificazione degli aumenti di pena per i due delitti di tentato omicidio". La contestazione, pertanto, è relativa ai 6 anni calcolati per il primo dei due episodi ed all'anno aggiuntivo computato per il secondo. Anche questo ricorso è stato accolto dalla Cassazione, per la quale non sussistono motivazioni adeguate a spiegare il diverso "trattamento sanzionatorio". "L'ordinanza impugnata", spiegano gli Ermellini come riportato ancora da "Il Giorno", "si è limitata a indicare gli aumenti di pena, rilevando la conformità della scelta compiuta rispetto al parere del pubblico ministero, annotazione che, senza alcuna indicazione delle argomentazioni condivise, non rende ragione della decisione assunta".
In parole povere, quindi, per Kabobo, ancora rinchiuso dietro le sbarre della casa circondariale di Opera con l'applicazione del regime previsto dal 41-bis, è pronto un ricalcolo al ribasso della pena.
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